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Pesci Piccoli: l’elogio del fare insieme – Recensione della serie Prime Video dei The Jackal

Siamo onesti: non si guarda una serie come Pesci Piccoli per cercare domande difficili su cui essere costretti a riflettere. Ci si collega a Prime Video per gustarsi i sei episodi da 30min l’uno perché si è letto che è la prima serie dei The Jackal. E, quindi, ci si aspetta di ridere e basta. Un pieno di risate che è quello che il collettivo di webstar partenopee promette e mantiene. Eppure, tra le pieghe del divertimento, tra l’entusiasmo bambinesco di Ciro e l’ironia contagiosa di Aurora, tra il sarcasmo nonsense di Fru e la bonomia alla Troisi di Fabio, si nasconde abilmente un dubbio a cui la serie risponde.

Ne vale davvero la pena essere ambiziosi? Non è meglio restare Pesci Piccoli che nuotano tutti inseparabilmente insieme?

Pesci Piccoli: la recensione
Pesci Piccoli: la recensione – Credits: Prime Video

Un’agenzia, molte idee, poco budget

È questo il sottotitolo di quella che si può considerare davvero la prima serie dei The Jackal. Il precedente Generazione 56k, prodotto da Netflix, era più correttamente una serie con i The Jackal (in verità, i soli Fru e Fabio) piuttosto che dei The Jackal. La differenza non è solo nel numero dei membri del gruppo che compaiono in scena o sono coinvolti dietro le quinte. Non conta tanto che Ciro e Aurora completino il quartetto e che i quattro siano protagonisti e non solo comprimari in una storia che parla di altri. A far dire che Pesci Piccoli è davvero opera dei The Jackal è, soprattutto, la cifra stilistica che il gruppo napoletano impone alla narrazione. Il ritmo incalzante e il mix di diversi generi di commedia che Aurora, Ciro, Fabio, Fru portano in scena sotto la sapiente supervisione de loro collaboratori storici.

In Pesci Piccoli i The Jackal non fanno, però, l’errore di chiudersi in sé stessi. Difetto che non erano riusciti ad evitare nel non completamente riuscito Addio Fottuti Musi Verdi, esordio al cinema che è significativamente rimasto un unicum. Memori di questa lezione, si aprono non solo alla prevedibile partecipazione di guest star provenienti dal loro stesso mondo (Herbert Ballerina, Giovanni Muciaccia) o dalla scuderia Tik Tok di Prime Video (Gabriele Vagnato, il Ginnasio).

Un ruolo di primo piano è assegnato alla debuttante Martina Tinnirello a cui spetta essere l’elemento estraneo catapultato da un ambiente altamente competitivo in una realtà più piccola dove a dominare è lo spirito collaborativo. Come è inevitabile in una serie comedy, lo scontro tra questi due modi opposti di intendere il lavoro originerà una messe di gag, ma anche nell’opportunità per entrambi di imparare l’uno dall’altro in cerca di una sintesi che lasci entrambi in una nuova serenità.

Da questo punto di vista, Pesci Piccoli non si spende nella ricerca di una particolare originalità. Anzi, ne è talmente consapevole di citare esplicitamente i suoi modelli con una non celata punta di orgoglio. E, d’altra parte, sarebbe stato impossibile tacere il riferimento a The Office di cui la serie quasi sembra vantarsi di essere una versione sui generis epurata dagli stilemi della comicità a stelle e strisce rimpiazzata dalla spontaneità e freschezza rodate in anni di video di successo sulle piattaforme social.

Pesci Piccoli non vuole sorprendere lo spettatore, ma solo mantenere la promessa non detta che si aspetta: farlo ridere.

