
Show Me a Hero: Recensione dell’episodio 1.01 – Episode 1
“Show me a hero and I’ll write you a tragedy.” (F. Scott Fitzgerald)
L’America è il paese delle opportunità, il paese nel quale ad ognuno è concessa una possibilità, ma se quel ognuno includa veramente tutti i dubbi sono tanti e forti. Ma l’America è anche il paese delle contraddizioni, il paese in cui un afroamericano viene eletto presidente ma l’integrazione è ancora lontana.Show Me a Hero ci racconta una realtà americana datata 1987 ma che potrebbe benissimo trovare collocazione nel 2015. Siamo a Yonkers, una piccola cittadina dello stato di New York di 200mila abitanti con una questione da risolvere: costruire 200 unità abitative che accolgano i poveri, quelli che a fine mese non ce la fa a mettere insieme il pranzo con la cena. Afroamericani, ispanici, quella fetta della popolazione che soffre di un solo peccato: non essere nata in America. Il consiglio comunale vuole costruire queste case in due siti periferici, similmente a quanto già fatto nei progetti precedenti di edilizia popolare, in modo da tenere a distanza il “problema”. Occhio non vede cuore non duole, insomma. Contro questa decisione si pone ora la corte federale, la quale chiede alla cittadina di attenersi alla legge e costruire queste abitazioni in più siti, in modo da non ghettizzare le persone che le andranno ad abitare e permettere una maggiore integrazione tra realtà cittadine che si guardano a vicenda con sospetto. In caso contrario, il comune si beccherà una bella multa che manderà tutti in bancarotta.
Questo è il quadro di partenza di una serie che si interroga su quanto e come l’America abbia affrontato problemi ancora così attuali come il razzismo, l’integrazione, la paura del diverso.
David Simon, creatore di Treme e The Wire, e il Premio Oscar Paul Haggis (Crash, Million Dollar Baby, Casino Royale per citare solo alcuni dei suoi lavori) portano sul piccolo schermo la storia di Nick Wasicsko, interpretato da un bravissimo Oscar Isaac, ex poliziotto 28enne eletto sindaco di Yonkers proprio grazie alla sua posizione contraria al piano imposto dalla corte federale.
Basata sul libro nonfiction scritto da Lisa Belkin, la miniserie segue il percorso di questo eroe che già dai primi minuti percepiamo che non avrá vita facile. Un uomo all’apparenza sconfitto (Wasicsko riceverà la notizia che la corte federale ha rigettato l’appello da lui votato ancora prima di prestare giuramento), un uomo che si troverá a combattere da solo un sistema politico che si è nutrito e ha nutrito le differenze e le divisioni di una società multietnica come quella americana.
Perchè se per qualcuno tutta la storia degli alloggi è solo una questione di ingegneria sociale, una questione di voti, per altri quella casa rappresenta una seconda possibilità. In parallelo alla storia del più sindaco giovane d’America, Simon ci racconta anche l’altra faccia della medaglia, facendoci toccare con mano come i precedenti progetti edilizi di Yonkers abbiano solo creato situazioni di estremo disagio, costringendo chi era venuto negli Stati Uniti alla ricerca di un futuro migliore o a vivere in condizioni di sofferenza ingiustificata o a dover fare di nuovo i bagagli e tornare indietro.
Già da questo primo episodio, ci rendiamo conto di essere di fronte ad un prodotto degno del grande schermo, ad film che invece di durare due ore prosegue per altre quattro. Questo grazie alla penna di Simon e alla camera di Haggis, ma anche grazie ad un cast, che comprende tra gli altri Jim Belushi, Winona Ryder e Alfred Molina, che riesce a rappresentare al meglio uno spaccato di storia non ancora concluso. Una storia che non accetta il cambiamento ma che deve comunque affrontarlo e aspettarselo. Come quello squillo di telefono che ti annuncia che qualcosa sta arrivando e che per quanto tu voglia far finta di non sentirlo, prima o poi dovrai alzare la cornetta.