
The Americans: Recensione dell’episodio 2.06 – Behind the Red Door
Secondo la tradizione cinese, il rosso simboleggia felicità, fortuna e ricchezza. Dipingere di colore rosso la porta di casa è, quindi, un invitare la felicità ad albergare dietro la porta rossa. Ma può mai esistere la felicità in The Americans ?
Sembra di no per Philip ed Elizabeth. L’omicidio di Emmett e Leanne sta diventando sempre più il filo conduttore di questa stagione. Non solo perché i due agenti, in una inusuale alleanza con la tanto disprezzata Claudia, continuano nella loro missione personale di vendicare gli amici assassinati. Ma, soprattutto, perché la loro morte ha incrinato il vetro opaco dietro cui erano riusciti finora a nascondere le proprie paure. Di episodio in episodio, vediamo quella sottile spaccatura allargarsi sempre più e i sinistri scricchioli che precedono un fatale crollo iniziano a non essere più solo fastidiosi rumori, ma pericolosi avvisi di una fine inevitabile. Ogni piccolo evento apparentemente insignificante inizia ad avere conseguenze devastanti. Così una innocente chiacchierata con Martha rivela ad Elizabeth un lato del carattere di Philip che non conosceva. La curiosità di aver scoperto qualcosa di inatteso dopo anni di convivenza spinge Elizabeth verso quello che vorrebbe essere solo un eccitante gioco, ma che si trasforma presto in una brutale delusione. Elizabeth prima ammiccante ed infine in preda a lacrime convulse sul letto sono scene che colpiscono non solo per quanto sono insolite, ma perché dipingono una Elizabeth che rinnega il personaggio che è sempre stata. Il dialogo con la passionaria Lucia, ma ancora di più l’espressione del volto mentre ascolta i gemiti dalla stanza affianco, è altrettanto rivelatore. Mentre Lucia mostra una sicurezza sfrontata dettata da una fede assoluta nella causa sandinista (ma anche lei dovrà fare i conti con le conseguenze di una tanto totale adesione), Elizabeth è disincantata, pragmatica, quasi nostalgica. Lucia è quello che era lei anni fa, ma quegli anni sembrano ormai tanto remoti da essere quasi leggenda (e non è un caso che proprio leggendari vengano definiti i nostri due agenti da Kate).
Se il personaggio di Elizabeth si evolve esaltando il proprio aspetto materno (i continui intermezzi con Paige) e non avendo più paura di esibire la propria tenerezza (come nell’addio al marinaio ingannato quasi controvoglia), quello di Philip ha un percorso più coerente con il carattere che la prima stagione aveva delineato. Continua a svolgere con dedizione i compiti che gli vengono assegnati, ma è evidente come lo faccia ormai solo per avere una moneta da spendere presso i suoi superiori in cambio di protezione per i suoi cari. È per questo che le bugie di una Paige in piena crisi adolescenziale (ed è ironico che questa crisi si manifesti in un avvicinarsi alla fede quando normalmente a quell’età accadrebbe il contrario, ma non per una ragazzina alla quale probabilmente non è mai stato detto nulla sulla religione) lo fanno tanto adirare. Quasi che fossero segni di ingratitudine nonostante l’impegno che mette in quello che ormai per lui è solo un lavoro utile, ma non una missione in cui credere. Questo diverso atteggiamento ha inevitabilmente conseguenze sulla sua efficienza con errori che diventano sempre più frequenti come il farsi subito scoprire da Larrick. Probabile che ne risentirà anche il rapporto con Martha perché Philip ormai sente il peso dell’essere anche Clarke e la sua riluttanza ad accettare di impersonarlo per gioco con Elizabeth è un voler rimarcare quanto l’altro sia una finzione sopportata per necessità e con fastidio.
2.06 - Behind the Red Door
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