
Taboo: Recensione episodio 1.05
Taboo ha oltrepassato il confine della metà stagione, mancano solo tre episodi al termine delle vicende che vedono protagonista James Delaney eppure se dovessimo raccontare a qualcuno che ancora non ha iniziato lo show di cosa tratti, saremmo in seria difficoltà. Taboo ha molte qualità positive, tutte risiedenti nel comparto tecnico; una scenografia meravigliosa, ottima recitazione (esclusa la Chaplin), regia dinamica (escluso questo quinto episodio), fotografia color petrolio e una colonna sonora molto interessante e coinvolgente. Ciò che manca a questa serie tv è una storia da raccontare che valga la pena di essere vista per tutte le 8 ore di cui si compone.
UNA SERIE CHE NON VUOLE ANDARE IN TV.
Mano a mano che passano gli episodi, Taboo continua a snocciolare piccole briciole di trama, sia sul passato di Delaney che sul futuro dell’eredità che grava sulla sua testa, ma nonostante si sia arrivati al quinto episodio e forse possiamo iniziare a capire dove la sceneggiatura vuole andare a parare, cresce sempre più forte il sospetto che in realtà la storia sia stata allungata e tesa per otto episodi senza tenere presente i ritmi che il piccolo schermo richiede. Se la storia di Delaney è davvero quella che inizia a palesarsi, se davvero siamo in presenza di una storia di una semplice anima buona che ha visto troppo male e che vuole solo difendere ciò che è giusto, allora forse l’idea di Knight e Hardy di raccontarla in otto episodi scritti così è azzardata.
Potremmo dire che la noia di questi episodi, la lungaggine di certi dialoghi e i rantoli di Tom Hardy, siano una originalità all’interno del palinsesto americano, in fondo non avevamo mai visto una serie tv in costume così volutamente lenta e silenziosa, ma per quanto la voglia di dare un giudizio positivo su un prodotto così esteticamente perfetto sia molta, temo che arrivati a questo quinto episodio sia impossibile. La serie non funziona e sembra non preoccuparsene, ha scelto un linguaggio e mantiene quello nonostante il pubblico si aspetti un colpo di scena o un’aumento dell’azione, il cambio di regia non aiuta e difatti il finlandese Engstrom non ha un modo di ripresa per niente dinamica e ogni scena di questo episodio è girata in modo troppo scolastico e narrativo.
PICCOLI SPIRAGLI DI LUCE NEL BUIO
Sebbene resti scettica sulla necessità del personaggio di Oona Chaplin e su tutta la storyline dell’incesto, ammetto che Tom Hardy è il gigante che si trascina dietro la serie e che tiene lo spettatore incollato allo schermo, ma quello che più intriga di Taboo, e che sarà il motivo per cui la seguirò fino alla fine, è che continuano ad aggiungersi personaggi nuovi ad ogni episodio che, si presuppone, saranno legati da un filo nel finale. Inoltre i comprimari di Hardy sono bravissimi, risultando tutti credibili nelle rispettive parti, e la messa in scena, che è poetica e barocca allo stesso tempo, mostra una Londra fangosa e disperata, in cui tutto è nauseante, anche i ricchi e la Corona, e lo fa con un’attenzione al dettaglio che io non vedevo da Downton Abbey.
Taboo è una serie che non convince, perché sembra che stia raccontando una storia semplice e già vista come se fosse un’epopea di Dickens, esagerando troppo la vaghezza e non tenendo conto dei tempi televisivi. D’altro canto però per chi ama le serie in costume e il periodo storico, è in assoluto la ricostruzione migliore di sempre, e per chi ama Tom Hardy è forse una delle sue performance più riuscite. Sicuramente un prodotto che ha coraggio e vuole distinguersi restando fedele al suo modello di raccontare una storia, il vero problema è che siamo in televisione e prima di pensare a un linguaggio narrativo nuovo è bene chiedersi a quale pubblico si vuole parlare e cosa si vuole comunicare.
Good Luck!
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