
Outcast: Kyle torna a Rome deciso ad affrontare i suoi demoni, recensione episodio 2.01
Giusto il tempo di liberarsi dell’impegno di The Walking Dead e subito Robert Kirkman riparte con Outcast, la sua seconda creatura tratta da un fumetto. Tornano le inquadrature storte, torna la luce azzurra che pervade ogni scena, torna la natura lussureggiante e sullo sfondo, Rome, una cittadina in apparenza ridente. Tornano le possessioni e la minaccia di una non lontana apocalisse (fusione?).
Ci eravamo lasciati alla fine della prima stagione con tante domande e ben poche risposte. Nulla di certo avevamo capito sui posseduti e sull’origine delle entità che trovavano casa nei loro corpi. Nulla di chiaro sulla loro natura buona o malvagia. Ben poco sulle origini di Kyle (e sua figlia) e sul suo essere un faro per queste entità, uno di loro ma allo stesso tempo un reietto. Ed è allo stesso modo che si apre questa nuova stagione, senza regalarci nulla di certo, senza riuscire a gettare luce su quanto stia davvero accadendo. Rimaniamo privi di un qualsiasi bussola, proprio come i protagonisti.
Avevamo visto Kyle che partiva da Rome in un tentativo di fuga con la figlia Amber, per ritrovarsi subito circondato dai posseduti, apparsi in massa come a volergli sbarrare la strada. Sapevamo che non sarebbe stato così facile lasciarci alle spalle Rome poiché la cittadina aveva ancora tanto da dire e così non ci sorprende vedere padre e figlia ritornare proprio al punto di partenza. Per ritrovare personaggi che abbiamo imparato a conoscere ma che restanoo impantanati senza riuscire a muoversi e a capire quale direzione prendere.
Se c’è una cosa che è cambiata è l’intenzione del nostro protagonista. Avendo capito che la fuga non è un’opzione valida, Kyle sembra determinato ad affrontare la situazione di petto, a cercare di capire finalmente perchè tutto questo gli stia accadendo. Il suo pensiero va subito a Sidney, colui che era in possesso di molte risposte, ma reticente dall’offrirle. Ma Sidney se n’è andato lasciando indietro solo lo scheletro della sua casa, bruciata al suolo dal Reverendo Anderson. Sidney è svanito, portandosi dietro Kat Ogden che abbandona un marito derelitto, incapace di accettare il tradimento di quella entità che aveva imparato a chiamare moglie.
Da lui Kyle ottiene solo un nome, quello del padre del piccolo Joshua, che è stato così fortunato da ritrovarsi un’intera famiglia di posseduti. A quanto pare, non solo per Kyle è sempre Natale! Così che anche quello che era sembrato un piccolo successo per i nostri si trasforma nell’ennesima sconfitta.
Le scene di suspance e azione sono ottime come sempre, su questo non c’è da lamentarsi, ma tutta l’indagare di Kyle si conclude ancora una volta con un nulla di fatto. Con la disarmante certezza che se lui non agisce nelle poche ore che seguono l’arrivo dell’entità, tutto il suo potere è totalmente inutile.
Insomma, questa premiere, per quanto interessante da un punto di vista tecnico – bella la fotografia, alcune scelte registiche interessanti, convincenti le interpretazioni e un opening davvero da brividi – al posto di fare un passo avanti ne compie uno indietro e lascia lo spettatore un po’ spaesato. Se il potere del reverendo Anderson è nullo e se quello di Kyle può davvero poco (forse Amber può fare di più?) che mossa rimane da compiere ai nostri eroi? E ancora peggio, se ancora non abbiamo idea se queste entità siano buone o malvagie e se sia Kyle a portarle con sé, come possiamo orientarci in una direzione o in un’altra? Outcast necessita di un punto fermo, una certezza dalla quale partire e muovere i suoi passi, altrimenti il fascino di un simile disorientamento si esaurirà presto.
In più il Reverendo, sempre più alla deriva, si dichiara colpevole di omicidio (e a meno che quello bruciato non fosse già un cadavere la vedo dura per lui) facendosi incarcerare e tallonandosi ancora più da Kyle e da una possibile missione insieme.
Nell’episodio c’è anche spazio per aggiungere qualche nuovo elemento. Se da una parte quasi speravo che potessimo liberarci dell’aspetto religioso di questa storia (ho un po’ l’atteggiamento di Kyle su questa parte della trama), sembra che Kirkman voglia rafforzarlo portando in scena una nuova congregazione con un gruppo di credenti piuttosto appassionati. Sorprende anche trovare Hoon Lee (Mr Robot e Banshee) nella parte di un medico della clinica dove è ricoverata la madre di Kyle, come a suggerire che questa parte della trama avrà una certa rilevanza. E la donna seduta al tavolino della tavola calda ad inizio episodio? Sicuramente anche lei avrà molto da dire in futuro, forse proprio sulla natura di Kyle.
Insomma, una premiere che sa emozionare e spaventare, ma che lascia gli spettatori con pochi riferimenti precisi, senza ancora delineare quello che sarà il percorso di questa seconda stagione.
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