Pesci Piccoli: la recensione
Pesci Piccoli: la recensione – Credits: Prime Video

L’ambizione di restare piccoli

Si potrebbe dire che Pesci Piccoli sia una serie che vola basso per non rischiare di bruciarsi. Scrivere sei episodi da 30min non significa appiccicare insieme una collezione di gag collaudate opportunamente allungate. I The Jackal lo sanno bene. È per questo che cercano un filo conduttore a cui attaccare i punti di forza e i vari personaggi del loro pantheon creativo. Un paziente e riuscito lavoro di cucito che li inserisce come fili preziosi all’interno di una trama ben delineata. Il risultato è una storia che, pur nella sua brevità, consente ai protagonisti di compiere un percorso alla fine del quale non si può dire che nulla è cambiato.

Eppure, questo cambiamento necessario non intaccherà lo spirito che anima la piccola agenzia di marketing in cui la storia ha luogo. Anzi, è proprio questo il senso di quel Pesci Piccoli che da il titolo alla serie. Aurora, Fru, Ciro, Fabio sono agli antipodi rispetto all’Edward Bloom immaginato da Tim Burton. Il protagonista di Big Fish cercava di evadere dal suo piccolo stagno perché solo in un mare immenso poteva diventare più grande. Al contrario, la serie sposa la filosofia contraria. Non c’è niente di male ad essere pesci piccoli. Non c’è alcuna necessità di crescere se quel che conta è restare insieme. L’importante non è dove si nuota, ma con chi. Ed allora anche un piccolo stagno può diventare più grande di un oceano illimitato.

Pesci Piccoli mette in discussione il concetto di ambizione inteso come mantra motivazionale. Perché in vetta non c’è spazio per tutti e raggiungerla significherebbe giocoforza lasciarsi indietro troppi affetti. Meglio allora legarsi alle piccole abitudini sciocche, alle tradizioni inventate, alle imperfezioni che rendono unica ogni persona, ai traguardi minimi che si possono tagliare restando abbracciati. Un elogio dell’amicizia senza se e senza ma.

Così preziosa da rendere restare piccoli l’ambizione più grande che si possa avere.

Pesci Piccoli: la recensione
Pesci Piccoli: la recensione – Credits: Prime Video

Una serie da bere in un sol sorso

Sei episodi da trenta minuti l’uno fanno un totale di circa tre ore. Quanto basta per rendere Pesci Piccoli la serie ideale per un binge watch immediato. A ciò spinge anche il ritmo incalzante della messa in scena e la dissetante freschezza delle situazioni comiche. Prime Video fa centro dando ai The Jackal le chiavi dell’auto lasciando che la serie sia guidata dall’esperienza del team creativo (in scena e dietro la camera) che ha garantito un successo pluriennale al gruppo napoletano.

Pur rimanendo una serie sostanzialmente corale, è immediato notare una cesura netta tra le due coppie Ciro – Fru e Aurora – Fabio. I primi due sono essenzialmente gli stessi che siamo abituati a vedere nei video sui social che da anni sono la specialità del gruppo. La loro vitalità li fa risaltare anche se la serie li relega in verità al ruolo di personaggi a latere il cui contributo allo sviluppo della trama portante è dopotutto marginale.

Diverso è il caso di Aurora e Fabio che sono gli unici che recitano una parte nuova invece che riproporre ciò che già abbiamo visto e rivisto. Indubbiamente, quei tratti peculiari che ne sono il marchio distintivo emergono nel carattere dei loro personaggi. Eppure, è a loro che viene affidato il compito di portare avanti la storia. Con Aurora impegnata in una inedita love – story e Fabio a fare da guida alla new entry Greta rendendosi profeta di quel restare piccoli di cui dicevamo poco sopra.

Pesci Piccoli è fedele al suo sottotitolo: una serie povera il cui unico budget sono le idee dei suoi autori. Se questi ultimi sono i The Jackal, allora il budget è davvero altissimo.

Pesci Piccoli: la recensione

Giudizio Complessivo

Una serie divertente per elogiare l'ambizione di restare pesci piccoli pur di continuare a nuotare tutti insieme

User Rating: 4.4 ( 1 votes)

Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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