
Revolution: Recensione dell’episodio 2.01 – Born in the USA
Eccoci di nuovo qui: pronti, partenza e via!
Revolution ci aveva lasciati, qualche mese fa, in un rifugio segreto, dove Rachel aveva riportato la corrente elettrica sulla terra, giusto in tempo per far sganciare a Randall due bombe nucleari: una su Philadelphia, l’altra su Atlanta. Volete provare ad indovinare com’è andata a finire? E’ triste (ma ormai assodato) come vittime e tragedia siano la scelta più interessante, nei fili di una trama (Shonda Rhimes, citando un nome a caso, ne è una prova). Così ci ritroviamo catapultati sei mesi in avanti, dopo la distruzione di due città densamente abitate, nonché centri del potere di due delle nuove potenze, createsi con la dissoluzione degli Stati Uniti d’America. Una mossa piuttosto conveniente per chi, nelle retrovie, non aspettava che il momento opportuno per tornare alla ribalta, come lo stesso governo degli Stati Uniti, Presidente incluso. Una mossa, dunque, quella di Randall, che rivela l’esistenza di un piano molto più complesso, il cui insieme abbiamo solo ora iniziato ad intravedere.
Miles (con il nuovo, originale e carismatico nome di ‘Stu’) vive insieme a Rachel presso il padre di lei, Gene, e lo stesso Aaron vive nella stessa comunità. Miles viene presentato come una tigre in gabbia, che convive con una realtà in cui hanno bisogno di lui, com’è evidente, ma nella quale si trova a disagio, come in una giacca di tre taglie più piccola. Lo fa per il bene di Rachel, e c’è da riconoscerglielo, perché la donna sembra incapace di sopportare, emotivamente, ulteriori perdite: dopo aver ucciso, per responsabilità transitiva, migliaia di persone, perde Charlie (di cui parleremo tra un momento) e a fine episodio perde anche lo stesso Aaron, anche se per pochi istanti. Miles costituisce una parte fondamentale della sua vita, un legame con il passato da cui non riesce proprio a separarsi, nonché una difesa dal presente, che è sempre più doloroso ed insopportabile. Vorrei poter dire che sia un atteggiamento patetico, lo vorrei davvero, ma non nego che mi è dispiaciuto un po’ per Rachel, vedendo il suo stato catatonico poco dopo l’esplosione delle bombe: è come se tutto quel sangue fosse sulle sue mani, e lei lo sa.
Miles, invece, contro ogni previsione o scommessa, lascia andar via Charlie, che naturalmente non riesce più a convivere con la madre. ‘Sono successe troppe cose’, afferma infatti, riferendosi… a cosa? Alla morte del fratello, alle menzogne nel corso degli anni, alle bugie una volta che l’aveva ritrovata, ormai adulta? Non so a cosa si riferisse in particolare, ma di certo le due bombe non devono aver aiutato. E così Charlie parte, da sola, munita solo di una balestra (coff-Daryl-coff), perseguendo la strada della vendetta, ovvero la scia di Monroe. Non le è difficile trovarlo – piccolo il mondo senza corrente, eh? – e sembra essere anche più semplice ucciderlo, se non che qualcuno la precede. Dei signori molto poco usuali prelevano Monroe e scappano nella notte su di una vecchia carrozza. Chi sono? Cosa vogliono da Monroe? Lo aiuteranno a tornare in forma o lo distruggeranno, appoggiando gli Stati Uniti in procinto di risorgere?
Monroe, per esempio, è qualcuno che mi ha realmente colpito. Mentre Neville non è cambiato affatto, Monroe sembra una persona completamente diversa. E’ spezzato, è distrutto, il suo braccio è bruciato dove un tempo c’era il suo unico motivo di vanto: il simbolo della sua Milizia. Neville no. Dopo che, per un primo quarto d’ora, ci illude di essere un uomo spezzato e privo di forza, alla ricerca della moglie, ormai quasi sicuramente morta nell’esplosione di Philadelphia, non esita a cogliere un’occasione vantaggiosa quando gli si presenta: l’occasione per la vendetta. Non ho mai apprezzato il personaggio di Neville. Non perché sia un volta bandiera, non era questo a disturbarmi, piuttosto era il fatto che facesse sempre la cosa sbagliata credendo, ingenuamente, che fosse quella giusta. Cosa dire? Solo perché le sue convinzioni sono sbagliate, le sue azioni non possono certo essere perdonate, dunque vedremo più avanti quali danni saprà combinare. Parecchi, se volete una mia previsione. Su Jason? Che dire, nulla: se ne sta lì, inutile, a non fare nulla, come al solito.
Aaron, invece, è il vero mistero di quest’episodio. Dopo aver invano tentato di convincere Rachel e la sua nuova ragazza (com’è che si
In conclusione si è trattato di un inizio di stagione interessante, nulla di più e nulla di meno di ciò che ci si poteva aspettare. Si parte da una situazione sconvolgente, diversa da quella a cui ci hanno abituati nella stagione precedente, in cui non c’è più la guerra a dominare il mondo, né i signori delle armi, bensì una nuova forza – ancora, in parte, sconosciuta – che sembra voler riportare in piedi gli Stati Uniti d’America. Ma ormai abbiamo imparato a non fidarci al 100% di coloro che ci promettono rose e fiori e, adesso, non ci resta che vedere quale piano avranno queste nuove figure. Perché dovrà sicuramente esserci qualcosa sotto.
Altrettanto interessante sarà vedere dove porterà Charlie la sua sete di vendetta e se, prima o poi, lei si ricongiungerà con Miles e la madre. Per ora la vediamo sulle tracce di Bass e speriamo solo che sappia cosa sta facendo… anzi, che dico! E’ Charlie: è ovvio che non sappia cosa diavolo stia facendo!
Dopo un calo di trama nella parte finale della stagione scorsa, speriamo che quest’anno la serie sappia riportare in auge alcuni dei suoi temi basilari, stupendosi ed interessando il pubblico.
2.01 - Born in the USA
Passabile
Interessante inizio di Stagione. Bisogna solo vedere se regge...