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Per Amor Vostro – la recensione, Venezia 72

Siamo agli ultimi film, agli sgoccioli della mostra, ma un po’ anche dell’energia di tutti i partecipanti, pubblico e non, l’adrenalina sta diminuendo… e anche la pazienza! Tra i film presentati quest’oggi spicca l’ultimo rombo di tuono italiano, Giuseppe Gaudino, in concorso con il suo Per Amor Vostro, l’ultima opportunità, l’ultima speranza azzurra….

…A quanto pare però si è spenta giorni fa, con il freddo vento che ha fatto tanto svolazzare i bei vestiti delle star sul Red Carpet. E c’è chi, nel dover commentare, non sa più che pesci pigliare: forse era quello il messaggio del lavoro di Elisabetta Sgarbi Il pesce rosso dov’è? proiettato nella nuova area “Il Cinema nel giardino”.Per amor vostro di Beppe Gaudino

Bando ai paragoni sarcastici, gli applausi dei fieri, patriottici sostenitori del rinascente cinema italiano devono fare i conti con la perplessità di spettatori che si aspettavano qualcosa di più. Insomma, se l’obiettivo era quello di ricreare un senso di incubo, di angoscia interiore, Gaudino ci sarà anche riuscito, ma in fin dei conti poteva tenerselo anche per sé. Non vi è nulla di straordinario nella storia di Per Amor Vostro, nulla di più naturale dell’amore materno di una brava Valeria Golino che destreggiandosi con il dialetto napoletano interpreta Anna, protagonista di quest’epopea psicodrammatica, in cui realtà e visioni si intrecciano in un rapporto promiscuo e perturbante. Sì, perturbante nella misura in cui quello che si vede sul grande schermo è terribilmente familiare: conflitti accesi tra genitori, figli turbolenti, incompresi o con dei problemi, la lotta per la sopravvivenza e per la ricerca di una vita decente, amici pressanti cui si vorrebbe dare l’aiuto che così insistentemente chiedono quando non si hanno i messi per farlo. I nervi di Anna non reggono in quella Napoli in bianco e nero, perché non è più in grado di vederne i colori, né le gioie della vita, né l’amore, non sente più nulla di tutto questo. Vive in un mondo di sole angosce e paure, di grigio e ombre, di minacce e insulti.Per amor vostro di Beppe Gaudino

Non sa come uscirne. Non sappiamo nemmeno noi come uscire da quell’impazzita messa in quadro, della quale si può dire tutto tranne che sia banale, fatto che tuttavia non la rende sufficientemente gradevole. Lo sguardo viene trascinato in un labirinto visivo in cui macchina a mano ed effetti speciali grotteschi non fanno altro che stordirlo. Di tanto in tanto c’è un crescendo di tensione (minima), che si perde tuttavia subito dopo nella squallida realtà in cui si muovono i personaggi come Anna, che annaspa dal suo malfamato quartiere al posto di lavoro, dove un avvenente attoruncolo (Adriano Giannini) comincia a corteggiarla. Lei non fa altro che scrivere le battute su dei grossi fogli, che regge per agevolare gli scadenti interpreti durante delle riprese: e in effetti Anna non riesce mai ad agire realmente, è costantemente in trappola, non riesce a prendere veramente parola, ma asseconda tutti, dalle persone sul set al manesco e delinquente marito. Non ha il controllo su nulla, persino il grande mare che può vedere dalla sua finestra in tutta la sua maestosità si trasforma in una minaccia, in un incubo ricorrente, persecutore, terrorizzante, che invade il suo mondo, come l’autobus che prende regolarmente.

Quest’atmosfera da incubo non svanisce mai, al punto da diventare monotona e noiosa.Per amor vostro di Beppe Gaudino Si spera che accada qualcosa per smuovere quella situazione da cui nemmeno la vittima principale riesce ad uscire: ma non arriva, o meglio, l’epifania del coraggio arriva tardi. Non siamo ai livelli irraggiungibili de L’Attesa, per quelli ci vuole molto più impegno e pienezza di sé, ma anche qui non si scherza. Non si comprende dove Gaudino voglia arrivare, per quanto tempo ancora voglia condividere con noi le angosce, le inquietanti visioni, le paranoie di Anna, e d’altra parte mi chiedo perché l’abbia voluto fare.

Per carità, la fattura è originale, personale, audace, ma durante la visione di Per Amor Vostro anche la bella poltrona della Sala Grande diventa scomoda e claustrofobica, o alla peggio soporifera. Non mi sento di stroncarlo come altri film in concorso, qui un minimo di “fattore x” c’è, ma stenta a palesarsi, infastidendo gli occhi arrossati del pubblico, che tante belle cose ha visto, ma altrettanto ha dovuto sopportare.

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