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Room: Recensione del film con Brie Larson e Jacob Trembley

Titolo: Room

Anno: 2015

Genere: drammatico

Durata: 118 minuti

Regia: Larry Abrahamson

Sceneggiatura: Emma Donoghue

Cast principale: Brie Larson, Jacob Tremblay,

Premi Oscar: Miglior Attrice Protagonista (Brie Larson); candidato: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior sceneggiatura non originale

Larry Abrahamson, regista della pellicola Frank, aveva portato sui grandi schermi della capitale romana, in occasione della 10ma edizione della Festa del Cinema, il film Room. Un inquietante lavoro, una pellicola intensa. Come se guardassimo attraverso gli occhi ingenui del giovanissimo protagonista di 5 anni, fin dall’inizio ci troviamo in una dimensione chiusa, isolata, da incubo. Il problema è che non si tratta di un sogno.

Il palcoscenico di una storia da incubo

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Recensione film Room (2015)

Una stanza. Nient’altro. Arredamento minimale e al limite del pulito, quanto basta per poter sopportare.

Nessuna finestra, solo un lucernaio che offre un minuscolo sguardo al cielo. Uno spiraglio verso la speranza, verso lo spazio infinito che è anche irraggiungibile. Purtroppo non è solo l’immensità a non poter essere vista da più vicino: lo stesso vale per il mondo, che Jack (interpretato in modo fenomenale da Jacob Tremblay) non ha mai conosciuto.

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L’apparenza è quella di una storia al limite del concepibile e dell’immaginabile. Dopotutto, come fa un bambino a non aver mai visto il mondo? Eppure un bambino ha 5 anni. È nato e vive con sua ‘Ma (Brie Larson) in quella piccola stanza provvista di letto, wc, lavandino, armadio, sedie, tavolo. In fondo, cos’altro serve a due prigionieri? Costretti in uno spazio strettissimo, il bimbo da “soli” cinque anni, contro i sette della madre. Nessun motivo apparente. Un’età in cui il ragazzino è grande e intelligente abbastanza per capire che la situazione è insostenibile, almeno non più.

Il mondo dei due si capovolge quando nella loro prigione si intrufola un topolino, scacciato prontamente da ‘Ma. Lei sa bene quanto i topi possano essere minacciosi. Eppure è proprio quel topolino a riaccedere la speranza. Un’idea che si intrufola nella loro testa, un piano. Sia lei che il piccolo bimbo dovranno rischiare tutto per trarre in inganno il loro carceriere, nominato dai due “Old Nick” (Sean Bridgers). Ma il pericolo, così come il mondo, è proprio lì, dietro a quella porta.

Un mondo sul bilico tra paura, sogno e realtà

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Recensione film Room (2015)

Con un abile e delicatissimo intreccio tra fantasia infantile e cruda realtà, Abrahamson mette insieme una storia avvincente e claustrofobica. Una tragedia capace di commuovere e coinvolgere, far riflettere e sperare. Al limite del reale è la triste storia di una giovane donna cui è stata sottratta parte della sua giovane esistenza, così come la possibilità di vivere la propria vita. Ragazza lasciata a se stessa, senza l’aiuto di nessuno, e di colpo ritrovatasi con un altro essere vivente da accudire.

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‘Ma sa di doverlo proteggere. Proteggerlo prima dalla verità, poi dalle sue stesse bugie, strumentali il suo stesso bene. Tattiche per dargli modo di accettare la loro monotona e costipata esistenza. Giochi, fantasie, nomi, creazioni, dolci preparati insieme sono privati della loro purezza originaria per divenire specchio per le allodole. In questo caso però per la creatura più innocente, quale è il bambino. Tra i due il rapporto si consolida a ritmo di piccoli rituali giornalieri, storie inventate e televisione, l’altra unica finestra sul mondo, che però (come ‘Ma sa, ma Jack no) mondo non è.

Ma in fondo cos’è reale? Questa farsa terrificante non può più andare avanti così. Le visite di “Old Nick” si fanno sempre più minacciose ed insopportabili, trasformando quella figura nell’uomo nero. Urla, aggressioni, vita di stenti e compromessi. Tutti fattori reali, molto più di quanto vorrebbero entrambi.

Una pellicola dalle tematiche intense, mai banali

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Recensione film Room (2015)

Essendo in due, i due protagonisti dovranno aiutarsi a vicenda, per ristabilire il contatto con il mondo esterno da un lato e per crearlo ex novo dall’altro. Quello che Abrahamson porta in scena è un incontro tra dolcezza e orrore, tra ingenuità e coscienza, tra coraggio e bugia. La realtà è difficile, è immensa, ma non è irraggiungibile, o almeno non dovrebbe esserlo. Cos’è reale? In questi casi non è un filosofo a doversi dare una risposta, non è un ricercatore, non è un colto scienziato alla ricerca del mistero della vita nell’universo. Qui è un bambino, che deve frantumare l’idea di mondo plasmato dalla sua mente immacolata e creativa per affrontarne una del tutto diversa, più pericolosa, ma reale.

Il tema in apparenza banale e monotono trova però nella regia di Abrahamson e nel talento degli interpreti una soluzione vincente. Una pellicola che coinvolge, fa riflettere e stupisce nella semplice teatralità di una tragedia di vita.

Guarda qui il trailer del film Room (2015).

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