Chissà se è possibile aggiungere un seguito al famoso detto chi va piano va sano e va lontano. Potrebbe essere qualcosa di caustico come sempre che vada da qualche parte. Oppure basta che va invece di restare immobile. O comunque qualcosa di poco gentile da dire con aria alquanto scocciata e sarcastica. Perché questo è l’inevitabile commento che viene in mente dopo aver visto questo episodio di Preacher il cui titolo, letto a posteriori, diventa una amara constatazione. Holes come buche; buche come quelle in cui finisce Eugene per punizione, ma soprattutto come quelle in cui sembra essersi impantanata la macchina di Preacher che pare aver scambiato una sana lentezza con un fastidioso immobilismo.
Jesse e una ricerca senza indizi
Eppure la seconda stagione di Preacher si era aperta con un ritmo insolito che lasciava intendere che la missione scelta da un convinto Jesse e accettata con rassegnata fiducia da Jesse e Tulip sarebbe stata portata avanti in maniera decisa. Invece, la chiaramente impari ricerca di Dio nei jazz club di New Orleans è stata solo un modo di passare il tempo tra locali improbabili e avventori inusuali senza che fosse realmente possibile trarne qualche indizio interessante. Anche la promettente pista del provino dell’attore ingaggiato per interpretare Dio si rivela in questo episodio ciò che si sospettava essere: un vicolo cieco che non porta da nessuna parte.
Come previsto, neanche il tentativo estremo di ricavare qualche informazione trattando le immagini del filmato come se si fosse in un episodio di un qualche CSI wannabe riesce a dare a Jesse un indizio per far avanzare la sua ricerca dello sfuggente Dio. Per quanto fosse quasi ovvio che la difficile missione non fosse banale da portare a termine, viene comunque da chiedersi quale direzione voglia intraprendere questa stagione. Come la serie di cui è protagonista, lo stesso preacher sembra tanto sfiduciato da non sapere che strada percorrere. Quasi che la sbandierata ricerca di Dio fosse solo una scusa arrangiata per giustificare il suo aver iniziato un viaggio senza meta che sa più di fuga improvvisata che piano meditato. Una sorta di Aspettando Godot in cui non si sa se neanche se davvero ci sia un Godot da aspettare o si stia lì a cincischiare in attesa che gli autori decidano quale delle strade avvistate in lontananza percorrere.
In cerca di un villain in Preacher
A indicare una via potrebbe concorrere in maniera determinante la scelta di un avversario da opporre al nostro trio. E si che di scelte possibili ce ne sarebbero e più di una è stata paventata in maniera più o meno netta. Era sembrato inizialmente che fosse il Santo degli Assassini il candidato ideale dalla cui feroce determinazione scappare. Ma la costruzione attenta di un personaggio tanto inarrestabile quanto deciso si è sciolta in un primo scontro da cui, a questo punto, viene il dubbio Jess sia uscito vittorioso troppo rapidamente. Certo, il Santo è ancora presente nell’ossessione di Tulip per i fori nelle pareti da tappare nella vana speranza che basti cancellare le tracce visibili del suo spaventoso passaggio per far sparire anche quella inattesa sensazione di paura che ha definitivamente bloccato la una volta indomabile compagna del predicatore. Eppure, anche questa scelta sembra più un fornire un motivo valido per giustificare l’immobilismo in cui è precipitata persino la stessa Tulip che fino a poco prima mal sopportava la fissazione di Jess per una vita fin troppo lineare.
L’incontro fortuito con gli agenti in incognito del Graal potrebbe indicare che sia l’organizzazione fanatista guidata da Herr Starr il nemico contro cui Jesse e soci dovranno scontrarsi. E d’altra parte aver dedicato l’episodio precedente di Preacher ad introdurre con tanta dovizia di particolari l’ex nazista riciclatosi cacciatore di culti non cristiani lasciava intendere che sarebbe stato proprio lui ad indossare i panni indispensabili di un villain caricaturale ma credibile. Invece, Herr Starr non compare in questo episodio rimandando ancora una volta un incontro che potrebbe dare una svolta a questa stagione.
Quasi consapevoli di star investendo troppo poco sulle storyline presunte principali (la ricerca di Dio ostacolata dal Santo degli Assassini e lo scontro sempre rimandato contro Herr Starr), gli autori sono costretti a ricorrere a due storie parallele che, pur essendo originali rispetto al fumetto, stentano a decollare. L’aver scoperto che Denis è figlio di Cass ha permesso di esplorare un lato diverso del vampiro ubriacone e casinista. Un Cass più intimo che non riesce però ad essere pienamente interessante perché finisce per riprendere l’abusato clichè della vita eterna come condanna a veder morire le persone amate. Un tentativo apprezzabile di rendere più sfaccettata la figura di Cass, ma gravato dal peso di una fin troppo palese mancanza di originalità.
Non va meglio con la storia di Eugene che gli autori continuano a ritirare fuori a caso senza che forse neanche loro sappiano come uscire dall’impasse in cui si sono ficcati discostandosi completamente dal fumetto di Ennis e Dillon. La soluzione temporanea è parcheggiare il povero ragazzo in un inferno diverso dall’iconografia classica dove percorre la trafila del duro per finta che finisce vittima di un Hitler che sembra recuperare la sua vera natura. Inventarsi un nuovo tipo di tortura mentale è troppo poco per non far apparire la storyline di Eugene un filler che, pur essendo di qualità, non fa alzare il voto di questo episodio di Preacher.
Arrivati all’ottavo episodio su tredici, sarebbe lecito aspettarsi un cambio di marcia che instradi la seconda stagione di Preacher verso una qualche strada da percorrere fino in fondo invece che continuare ad andare con il freno a mano tirato fermandosi anche in qualche area di servizio a riposare. Perché, vabbene, chi va piano va sano e va lontano. Sempre che vada da qualche parte.
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In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco
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