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Il talento del calabrone: almeno ci hanno provato – Recensione del thriller italiano con Sergio Castellitto e Lorenzo Richelmy

Titolo: Il talento del calabrone
Genere: thriller
Anno: 2020
Durata: 1h 24m
Regia: Giacomo Cimini
Sceneggiatura: Giacomo Cimini, Lorenzo Collalti
Cast principale: Sergio Castellitto, Lorenzo Richelmy, Anna Foglietta, Cristina Marino

Il cinema italiano spazia da sempre su vari generi. È ovviamente fisiologico che non si possa eccellere in tutti i campi, ma è altrettanto vero che, se si va a guardare alla produzione recente, di thriller rimarchevoli se ne trovano pochi se non nessuno. Commedie più o meno demenziali quante se ne vuole. Drammoni familiari a piacere. Storie criminali dalla parte di detective con le proprie peculiarità o di criminali rivestiti dell’aureo fascino del male pure. E immancabili film per adolescenti con romanticismo da Baci Perugina e lucchetti a Ponte Milvio. Ben venga, quindi, un film come Il talento del calabrone. Anche se…

Il talento del calabrone: la recensione
Il talento del calabrone: la recensione – Credits: Amazon Prime Video

Un thriller italiano ma non troppo

I tempi soni quelli che sono e quindi il film diretto da Giacomo Cimini, che firma anche la sceneggiatura con Lorenzo Collalti, arriva direttamente nella sala virtuale di Amazon Prime Video. Un punto a favore per Il talento del calabrone perché poche sono le pellicole italiane recenti su cui il gigante dello streaming ha puntato anche in questo periodo di cinema chiusi. Interessante anche l’incipit che ricorda la trama di Io uccido di Giorgio Faletti.

Un famoso dj radiofonico sta maramaldeggiando come un perfetto anfitrione nel suo show serale. Cerca di regalare ai suoi fedeli ascoltatori i biglietti di un concerto a cui parteciperà con un proprio dj set. Inattesa arriva la telefonata di un misterioso uomo che minaccia di suicidarsi. Ma anche di più perché promette di compiere il suo gesto facendo esplodere una bomba all’ozono capace di fare una strage. Inevitabile che la programmazione della radio venga stravolta per tenere in linea l’attentatore. Sarà compito del dj intrattenerlo, mentre i carabinieri provano a trovarlo e fermarlo in tempo.

Spiegare il chi, il come e il perché del personaggio di Sergio Castellitto significherebbe svelare i segreti di una trama che vive proprio della caccia a Carlo e dei motivi che lo portano a confrontarsi con il dj Steph (interpretato da Lorenzo Richelmy). Crimine imperdonabile anche per il più scadente dei recensori. In verità, tuttavia, di questo peccato si macchia in prima persona il film stesso. Lo svolgimento eccessivamente lineare di Il talento del calabrone rende, infatti, non arduo anticipare alcuni snodi della vicenda. Una debolezza che fortunatamente non si riflette sul colpo di scena finale. Sorprendente quel tanto che basta a costringere lo spettatore a riconsiderare quello che ha visto comprendendo a posteriori il filo logico dell’intera storia.

Dove Il talento del calabrone è deficitario non è nella trama in quanto tale, ma nel suo essere troppo spesso un derivato di modi e temi che, per quanto poco sfruttati dal cinema italiano, sono nondimeno abusati nel genere thriller. Il protagonista bello e famoso apparentemente vacuo, ma con un passato importante. Il cattivo dai modi compassati e dai gusti raffinati con alle spalle un segreto che spiega e in parte assolve il suo operato. La poliziotta inflessibile che coniuga con naturalezza fascino e durezza. La persona vicina all’eroe pronta a rivelarsi l’arma segreta del villain. Ed il colpo di scena finale che ribalta i punti di vista lasciando lo spettatore scioccato per aver sbagliato a giudicare.

Il talento del calabrone vorrebbe essere una via italiana al thriller, ma risulta invece una copia fin troppo fedele di vie già troppe volte praticate.

