
The 100: Recensione dell’episodio 3.14 – Red Sky at Morning
Una buona serie tv deve essere in grado di reggere bene a qualsiasi punto della sua narrazione. Che sia all’inizio, a metà o alla fine, il livello di tensione e coinvolgimento non deve venire meno ma nemmeno strafare: bisogna trovare il giusto equilibrio, e di certo non è facile. The 100 ci ha abituato ad un certo livello, sia dal punto di vista narrativo che di coinvolgimento emotivo quindi, inevitabilmente, non è facile scontrarsi con un ‘calo’ di questo standard, cosa che – almeno in parte – accade a questo episodio. Il dramma è ancora tutto lì, la tensione continua la sua ascesa, eppure solo una parte della puntata riesce a pieno, mentre l’altra sembra fermarsi bruscamente nel momento opportuno, dopo una serie di giri di parole (e di azioni) che potevano essere tranquillamente ridotte e minimizzate.
Mi riferisco, naturalmente, all’azione sulla piattaforma. Dopo aver fatto il giro del mondo in 80 ore, Clarke e i suoi (non più tanto) fedeli amici giungono finalmente al nascondiglio di Luna, che si rifiuta di farsi impiantare il chip con la coscienza dei precedenti Commander e insiste nel voler continuare a vivere in pace. Vogliamo biasimarla? La ragazza è scappata al suo destino non perché non fosse in grado di combattere, e Clarke che finisce a gambe all’aria ne è una prova concreta, ma perché era stanca della violenza e della morte che la circondavano. Quello che la Wanheda le sta offrendo è un salto nel passato, letteralmente, incluso tutto il sangue e la violenza che potrebbero derivarne. Per quanto la linea pacifista di Lexa stessa stia iniziando a far presa, resta irrisolta la questione ALIE e nessuno è tanto ingenuo da sperare che eliminarla sia una passeggiata. Se quindi da un lato è comprensibile il desiderio di Clarke di riavere accanto una parvenza di Lexa, unica speranza per la sconfitta di una A.I. imbizzarrita, dall’altro è anche comprensibile il desiderio di Luna di restarne fuori. Un desiderio che non va poi molto lontano, questo è vero, dato che la presa di Alie ben presto supera anche la barriera dell’acqua.
Un’Alie che continua ad apparire indistruttibile, benchè un passo verso la sua distruzione sia fatto in contemporanea su due fronti distinti. Da una parte Murphy e Pike, da bravi fuggiaschi, invece di scappare, una volta evasi di prigione, pensano bene di inseguire un piano suicida e tentare di distruggere il nucleo del potere di Alie. Se in parte ammiro lo sforzo, dall’altro penso che sarebbe stato più efficace un’impresa alla ‘pochi ma buoni’ piuttosto che una spedizione dei mille nel bel mezzo della città nemica. Non sarò una stratega militare ma, dopo un po’ di stagioni di questa serie, qualche cosa la so anche io – e mi aspetto che la sappia se non Murphy almeno Pike. Il piano non va come previsto (sorpresa!) ed il primo tentativo di eliminare Alie una volta per tutte fallisce, anche se per fortuna Murphy riesce a filarsela. Quel ragazzo ha nove vite, come i gatti.
Anche peggio finisce il tentativo di Raven di arrivare al nucleo del potere della famosa A.I., la cosiddetta ‘Cittadella’ in cui Raven sospetta si nasconda qualcosa inerente alla sua distruzione. Raven, da brillante genio informatico quale è, non sbaglia ma neppure riesce ad arrivare fino in fondo con il suo piano. Mentre Monty
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