
The Aeronauts: la favola del volare più in alto che mai – la recensione del film con Eddie Redmayne e Felicity Jones in anteprima alla Festa del Cinema di Roma
Titolo: The Aeronauts
Genere: avventura
Anno: 2019
Durata: 1h 41m
Regia: Tom Harper
Sceneggiatura: Tom Harper, Jack Thorne
Cast principale: Eddie Redmayne, Felicity Jones, Himesh Patel, Phoebe Fox
Sarà perché fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza. O perché l’hic sunt leones è un monito che presto diventa il più forte degli stimoli a scoprire chi e cosa sono questi leones. Ma l’uomo non si è mai fermato di fronte alla possibilità di esplorare. La terra. Le profondità dei mari. E il cielo. Quello solcato da sempre dagli uccelli ed oggi anche da quelle meraviglie alate che sono gli aerei di linea. E che nel 1862 erano le mongolfiere. Come in The Aeronauts.

Dalla Londra vittoriana all’alto dei cieli
Prodotto da Amazon Studios che intende farne il prossimo successo del suo botteghino virtuale, The Aeronauts racconta la storia del record di volo con un pallone aerostatico realizzato nel 1862 dallo scienziato James Glaisher e dal pilota della sua mongolfiera. Che, a dispetto dell’invitante claim ispirato ad una storia vera che apre il film, non era l’esuberante Amelia Wren, ma il meno cinematografico Henry Tracey Coxwell che viene, invece, completamente rimosso dal film di Tom Harper. Una assenza criticata dagli storici desiderosi del giusto riconoscimento al coraggioso pioniere, ma che è dopotutto pienamente giustificabile nell’ottica di un film come The Aeronauts.
Che non vuole essere un documentario scrupoloso o la narrazione fedele di una coraggiosa impresa di successo. Il film può, quindi, anche prendersi questa libertà altrimenti eccessiva. Come anche immaginare che un immigrato indiano possa avere un posto nell’accademia in quel periodo. Licenze cinematografiche permesse a The Aeronauts per ciò che vuole essere. Principalmente una fiaba colorata e affascinante che catturi lo spettatore trascinandolo in una avventura sospesa tra sogno e realtà. Non è casuale la scelta della Londra vittoriana come fondale da cui parte e a cui ritorna la storia di James (Eddie Redmayne) e Amelia (Felicity Jones) invece della molto meno famosa Wolverhampton. La brulicante capitale inglese con le sue vie affollate di uomini e donne in abiti variopinti ha sempre avuto un fascino unico a cui volentieri cinema e serie tv sono tornati spesso. Ed è sempre stata l’humus fertile in cui sono germogliati i semi di avventure che sembravano fatte apposta per essere raccontate sul grande schermo.
Che si trattasse di un viaggio intorno al mondo o di un volo verso il più alto dei cieli. In cerca di un record e di una scienza nuova (che oggi chiamiamo meteorologia). Ma soprattutto di un sogno.


Una fiaba classica per un sogno diverso
Come in ogni fiaba che si rispetti è il coronamento di un sogno il motore e la meta a cui tende The Aeronauts. Arrivare lì dove nessuno è stato mai, volando oltre ogni record precedente e raggiungendo, infine, una quota che rivelare sarebbe fare uno spoiler. La natura favolistica del racconto porta ad una scrittura quasi automatica che segue uno schema piuttosto classico e prevedibile. Momenti di sincero stupore riempiono lo schermo con scene luminose che sono uno spettacolo visivo entusiasmante reso vivido da una fotografia pastello. Attimi di tensione fanno restare in trepida attesa dell’inevitabile scioglimento. Una regia lineare da un buon artigiano che non cerca il virtuosismo inutile preferendo piuttosto andare sul sicuro. Complice anche una recitazione efficace che evita di scivolare in toni troppo melodrammatici anche nei flashback più cupi.
A rendere differente questa favola classica è appunto il traguardo a cui i due eroi tendono. Non un premio concreto e nemmeno una conquista sentimentale. Piuttosto un ritornare a sognare. Amelia ha amato volare fino a che un tragico incidente ha mandato in pezzi la sua storia d’amore con l’aria rarefatta al di sopra delle nuvole. James ha visto con gli occhi della ragione un futuro dove i capricci del sole e della pioggia possano essere previsti dalla scienza dell’uomo. Pur partendo da lidi diversi, i loro vascelli sono destinati ad incontrarsi perché la rotta che devono seguire è la stessa. Arrivare lì dove nessuno è stato mai per dimostrare che i loro sogni possono essere realtà dell’oggi e non utopie del mai.
The Aeronauts è, quindi, la storia della fantasia al potere. Perché, quando altri hanno piantato colonne d’Ercole ai viaggi dell’uomo, solo il coraggio di credere alla fantasia può permetterti di superarle e spostarle più in là.


Cinema per intrattenere
The Aeronauts è uno di quei film davanti ai quali un recensore coscienzioso non sa esattamente come porsi. Perché a livello di contenuti originali aggiunge davvero poco ad un genere di avventura facile e scontato. Se si eccettua, infatti, lo spostamento dell’azione dal classico binomio terra – mare in favore della meno comune ambientazione nei cieli, la sceneggiatura di Harper e Thorne non ha guizzi particolari proponendo scene il cui finale è sempre già scritto. Né la caratterizzazione dei personaggi si sforza di andare oltre il classico gioco degli opposti che si completano e sostengono a vicenda.
Un film che è, quindi, poco più di un giocattolo ad alto costo. Eppure, sbaglierebbe chi spocchiosamente desse un giudizio pienamente negativo di The Aeronauts. Perché dimenticherebbe che il cinema deve essere anche intrattenimento. E meraviglia. I primissimi spettatori che assistevano entusiasti ad un banale arrivo del treno nelle pionieristiche proiezioni dei fratelli Lumiere erano animati dopotutto dallo stesso desiderio di quelli che oggi siedono in cinema multisala con schermi HD. Lasciarsi abbagliare dallo spettacolo dell’inusuale. Dalla capacità che ha il cinema di regalare visioni. Che siano farfalle che battono le ali nell’aria rarefatta o un pallone che assomiglia ad un tendone da circo volante. O due figure distanti che sono solo puntini appena visibili nel cielo sconfinato, ma brillanti come stelle felici.
The Aeronauts non è il cinema che fa pensare, ma quello che sa intrattenere. E serve anche quello per insegnare che il cielo è aperto per chi sa sognare.