
Sherlock: Recensione episodio speciale – The Abominable Bride
Il dizionario filosofico Treccani definisce il concetto di realtà come “la qualità e la condizione di ciò che è reale, che esiste in sé e per sé o effettivamente e concretamente” ma nonostante questa spiegazione resta nebuloso comprendere cosa sia parte della realtà e cosa no. Reale non è solo ciò che è tangibile, che si può toccare, ma è probabilmente un concetto soggettivo dentro al quale facciamo rientrare anche cose come sensazioni, sentimenti, ricordi, speranze, che pur non essendo concrete per noi formano la “realtà”.
Negli anni in cui Conan Doyle creò Sherlock Holmes il successo improvviso che riscosse questo personaggio surclassarono il talento e la notorietà del suo creatore, tanto da portare quest’ultimo a odiarlo e ucciderlo in “L’ultima avventura”, salvo poi essere costretto a resuscitarlo a causa delle proteste dei fan. Sherlock Holmes ha negli anni fagocitato l’autore inglese, fondendosi pienamente con la realtà e portando molti dei lettori (compresa Agatha Christie) a mettere in dubbio la vera esistenza di Conan Doyle, pensando che fosse solo uno pseudonimo usato proprio da Watson per nascondere l’identità propria e del detective più famoso di sempre. L’abilità narrativa dello scrittore ha creato un “mostro” immortale che vive e rinasce secolo dopo secolo, adattandosi ad ogni epoca, ogni fase della vita, qualsiasi sia l’universo in cui viene calato perché è reale.
Moffat e Gatiss entrano anche loro nel tortuoso Grande Gioco che mette in dubbio la reale esistenza di Sherlock Holmes creando uno speciale di Natale perfetto, potente e prezioso.
Giocando con cosa appare e cosa è, i due autori confezionano un episodio che come una matrioska contiene numerosi strati di sogno e realtà attraverso cui lo spettatore cade senza accorgersene per arrivare in fondo e ritrovarsi come per magia dove eravamo rimasti. Certo, la tecnica delle scatole cinesi non è nuova alla serie, ma mai come in questo episodio avevamo assistito ad un gioco di dimensioni capace di “ubriacare” lo spettatore di un misto di meraviglia e dubbio.
I dialoghi sono fittissimi, veloci, divertenti, di un’intelligenza pungente, ogni personaggio viene calato nell’atmosfera vittoriana in modo superbo, soprattutto per le donne. Il sesso femminile è il vero protagonista di questo episodio, grazie al caso della signora Ricoletti, “l’abominevole sposa” del titolo, Gatiss e Moffat finalmente rendono giustizia alla presenza femminile che nella serie è sempre mancata, superando Doyle (solo per una questione temporale intendiamoci) nel creare una storia non solo di difficile soluzione per lo spettatore, ma con un messaggio di fondo importante, riuscendo nell’impresa di far restare Sherlock un adattamento moderno anche se ambientato nel passato.
Inutile sottolineare nuovamente la bravura di Cumberbatch e Freeman e dello stesso Gatiss, che giocano con questi ruoli in modo così
Il regista Douglas Mackinnon utilizza la macchina da presa giocando con le forme, con i grigiori della Londra vittoriana, utilizzando transizioni che richiamano i primi adattamenti cinematografici dei romanzi di Doyle, ma non distanziandosi troppo dalla regia degli episodi precedenti. Ed è grazie a molte scelte registiche che l’episodio sobbalza tra realtà e illusione, tra racconto e sogno: lo studio di Sherlock che si trasferisce in strada e sulla scena del crimine, il palazzo mentale composto da ritagli di giornali di metà 800, l’atmosfera horror che agguanta lo spettatore e lo impaurisce ma lo intriga allo stesso tempo, il pasticcino che scende nella gola di Microft, la pioggia sulla carrozza che si riflette negli occhi di Freeman.
Sherlock Holmes divora la carta su cui è scritto, percorre il tempo e vive ancora oggi perché fondamentalmente così come chiosa il finale dell’episodio: ” non si è mai sentito un uomo del suo tempo”.
Due anni abbiamo aspettato, e un altro ne deve passare prima di poter godere di ulteriori tre episodi, ma come sempre ne è valsa totalmente la pena.
Recuperate Sherlock, andate al cinema e godete di quello che sicuramente sarà la miniserie migliore dell’anno.
Good Luck!
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Bella recensione Cate, hai rappresentato in pieno lo spirito dello speciale, non posso che concordare parola per parola
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