
Stranger Things: Recensione della prima stagione
Se qualcuno volesse guadagnarsi una buona dose di odio low cost, potrebbe dire con sprezzante cinismo che scrivere una recensione è un po’ come parlare col senno di poi quando ormai tutto è stato già fatto ed è facile criticare quello che non è venuto bene, senza sapere gli sforzi e l’impegno che ci sono voluti a realizzare ciò che si sta eventualmente denigrando. Sbaglierebbe ovviamente. E sbaglierebbe soprattutto quando l’appassionato recensore ha l’ingrato compito di recensire un episodio pilota dovendo capire se consigliare o meno la visione del resto della serie. Altro che senno di poi!
Alle volte può capitare di dover affrontare una serie come Stranger Things e allora toppare la previsione è più facile che indovinare il risultato del lancio di una moneta con due facce uguali. Il nostro buon Giacomo scriveva che “si ha l’impressione di vivere un lungo dejà – vu in quanto le situazioni e i personaggi, seppur iconiche, non riescono a portare nulla di nuovo” per poi aggiungere che “tutto è troppo familiare e già visto … qua sembra di assistere ad un deciso copia e incolla di un film di Spielberg”.
Parole che non incoraggiavano alla visione del seguito di questo debutto concesso da Netflix ai quasi esordienti Duffer Brothers. E invece. La piattaforma online si è ormai specializzata nel sorprendere sfornando prodotti di alta qualità che non hanno finora deluso mai le aspettative di chi si è sintonizzato sulle loro frequenze web. E Stranger Things è un’altra perla da aggiungere alla già ricca collana di Netflix e non la meno preziosa, anzi. Eppure, neanche una delle frasi di Giacomo era sbagliata. Non perché lo si voglia difendere per spirito di gruppo e solidarietà tra recensori. Ma perché i Duffer Brothers hanno voluto realizzare proprio quello che Giacomo aveva sottolineato.
Stranger Things è un lungo ossequioso omaggio al cinema e alla tv degli anni ottanta; agli epigoni dei Goonies con le bici BMX preziose come Cadillac lucenti e gli esempi rubati ai film di Star Wars e alle partite a Dungeons and Dragons; agli adolescenti finto ribelli preda dei primi amori e delle prime scappatelle segrete con il ragazzo scapestrato che si arrampica lungo il tubo della grondaia per entrare in camera della miss perfettina prima della classe; alle madri coraggiose con famiglie in pezzi e a quelle amorose con padri distratti che non si accorgono dei figli che crescono; agli sceriffi controvoglia con un indimenticabile dramma alle spalle e un proditorio riscatto da cogliere al volo; ai cattivi scienziati in laboratori governativi super segreti in bella vista nei boschi intorno alle anonime cittadine sperdute nel nulla della provincia americana; ai mostri deformi che scivolano fuori dagli incubi attraversando pareti molli come fossero disciplinati alunni dell’artigliato maestro Freddie Kruger; agli spiritelli dispettosi ma buoni che spostano oggetti improvvisamente e accendono luci scollegate seguendo gli insegnamenti sinistri dei fantasmi di Poltergeist. E poi ancora i buoni sentimenti elementari ma così preziosi come l’amicizia indistruttibile con i suoi riti tanto strambi quanto sacri (per cui una promessa è infrangibile se sigillata con lo sputo e chi ha iniziato per prima un litigio ha l’obbligo incancellabile di scusarsi); come l’amore timido e impacciato che si affaccia indeciso quando le ragazze della scuola media non sono più nemici da allontanare con disprezzo, ma qualcosa che ancora non capisci perché ti attiri così tanto; come l’imbarazzo di dover scegliere tra “sei la mia migliore amica, non puoi farmi andare lì da sola, sei il mio angelo custode” e “scusa, meglio che vai, resto con lui, tranquilla” e la vergogna di aver detto davvero quelle frasi così distaccate.
Stranger Things termina con un finale autoconclusivo che chiude elegantemente la storia da raccontare completando la crescita di ogni protagonista. Sebbene labili tracce siano seminate per lasciare aperta la porta ad una auspicabile seconda stagione, questi otto episodi sono più che sufficienti per aggiungere un altro motivo ai tanti per cui bisogna dire grazie a Netflix. E, stavolta, davvero col senno di poi.
Visitor Rating: 4 Stars
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Visitor Rating: 4 Stars
Visitor Rating: 5 Stars
Visitor Rating: 5 Stars
Stranger Things è come legge un libro di Dan Brown, non ti accorgi di essere arrivato alla fine da quanto ti ha preso ma quando lo chiudi e ci pensi a mente fredda ti accorgi di aver letto una cosa abbastanza mediocre. Io rimango quindi con Giacomo convinto che si, Stranger Things è carina, coinvolgente ma non resta niente di più che un omaggio ad un certo tipo di cinema. Manca lo scatto che ha fatto ad esempio Fargo rispetto al cinema dei Cohen o Hannibal rispetto ai libri di Harris, insomma manca quel quid in più. Poi se l’intento era quel “si stava meglio negli anni 90” che questa estate va tanto di moda allora ci sono riusciti in pieno.
Visitor Rating: 4 Stars
Si però, io non voglio distruggere a tutti il sogno mistico di questa serie ma abbiamo stroncato serie tv per molto meno, in realtà si tratta di una serie prevedibile in ogni sua mossa con protagonisti i soliti bambini adulti e un cattivo solo cattivo che resta bidimensionale, una dimensione extraterrena che non viene spiegata, un finale banale in cui va tutto bene e la cosa peggiore di tutte la morte di Barb che poteva essere un personaggio meraviglioso e che invece viene lasciato a marcire. Tutto questo perché è privilegiata una storia lineare, semplice e con poche complicazioni se non quelle di arrivare a un finale in cui tutti siano sereni. A me è piaciuta ma sinceramente sono stufa di questa malinconia dell’altro ieri, la fantascienza per ragazzi resta un genere divertente ma da quando era di moda ad adesso le cose sono cambiate, ecco io avrei preferito uno sviluppo più moderno e contorto, un finale più complesso insomma, dello spessore generale. Poi chiaro che è un prodotto che attira e andrà bene ma la tv ha fatto e può fare di meglio.
Visitor Rating: 5 Stars
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Visitor Rating: 4 Stars