
The Americans: Recensione dell’episodio 1.01 – Pilot
Le ambientazioni che aprono questo interessante pilot sono subito torbide e cupe e ci introducono immediatamente in un ambiente dove si vive sul filo del rasoio. Siamo tornati alla spy story, a quella classica e quando ci immergiamo in questo incipit di narrazione ci sentiamo circondati dalle pagine di Le Carré, Forshyt e Ludlum. Il bar fumoso, la bella spia che adesca lo sprovveduto agente e subito ci catapultiamo nell’agguato notturno, nei momenti di tensione e siamo sbattuti frastornati da questo ritmo incalzante e compatto.
Empatizziamo immediatamente con i nostri protagonisti, un convincente Matthew Rhys, che sveste i panni del fratello televisivo per eccellenza, e una molto intensa Keri Russell; nel concitato inizio riescono nell’impresa di catturare chi stavano aspettando, anche se chi li aiuta rimane gravemente ferito, ma tutto è bene ciò che finisce bene e siamo tutti sollevati, a parte scoprire poco dopo che abbiamo appena fatto il tifo per delle spie russe.
Sta proprio qui la parte fortemente innovativa, a mio giudizio, della serie: il ribaltamento dal canone standard, lo spostare il punto narrativo e quindi farci subito pendere dal lato della bilancia di quelli che, nella nostra tradizione narrativa, sono chiaramente i cattivi. La famiglia Jennings, padre, madre e due figli che sono il prototipo assoluto dei due figli americani della famiglia tipica americana, tanto che non vedere la bandiera fuori di casa loro un po’ m’ha stranito, sono un perfetto prototipo di simulazione. Sono nascosti in piena vista e sembrano, da brave spie, tutto ciò che non sono. Devo sottolineare che i due protagonisti sono decisamente la marcia in più in questa situazione, perché riescono a rendere in modo approfondito e capace sia le situazioni simpatiche che quelle tese e si avverte una vera naturalezza in ogni loro scena. Il loro passato ci viene centellinato con gli ormai “prezzemolini” flashback (c’è qualche serie in giro che non ne ha?) che, sparsi per la puntata danno un po’ di background sulla loro formazione. Se devo rilevare un difetto evidente su questa parte è che la resa dei due attori vent’anni più giovani lascia un po’ a desiderare come credibilità.
Nell’episodio, viene anche introdotto il “villain”, che in questo caso poi sarebbe la spia “buona”, ossia l’agente americano, interpretato, anche in questa situazione ottimamente, da un Noah Emmerich che costruisce un personaggio apparentemente pacato ma dotato di ottimo fiuto e molto interessante da scoprire, con diverse sfaccettature. Le spie in questo episodio pilota si sono “annusate” tra di loro, si sono riconosciute a pelle e s’è già quasi sfiorato il momento di tensione a fine puntata, ma, chiaramente, la situazione rimane congelata.
Gli sceneggiatori hanno voluto introdurre già da subito anche un elemento più psicologico e introspettivo nei nostri protagonisti: Rhys inizia a interrogarsi se sia davvero giusto continuare a fare quello che fa e inizia ad anteporre la famiglia alla Madre Patria e s’è talmente calato nel personaggio americano che fatica a distaccarsene e a non apprezzare veramente la vita che fa, mentre la “moglie” sembra molto più fedele alla causa, anche se va, almeno qui, a sovrapporsi alla personale vendetta.
Tirando le somme, questo pilota è un episodio piacevole e scorrevole, la narrazione è fluida e gli interpreti sono capaci. La storia segue a volte dei canoni classici, ma ha voglia di essere originale e quindi il prodotto in sé mi sembra veramente apprezzabile. Nella speranza che mantenga gli standard, per ora promuovo decisamente questo inizio di stagione.