
Storia del nuovo cognome: il ritorno de L’Amica Geniale su Rai1
“Chell che’ fai tu o facc ij”. Quando Lila spinge la bambola di Elena giù nello scantinato, Lenù sfida a gran voce l’amica. Un po’ per gioco un po’ per paura, accetta con consapevolezza ciò che già da un po’ aveva compreso: nutrire il desiderio di star dietro al passo di quella bambina geniale. Per sfuggire a quello di sua madre, per non zoppicare.
Storia del nuovo cognome, adattamento televisivo del secondo libro della quadrifonia di Elena Ferrante, si apre nel punto in cui la prima stagione si era chiusa.
Stretti in una macchina, di ritorno dal matrimonio di Lila e Stefano, i ragazzi del rione si lasciano andare a commenti sul ricevimento. D’improvviso è come se compissimo un salto, finendo dritti nell’adolescenza di questi bambini cresciuti in e di fretta. Elena, Lila, Enzo, Pasquale, Rino non sono adulti eppure con i loro 16 anni devono misurarsi con i doveri che l’età adulta comporta.
Nella prospettiva di questi giovani ci sono il matrimonio, la casa, il lavoro, anzi la fatica, i figli. Questo è ciò che desiderano perché è questo ciò che possono permettersi. Questo è ciò che conoscono.

Emancipazione, riscatto sociale e libertà di scelta i temi al centro della narrazione.
Nel costante e lento fluire della vita del rione ci sono però delle variabili. Ci sono persone come Lenù a cui è concesso continuare a sognare ancora per un po’ un futuro diverso. Ce ne sono altre che al contrario pretendono di mettere in pratica le regole del gioco note, ma piegandole al proprio volere, al proprio sentire.
Lila e Lenù sono ancora i punti cardinali dello spazio in cui la nostra storia si muove, i due tracciati del binario su cui corre il nostro treno. La prima fermata è appena fuori dal rione, a quelle palazzine nuove di zecca che accolgono l’intimità dei novelli sposi Carracci.
Lila è riuscita davvero nel suo intento di lasciare il rione ma è finita in una casa dalle finestre chiuse, di cui diventa ben presto prigioniera. Lontana dagli amici e dalla famiglia, Lila può contare solo sulle visite degli ospiti, graditi o meno che siano.
La luce che illumina il salotto buono, che accoglie le due amiche intente a studiare chimica o a ridire di quanto buffi siano i versi dell’amore, non è abbastanza forte per dare luce a questa nuova vita coniugale. Lila non è la femmina che tutti si aspettano. E quello che lei si aspettava da questa nuova dimensione non è che il rumore tonfo di una mano che ti schiaffeggia.
Ci sarà qualcuno a cui pruderà il naso durante la visione di questo inizio di stagione. Se da una parte la Ferrante racconta una Italia che ora non c’è più, dall’altra la sua parola, che vibra ancora più forte sullo schermo grazie a Saverio Costanzo, è crudamente viva e presente.

Elena Ferrante racconta il nostro presente attraverso il nostro passato.
Racconta l’essere donna, il piacere che ne deriva e le scelte che comporta. Scelte apparentemente vere, così introiettate da sembrare le proprie.
Racconta il corpo della donna come la corteccia di un albero i cui solchi segnano lo scorrere della vita, come il baco da seta che deve garantire la continuità delle specie.. Un corpo che appartiene ai padri, ai fratelli, ai mariti e ai figli che verranno ma non alle donne stesse.
Chell che’ fai tu o facc ij, diceva la piccola Lenù e nell’ingenuità continua a farlo. E’ sua la seconda fermata del nostro treno, ancora più lontano dal rione e più vicina al mare. Nonostante la distanza sempre più evidente che la divide da Lila, lei continua ad attrarla come calamita. Ne è affascinata anche quando non comprende le sue scelte e tenta in tutti i modi di non perdere la sua andatura, anche se sa di commettere un errore.
Ma, soprattutto, condivide la sua difficoltà nel trovare il proprio spazio, fisico e mentale, in un mondo in evoluzione ma ancorato al passato. Basterà un matrimonio, un libro, un’acconciatura nuova a sancire la loro emancipazione?
Il mondo di Elena Ferrante è accogliente quanto respingente, ci riflette (come Lila si riflette in Lenù e viceversa) e l’immagine che ci rimanda non è sempre piacevole.
Più si apre il nostro orizzonte e più grande diventa lo specchio. Mentre cerchiamo di intravedere il nostro futuro, oggi e domani, alle nostre spalle è sempre lì. Come un gatto nero che coi suoi occhi infuocati ci osserva nel buio della notte, il rione è sempre lì.