
Pecore in erba: la recensione
Un insolito film è apparso nelle sale, presentato alla 72° mostra del cinema di Venezia nella sperimentale sezione “Orizzonti” e porta la firma di Alberto Caviglia: Pecore in erba. Titolo apparentemente nonsense per una storia che di senso o verosimiglianza ha ben poco, ma che non passa inosservata per via della tagliente satira protratta lungo tutta la durata del film.
Serietà e satira si coniugano molto bene in questi film stile La mafia uccide solo d’estate: in quest’altro caso di bio-docu-film, se ci concedete il termine, divengono il mezzo più opportuno per affrontare un argomento delicato al limite del tabù quale è l’antisemitismo. La natura innata ed inspiegabile di tale sentimento è il cuore propulsore di questa spassosa pellicola, che non fa riferimento a quelle spiegazioni storico-culturali che possono aver dato luogo ad una presa di posizione così devastante, ma che si concentra invece sulla vita di un ragazzo romano: Leonardo Zuliani. Fin da piccolo si dimostra un ragazzo in gamba, come testimoniano i vari personaggi invitati a rilasciare un commento o la propria opinione su di lui, affiatato, energico e pieno di iniziative, ma che vanno tutte in un’unica direzione: l’odio verso il popolo ebraico. Come in una barzelletta da umorismo nero protratta per un’ora e mezza, veniamo resi partecipi di ogni fase della crescita di questo curioso soggetto per porta con sé la sua insolita ed oscura passione per tutta la vita, in ogni aspetto della sua esistenza, fatta di fortuna dall’andamento intermittente, conoscenze che vanno e che vengono, successi e ricadute.
La serietà del tema si ripercuote nella sua paradossale gestione complessiva, in quanto il film si configura a tutti gli effetti come un approfondimento del telegiornale. Troviamo così la voce over asettica che accompagna lo spettatore attraverso la vita assurda di un soggetto altrettanto fuori dal comune, interventi di personaggi famosi nel mondo dello spettacolo italiano e più o meno veri specialisti. Peculiare e un po’ bizzarro resta il fatto che il vero protagonista non intervenga mai direttamente, se non in video fintamente verosimili che lo ritraggono nelle sue plurime attività o fotografie che fungono da “testimonianze”.
In un continuo gioco con l’assurdo e l’improbabile, il personaggio di Leonardo prende forma, dimostrandosi incredibilmente versatile e voglioso di promuovere quel suo innato sentimento antisemita su cui esperti e psichiatri si interrogano in cerca di una spiegazione, che esprime nelle più diverse forme, dal fumetto sul compagno di classe al circolo ricreativo per eliminare gli ebrei dalla bibbia, dal boicottare gli striscioni degli stadi alla stesura di un vero e proprio libro.
Benché abbia più l’aria di un reportage che di un film, quanto meno è in grado di divertire e di scherzare su temi scottanti ed infelici. Sempre meglio di altri registi italiani ampollosi e saccenti, che tanto pensano di comunicare quando invece fanno libero sfoggio del loro beato squallore. Per lo meno, mettiamola sul ridicolo e facciamoci ‘na risata!