
Stalker : Recensione dell’ episodio 1.01 – Pilot
Quasi ventisei milioni di risultati. È questo quello che si ottiene inserendo la parola “stalking” nella barra di ricerca del browser. Qualora non fossero sufficienti le dozzine di pagine che periodicamente appaiono sui quotidiani e le decine di ore di approfondimenti tv sull’argomento, basterebbe questo mero dato statistico ad evidenziare quanto vasto è l’interesse per quello che è dopotutto una comparsa abbastanza recente nel mefitico panorama del crimine individuale. Non sorprende, quindi, che qualcuno (il Kevin Williamson di “Scream” e “The Following” nello specifico) abbia pensato di realizzare una serie tv che punti su questo accattivante soggetto per portare spettatori al proprio mulino.
Come ci informa la protagonista in una didascalica lezione nei primi minuti del pilot, il termine stalking indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affliggono un’altra persona generando stati di ansia e paura che arrivano a compromettere il normale svolgimento della sua vita quotidiana. Impedire che attenzioni ripetute e inizialmente innocenti si trasformino in opprimenti minacce è il compito dell’Unità di Valutazione della Minaccia diretta dal tenente Beth Davis, interpretata da una Maggie Q reduce dall’esperienza conclusa di Nikita. Essendo la protagonista della serie, è ovvio che su di lei il pilot punti un immaginario occhio di bue per mostrarci fin da subito la sua fermezza nella caccia al colpevole di turno, la poca disponibilità ad atteggiamenti non professionali, la ritrosia ad aprirsi nei confronti di quelli che restano colleghi e non amici. Pennellate decise che vogliono dipingere il ritratto di un detective abbastanza tipico nei suoi modi decisi e nella sua asprezza e il fatto che questa sia l’immagine di una donna invece che un uomo come tipicamente avviene nelle serie poliziesche è quasi una doverosa concessione ad un crimine che interessa maggiormente proprio il sesso ormai non più debole. Che poi la stessa Beth sia reduce da un passato da vittima di stalking è forse un di più che si sarebbe potuto evitare per non scadere nell’abusato cliché del sopravvissuto che vuole evitare che altri percorrano il suo stesso calvario. Il finale però ci mostra anche che Beth è disposta ad andare anche oltre il suo ruolo ufficiale perseguitando coloro che sa essere colpevoli prima ancora che divengano tali anche per la legge a volte troppo lenta. Anche l’accenno alla propria abilità nel mentire lascia intuire un passato dove qualche spruzzo di illegalità macchia la limpida veste di vittima. Se il personaggio appare dopotutto potenzialmente interessante, non convince pienamente l’interpretazione di Maggie Q che carica troppo la seriosità di Beth mostrando sostanzialmente la stessa espressione incupita per tutto l’episodio tanto da risultare poco rassicurante anche quando dovrebbe essere consolatoria nella scena con Eric.
Di tenore completamente diverso è, invece, il personaggio di Jack Larsen (Dylan McDermott), ultimo arrivato nella squadra anti stalking. Il detective è infatti tanto abile nel cogliere il significato di ogni minimo indizio, nel ricostruire le abitudini di vittime e carnefici da pochi dettagli, nell’intuire le verità nascoste dietro le bugie degli interrogati quanto incapace di comprendere le peculiarità del crimine che sta investigando. Le inopportune battute sulle motivazioni per unirsi alla squadra di Beth, il voler piacere ad ogni costo, l’insistere nel cercare le lodi della collega evidenziano la sostanziale inadeguatezza di Jack al ruolo per il quale si è offerto volontario e giustificano la palese diffidenza di Beth nei suoi confronti. Al contrario, Jack sembra essere troppo egocentrico per poter capire quali confini non devono essere superati e quando è il caso di frenare per non urtare il muro eretto dal suo ostile superiore. Ed è, in fondo, questo stesso egocentrismo a portare Jack ad essere lui stesso un potenziale stalker nei confronti della sua ex (amante o moglie non è ancora chiaro). A giustificare parzialmente il suo insistito interesse nei confronti della tutt’altro che impaurita vittima sembrerebbe esserci un figlio conteso e probabilmente non riconosciuto in via ufficiale per volere della donna. Sembra però difficile comprendere perché Jack abbia accettato per tanti anni (vista l’età apparente del bambino) l’ambiguità sul proprio ruolo paterno, ma la serie avrà tempo e modo di chiarire questo punto.
“Stalker” è un procedurale per cui il giudizio sostanzialmente positivo su questo pilot potrebbe non garantire lo stesso livello per il resto della serie. Ogni episodio, infatti, va visto come un assolo che può essere più o meno gradevole a seconda della partitura consegnata agli interpreti per quella settimana. Ma i due protagonisti sembrano avere gli strumenti adatti e le capacità necessarie per dilettare gli appassionati del genere. Resta da vedere se gli autori sapranno comporre la giusta musica.
1.01 - Pilot
Positivo
Valutazione Globale
@Winny non so se sei un amanti di Criminal Minds ma mi sono chiesta fin dal pilot se Stalker non fosse in realtà solo una copia di questo telefilm. Personalmente devo ancora vedere questo pilot ma sono curiosa di sapere la tua opinione.
I personaggi mi piacciono un sacco, sembrano fatti apposta per completarsi. Mi è piaciuto rivedere l’ambientazione di una delle case delle vittime del telefilm Chuck, dove la famosa fontana centrale era sempre al centro dell’obiettivo. Buon pilot, speriamo, come dici te, in una sinfonia piacevole.