
Parenthood, The Big Bang Theory e Bones: l’autismo nelle serie televisive
Quando il creatore di Parenthood, Jason Katims ha creato il personaggio di Max Braverman, caratterizzandolo come un bambino e ora ragazzo, intelligente, imperscrutabile, ossessionato dagli insetti e affetto dalla sindrome di Asperger – aveva in mente il proprio figlio, Sawyer, al quale è stata diagnosticata la malattia.
Parenthood ha destato interesse sin dall’inizio per aver scelto di parlare di questa malattia, ancora poco conosciuta, in modo molto realistico senza drammatizzare troppo le vicende.
In America molte famiglie che hanno una persona cara affetta da una sindrome dello spettro autistico guardano la serie con molta attenzione.
Uno su ottantotto bambini americani ha un Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), secondo i Centri statunitensi per il Controllo delle Malattie, l’ASD è una malattia infantile neurologica più comune che in alcuni casi provoca grave disabilità.
E’ chiaro che alcune delle sfide affrontate dalla popolazione autistica hanno catturato l’immaginazione degli sceneggiatori televisivi, che scrivono sempre più spesso di personaggi eccentrici la cui peculiarità sembrerebbe allinearsi con caratteristiche tipiche della sindrome de disturbo autistico in shows tra cui The Big Bang Theory e Bones.
Questi personaggi non sono diagnosticati come autistici, ma sono intelligenti e appassionati di certi argomenti, molto rigidi e con molti problemi a instaurare rapporti umani, confusi dal sarcasmo dai modi di dire o di altre cose non dette, tipiche dell’interazione sociale che sono naturalmente colti dalla maggior parte delle persone – tratti che sono incredibilmente familiari per alcune persone che sono affetti dalla sindrome e da coloro che li circondano.
Ma se questi shows stanno contribuendo ad accrescere la comprensione di un disturbo neurologico ancora in gran parte avvolta nel mistero, ci si dovrebbe chiedere: lo stanno facendo bene? E cosa ne pensano le persone con disturbi dello spettro autistico o persone vicine a loro di queste rappresentazioni?
Ma ha anche sentito un pesante senso di responsabilità. ‘Quando abbiamo iniziato, ho davvero avuto un sacco di preoccupazione circa la nostra capacità di raccontare la storia con precisione’, ha detto. ‘Ero un po’ sopraffatto dalla sfida, volevo che fosse una rappresentazione realistica’.
Un modo per fare questo è stato senza dubbio grazie all’esperienza diretta di Katims che ha condiviso i dettagli della sua vita con i suoi sceneggiatori. Lo show si avvale anche del comportamentista psicologo Wayne Tashjian, che lavora con il cast dello show e la crew per garantire la precisione della narrazione.
Tom Hibben, 30 anni, paramedico da Oklahoma City, si stava ancora riprendendo dalla diagnosi di suo figlio con la sindrome di Asperger, quando lui e sua moglie si ritrovarono a guardare il pilota di Parenthood nel 2010.
Hibben e sua moglie si scambiarono un’occhiata storditi. Erano inizialmente un po’ spaventati da quello che stavano guardando, ma hanno continuato a guardare lo show. Ormai, a volte lo guardano anche con il loro figlio (ora nove anni), che s’identifica molto con Max, soprattutto nella reazione perplessa quando ha saputo che aveva Asperger.
Hibben, nel frattempo, si è trovato molto vicino all’ansia provata da Adam e Kristina quando Max – galvanizzato dall’ingiustizia sulla rimozione di un distributore automatico – ha deciso di correre per presidente studentesco. I Bravermans erano bloccati, volevano sostenerlo, ma non volevano vederlo mortificato e preso in giro.
La storia culminata in un discorso molto sentito di Max, dove spiega cosa lo rende diverso, con conseguente elezione .
Karen Wesley ha guardato quella scena tra le lacrime. Madre di tre figli, due dei quali affetti da disturbi dello spettro autistico. Il figlio più grande ha di recente scritto un saggio sulle sue lotte che si riferiscono alla sua malattia.
‘Oh mio Dio, io ero in lacrime perché il discorso di [Max] è stato molto simile a quello che mio figlio ha fatto‘, ha detto Wesley, che scrive della sua vita a confessionsofanaspergersmom.blogspot.com.
Sheldon, di The Big Bang Theory, come Bones, è genio, un fisico di fama considerevole e un’enciclopedia vivente, che esaurisce i suoi amici con infinite curiosità. Ma lui detesta anche il contatto fisico, si attacca in modo religioso alla routine, non permette a nessuno di sedersi al suo posto sul divano, e tratta le convenzioni sociali come un puzzle complesso che non riesce a risolvere.
Ma, come in Bones, The Big Bang Theory non ha mai affrontato direttamente le idiosincrasie di Sheldon. Il co-creatore dello show, Bill Prady, ha detto che ha scelto di non diagnosticare il disturbo dello spettro autistico a Sheldon, perché sarebbe stato troppo per quello che la serie è, in fondo solo una sitcom.
Wesley ama The Big Bang Theory. I suoi figli traggono forza nel vedere personaggi che hanno qualche somiglianza con loro in TV. Ma lei sostiene che sarebbe utile che i produttori almeno accennassero alla possibilità di una diagnosi per Sheldon.
‘Diagnosticare il suo personaggio ora sarebbe come farsi beffe dell’Asperger / autismo’, ha scritto in un’e-mail. ‘Anche se mi piace lo spettacolo, sarei offesa se Sheldon avesse lo scopo di descrivere con precisione una persona affetta da sindrome di Asperger’.
Il Dott. James Bebko, professore e ricercatore dell’autismo con il dipartimento York University di psicologia, è altrettanto scettico che Sheldon mostri qualcosa di più che una somiglianza superficiale a qualcuno che effettivamente ha la sindrome di Asperger.
‘ Se una persona è eccentrica, è non è conforme alla società, così come la conosciamo – deve essere fatta una diagnosi in qualche modo, ‘ ha detto.
‘Parte della dinamica di quello che sta succedendo è che [gli spettatori] con vari disturbi o sfide stanno anche cercando di normalizzare la loro esperienza o l’esperienza dei loro figli, quindi sono alla ricerca di esempi di questo tipo di comportamento, di personalità riconosciute o nei media. ‘
Bebko dice che è facile capire perché: Sheldon e Bones sono professionisti di grande successo e, quindi, esempi ottimistici per i giovani con disturbi dello spettro autistico’.
Ma le loro vite non sono realistiche per la maggior parte delle persone con diverse forme di autismo. Infatti, un recente studio pubblicato da Pediatrics ha rilevato che uno su tre giovani adulti con autismo non ha avuto esperienze di lavoro retribuito, sette anni dopo aver terminato la scuola superiore o la laurea – una rappresentazione meno positiva di quella mostrata dalla tv.
Il Dr. James Bebko pensa che la TV dia un contributo positivo per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la malattia, ma egli avverte che c’è il pericolo che gli spettatori si formino impressioni fittizie.
‘Quello che è importante è che essi comprendano che si tratta d’intrattenimento’, ha concluso.