Il talento del calabrone: la recensione
Il talento del calabrone: la recensione – Credits: Amazon Prime Video

Il troppo che stroppia

Il talento del calabrone prova ad innervare nel tessuto di un thriller a stelle e strisce delle tematiche più caratteristiche del cinema tricolore. Le motivazioni che infine guidano il Carlo di Castellitto sono di tipo familiare, portando in primo piano quella importanza della famiglia che tanto piace agli sceneggiatori patri. Universale, ma quanto mai adatta ai nostri tempi, è la (nemmeno tanto) velata critica allo star system con i dirigenti della radio che non riescono a non sottolineare con malcelata soddisfazione i dati di ascolto sempre più alti. Lo stesso Steph è interessato principalmente ad esaltare la sua fama vivendo l’irruzione di Carlo come un tentativo di rubare spazio all’unico autorizzato a stare al centro dell’attenzione.

Tentativi apprezzabili come intento, ma deprecabili nella riuscita perché finiscono per annegare nella prevedibilità del tutto. Perché, come si diceva, Il talento del calabrone non vuole farsi mancare nulla dei suoi modelli americani. Anche a costo di sfociare nel troppo che stroppia. Su tutti il tenente colonnello Rosa interpretato da Anna Foglietta che vorrebbe apparire tosta e determinata. Solo che per farlo si fa portare gli stivali da indossare sotto uno sgargiante abito da sera rosso e la pistola da lasciare in bella mostra nella fondina ascellare pur non essendocene minimamente bisogno. L’effetto finale è talmente eccessivo da risultare straniante dato che non si capisce come l’illogicità del tutto non appaia evidente anche agli autori o all’attrice stessa.

Solo un esempio tra tanti che infarciscono inopportunamente Il talento del calabrone. Con uguale efficacia si sarebbero potuti citare i fin troppi talenti di Carlo, professore di fisica, esperto di musica classica, abile a simulare chiamate, capace di rendersi introvabile, astuto a seminare false piste, esperto nell’arte di nascondersi in bella vista, onnipotente nel controllare l’intera rete elettrica di una metropoli tramite il solito fantomatico virus informatico. Ma anche la sfrontatezza con cui i tecnici della radio e Steph disobbediscono agli ordini dei carabinieri nonostante gli stessi siano presenti in sede al loro fianco e non a chilometri di distanza.

Il talento del calabrone sembra quell’apprendista chef che si preoccupa di verificare che tutti gli ingredienti nella ricetta ci siano, ma dimentica poi di controllare che siano anche nelle dosi giuste.

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Il talento del calabrone: la recensione
Il talento del calabrone: la recensione – Credits: Amazon Prime Video

Provarci senza riuscirci

Non è comunque un film da cestinare Il talento del calabrone. La storia riesce ad essere avvincente nonostante qualche prevedibilità di troppo che lascia allo spettatore almeno la curiosità di vedere se ci aveva preso. Il ritmo è scorrevole come deve essere quello di una storia che si svolge in spazi chiusi e limitati (lo studio di Steph e l’auto di Carlo). Anche tutto il comparto tecnico è curato. La regia sa alternare con i giusti tempi lo spazio concesso ai due protagonisti. La fotografia al neon si adatta bene agli scenari fluo di una storia metropolitana e notturna.

Molto meno indovinata è, invece, la scelta del cast che finisce per essere il punto più debole di Il talento del calabrone. Lorenzo Richelmy è bravo quando deve piacioneggiare nel ruolo del dj bello e adorato dai fan, ma appare a disagio quando il suo personaggio deve cambiare registro diventando più drammatico. Disastrosa è Anna Foglietta in un ruolo che già paga una scrittura malsana. Il suo tenente colonnello Rosa diventa una caricatura priva di spessore e costruita su sguardi da dura e scatti di nervi che non sono decisamente nel registro della altrove brava attrice italiana. Puramente di contorno gli altri personaggi che sono però così poco abbozzati che gli attori che li interpretano sono costretti ad apparire quasi delle macchiette involontarie.

A salvarsi è il solo Sergio Castellitto. Merito di anni di esperienza che gli permettono di prendersi la scena restando sempre credibile. La bravura del veterano del cast permette di rendere credibile un personaggio che deve essere malinconico e minaccioso, appassionato e spietato, ironico e accusatore. Una prova che tiene a galla un film che altrimenti sarebbe stato affossato dalle infelici scelte di cast e dalle pecche della sceneggiatura.

Con Il talento del calabrone il cinema italiano almeno ci ha provato a trovare una propria via al thriller non riuscendoci completamente. Resta il dubbio, vista l’ambientazione in una radio, sul perché non si sia scelto di adattare direttamente Io uccido di Faletti se si voleva un thriller moderno italiano. Sarà per un’altra volta?

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Winny Enodrac

Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !

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