
Preacher: Recensione dell’episodio 1.05 – South Will Rise Again
Appena finita la visione di questo quinto episodio di Preacher, South Will Rise Again, ho letto in giro la notizia che la serie è stata rinnovata anche per la seconda stagione. Un po’ me lo aspettavo: quel che sta facendo Preacher è impostare un mondo nel quale lo spettatore può immergersi una puntata alla volta, assaporando poco alla volta tutte le possibilità che si dispiegano davanti ad una trama che si sta costruendo un mattone dopo l’altro. Il problema di questo show è che non riesce a catturare un parere positivo da tutti i tipi di spettatori: è sicuramente una serie non adatta a chi non vuole pazientare e vuole vedere tanta azione, e pure subito. Si tratta insindacabilmente di gusti.
Detto questo, l’acceleratore della trama stavolta viene spinto un po’ più verso il basso, con nozioni che provengono direttamente dal passato di Jesse e di Tulip (ma anche di un passato ancora più remoto: chi è il cowboy, e perchè dovremmo seguire la sua storia?), ma anche prospettive che si aprono sia in una direzione che in quella opposta. È giusto che sia così, dato che siamo al giro di boa di questa prima stagione.
Jesse ha assunto ormai un’aria felice, di chi sa che può far fare agli altri qualsiasi cosa e quindi se la gode: sembra quasi non temere neanche più il futuro, che vede disteso raggiante tutto davanti a sé. Un futuro, nella sua testa, probabilmente fatto di miracoli e benedizioni, da secondo Messia sceso in terra. Eppure il “south will rise again” del titolo, pronunciato dalla moglie di un Donnie versione femminuccia, aggiunto ad una mezza promessa di vendetta, preannunciano tutt’altro che un happy ending per il predicatore con il potere di Dio.
Anche il finale ce lo fa capire: prima i due “angeli” del paradiso che si presentano a Jesse dicendogli che non è tanto Dio ad essere entrato in lui, quanto una specie di forza della sua parola (almeno questo è quello che si presume diranno nel prossimo episodio), e poi infine con il signor Quincan
Jesse quindi, si diceva, è ormai completamente calato in questa maschera che ha indossato volontariamente: quella del buon samaritano che può operare miracoli. È talmente difficile distoglierlo da questa realtà fittizia che sta creando intorno a lui, che pure Tulip sembra essersi arresa all’evidenza che non avrà indietro il suo bad boy. A tal proposito, le scene con Cassidy sembrano funzionare alla grande, e non vedo l’ora di averne delle altre.
Tulip vede ciò che Jesse non vede ancora, ovvero che il predicatore sta alterando tutta la realtà intorno a lui in modo che si conformi alla sua volontà di essere buono. Lui si sforza al massimo, e davvero vorrebbe essere definito dagli altri “buono”, altrimenti non perderebbe t
Preacher, giunto ormai a metà stagione, sembra aver definito il suo stile: con qualche accorgimento alla trama può solo migliorare, ma come si diceva in precedenza potrebbe non essere apprezzato a fondo da chi ad uno show televisivo chiede soltanto azione e intrattenimento leggero.
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