
The Americans: Recensione dell’episodio 2.05 – The Deal
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Si, lo so, sto scomodando Primo Levi, per una serie tv e per una faccenda che lo riguarda minimamente, o riguarda minimamente l’orrore che descrive, ma mi è venuto in mente, perché sostanzialmente mi pongo la domanda: cosa definisce un uomo?
E non sto parlando del prigioniero, del vessato, sto parlando del carceriere, di colui che esegue gli ordini. Perché si, in un passaggio fondamentale di questo episodio, mentre Phillip accompagna lo scienziato ebreo/sovietico verso il cargo che lo riporterà in Russia, quest’ultimo lo apostrofa dicendogli che lui non è un uomo, è un mostro, come gli odiati nazisti.
Tutto ruota attorno a persone che si sono allontanate dal loro Paese
Chi in una missione segreta e non sa se vi potrà mai fare ritorno, chi sempre per spionaggio ma il suo Mediterraneo lo vede ancora, chi invece è scappato sognando un futuro migliore e il ritorno lo vive, giustamente, come un incubo.
E in tutto questo si inserisce come una sovrastruttura il legame che ogni uomo ha con gli affetti più cari, i figli e la famiglia, che siano figli di un’isola d’occidente in mezzo al mare arabo, ma che vivono in un kibbutz, che siano figli di spie comuniste, ma realmente occidentali fino al midollo o che siano figli sul punto di diventare uomini agli occhi del Dio dei loro padri, attraverso il bar mitzvah. A chi va la ceca fedeltà? Alla famiglia? Ai Figli? Alla Patria? Come possono coesistere tante cose in un uomo solo e cosa un uomo può spingersi a fare per quello in cui crede?
Phillip in questo episodio, per la sua Patria e per la sua Famiglia, toglie ad un altro uomo tutto ciò lo definisce tale, gli toglie la speranza, gli toglie il futuro e peggio di tutto, gli toglie la possibilità di vedere ancora la sua famiglia, facendo vivere quest’ultima nella tragedia di non sapere più nulla di un marito e di un padre.
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Cosa definisce un uomo?
Lo sa anche Phillip, perché nelle sue capacità c’è quella di immedesimazione nell’altro da se, come vediamo mentre è il carceriere della spia del Mossad e lo vediamo anche nel viaggio in macchina nel quale esegue gli ordini, ma non parla, anche se i suoi occhi dicono tutto.
Cosa definisce un uomo? Phillip non lo sa più, perché alla fine della lunga giornata non può che sdraiarsi abbracciato a sua moglie, parlando di ghiaccioli, perché non può parlare di altro, non per segretezza, ma perché non è più un uomo quello che è dentro di lui.
La moglie, i ricordi, la voce della figlia, sono tutte ancore a cui aggrapparsi nella speranza di trovare uno scopo più grande, ma l’uomo che era è rotto, come rotta è anche Elizabeth e non perché senta Martha raccontare di come sia il suo uomo a letto (scena per altro molto spassosa) ma perché anche lei si trova sul bordo di mondi diversi, dal rapporto con la figlia, ai suoi doveri come “soldato” e, come sottolineato nella recensione fatta da Lalla la scorsa settimana, è nei momenti con il giovane marinaio che sta usando che s’intravede la rottura, si scorge una sovrapposizione tra maschera e interprete.


Siamo quindi vicini a molti punti di rottura
Come ci si avvicina anche Stan, con le minacce fatte alla sicurezza di Nina, da un Oleg Burov sempre più centrale nelle vicende di questa stagione. Come reagirà Stan, subodorerà il doppio inganno o verrà ancora più manovrato? E in lui come si controbilanceranno i doveri verso la sua amante e verso la sua Patria?
Un episodio straziante per le implicazioni sulla psicologia dei personaggi e per lo stesso spettatore che vive con ansia una situazione che non ha nulla di imprevedibile (che il pedinamento di Oleg andasse a pessimo fine era abbastanza evidente) ma proprio per questo risulta placidamente drammatica e dirompente.
2.05 - The Deal
straziante
Valutazione globale