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The Alienist: le aspettative erano troppo alte? – Recensione episodio 1.01

The Alienist era sicuramente una delle serie più attese del 2018. Sia per il cast interessante, che per la ricchezza della produzione che i molti trailer avevano subito messo in luce e ora che primo episodio è arrivato anche su Netflix è giunto il momento di tirare le somme e di valutare se è davvero valsa l’attesa.

Tornando invece un attimo indietro al 2017, vorrei riportare alla vostra attenzione la serie Mindhunter, un piccolo raffinato capolavoro che per alcuni punti di vista può essere paragonato a The Alienist per via dei temi trattati. Entrambe le serie hanno al loro centro dei serial killer ed entrambe mettono in campo due squadre di outsiders che si affacciano con curiosità e passione alla scienza del profiling. Dovendo però affrontare, a causa dell’epoca in cui vivono, dei modi di pensare retrogradi e una polizia scettica o peggio ancora ottusa. Ma se Mindhunter si proponeva di raccontare con realismo la nascita del profiling con modi e tempi decisamente originali, The Alienist (che comunque resta un’opera di finzione) decide di approcciarsi al tema seguendo schemi narrativi ben conosciuti e di appoggiarsi completamente alla classica narrazione del giallo vittoriano dai toni grotteschi.

The Alienist
Luke Evans e Daniel Bruhl in una scena di The Alienist

Infatti The Alienist sa un po’ di già visto

In passato abbiamo avuto parecchi assaggi  di questo genere, grazie a serie come Penny Dreadful, all’inglese White Chappel o al cupo poliziesco Ripper Street, dove crimini efferati destavano immenso scalpore e reazioni irrazionali in una società, e un periodo storico (quello vittoriano), che si scandalizzava facilmente e dove anche le gambe di un tavolo scoperte potevano urtare i pudori più sensibili. Questo periodo storico è terreno fertile per ambientare crimini grotteschi, ricco com’era di luci ed ombre, di slanci di modernismo opposti a ignoranza, povertà e degrado. E infatti questo The Alienist presenta bene tutto il repertorio: vicoli bui, umanità degradate, polizia corrotta, totale sottomissione della donna all’uomo e poi bordelli, manicomi terribili, cadaveri mutilati, generale depravazione.

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A New York qualcuno ha ucciso un ragazzino che si travestiva da donna per lavorare in un bordello e lo ha fatto in modo efferato e teatrale. Un crimine difficile da gestire per una polizia pomposa e bigotta che ha però un nuovo capo, quel Roosevelt che diventerà poi presidente, ma che per ora vuole semplicemente impegnarsi a cambiare le cose. Ma la polizia non è la sola ad essere interessata al caso. C’è anche Lazlo Kreizler, un alienista (psicologo dell’epoca) che si muove ai margini della società, un po’ ammirato e un po’ temuto e che porta con sè lui il suo amico John Moore, illustratore di giornali, e membro della bella società. Li aiuterà anche Sara Sara Howard, la prima donna ad essere stata assunta come segretaria nel distretto di polizia.

Personaggi che non brillano per originalità

Lazlo è chiuso, burbero e tormentato, ma molto brillante, Moore è un giovane damerino entusiasta, ma con un passato tormentato (la fidanzata gli ha fatto le corna?) e Sara è determinata e coraggiosa nel voler non essere da meno degli uomini, ma questo la porta ad essere anche tremendamente sola. Per ora il più affascinante dei tre è sicuramente Lazlo, grazie soprattutto alla misurata interpretazione del tedesco Daniel Bruhl, Moore risulta un po’ stereotipato, così come la giovane Sara che per ora è solo tutta grandi proclami e caparbietà. La serie potrebbe farsi molto interessante se questi tre personaggi riuscissero a rompere i loro gusci non originalissimi e a stabilire dei veri rapporti complessi e interessanti tra loro, ma per ora nel primo episodio non c’è stato abbastanza spazio per farlo.

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La parte migliore

Impressionante, come avevamo intuito già dai trailer, è la ricchezza della produzione dietro a questa serie. L’attenzione all’ambientazione storica, alle atmosfere, ai costumi e anche ai più piccoli dettagli delle scenografie è notevole. The Alienist è stato girato a Budabest dove sono state ricostruite intere strade che rendessero credibile la New Yor di fine ‘800 e fin dai primi minuti è chiaro che non si è badato a spese. Da questo punto di vista la serie è sontuosa ed impressionante e la scelta di usare una luce fredda ma naturale contrastata da quella più calda di camini e candele funziona benissimo.

Ma purtroppo lo stile e la ricercatezza non possono tenere in piedi da soli una serie che per ora ha mancato di far scattare una vera scintilla. C’è del potenziale, soprattutto se si guarda al trio di protagonisti, ma per quanto riguarda l’indagine in sè, e come per ora è stata affrontata, non c’è da strapparsi i capelli. Emblematico il finale in cui Lazlo dichiara drammaticamente di dover diventare come l’assassino per poterlo comprendere completamente: un discorso che ci è capitato di sentire ormai decine di volte in altre occasioni e che difficilmente riesce ad impressionarci.

Lalla32

Il punto d'inizio è stato X-Files. Poi saltando di telefilm in telefilm ho affinato una passione per quelle storie che hanno in sé una punta di stranezza e di fantastico. Recensisco e curo news di serie sci-fi, ma un'altra mia passione sono i period drama, visto che sono un'avida lettrice di classici. Ultimamente mi sono avvicinata ai drama coreani e me ne sono innamorata e qui su Telefilm Central curo la rubrica Daebak, piena di consigli, spunti e amore per questo mondo.

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