
Outcast: Recensione dell’episodio 1.06 – From the Shadows It Watches
Zerocalcare (al secolo Michele Rech) non è solo uno dei più interessanti e divertenti fumettisti italiani degli ultimi anni, ma anche un vorace appassionato di cinema e serie tv che recensisce a modo suo appena possibile. Tra le sue illustri vittime figura anche The Walking Dead, serie tanto amata per il suo essere popolata dagli irrinunciabili zombie quanto vituperata per il suo segreto a tutti noto e da nessuno rivelato: in Walking Dead non succede un c…o (Zerocalcare dixit). Commento volutamente iconoclasta quello dell’autore romano, ma che non cade troppo lontano da una seppur limitata verità. Che c’entrano Zerocalcare e The Walking Dead con Outcast? Molto, perché entrambe le serie sono opera di Robert Kirkman. E moltissimo perché, mai come per questo episodio, si può dire che in Outcast non succede un c…o.
Sulle pagine virtuali di questo sito si è spesso difeso la serie dalle accuse di eccessiva lentezza dal momento che un ritmo compassato non è necessariamente un difetto capitale. Pur non volendo fare un elogio della lentezza, è innegabile che un ritmo accelerato è una qualità cara che spesso si paga con la moneta della frettolosità finendo per far succedere cose senza che si sia avuto il tempo di conoscere i protagonisti e caratterizzarli adeguatamente. Non è certo questo il rischio di Outcast che ha speso i primi episodi a descrivere fin nei minimi dettagli la personalità dei suoi personaggi prendendosi tutto il tempo per far diventare lo spettatore quasi un amico di lunga data di Kyle e Megan, del reverendo Anderson e della sua amante in pectore Patricia, dello sceriffo Giles e del suo vice Mark. Ma, come recita un abusato proverbio, il troppo stroppia. Arrivati al sesto episodio su dieci, sarebbe anche il momento di smetterla di parlarci di quanto potenziale ha una serie che annovera così tanto interessanti personaggi e una storia ricca di interrogativi e mostrare come questa potenza divenga atto. Scollinata la prima metà di stagione, ci si sarebbe aspettati l’inizio lento ma deciso di una rapida discesa che avviasse la storia verso un significativo sviluppo. E invece niente. Anzi, al contrario, restiamo ancora a baloccarci con i personaggi e i loro tormenti interiori lasciando solo qualche sporadico accenno a quella che dovrebbe essere la trama orizzontale. Momenti che risultato sicuramente interessanti e che stuzzicano il palato curioso dell’affamato spettatore. Ma che assommano in tutto a meno di una decina di minuti sui quarantacinque totali dell’episodio. Troppo poco per non avere la forte tentazione di lasciare l’incarico ormai faticoso di difensore d’ufficio di un accusato magari non colpevole ma che sicuramente non fa niente per convincere l’esigente giuria della propria innocenza. Anzi.
E tuttavia qualcosa di positivo Outcast riesce sempre a metterlo in scena guadagnandosi quei convinti applausi che sono il motivo unico per cui ogni settimana ci si riesce a dimenticare della talvolta irritante staticità della serie concedendo invece massima fiducia al nuovo episodio. Merito di Philip Glenister che ancora una volta riesce a dare spessore e profondità al suo personaggio. Colpito dalla amara rivelazione che molti dei suoi precedenti successi sono stati solo vane illusioni, il reverendo Anderson si trova ad affrontare l’ennesimo caso di possessione demoniaca decidendo di affrontarlo da solo. L’impressionante catasta di videocassette che si accumulano nervosamente ai suoi piedi mentre compulsivamente rivede scene di esorcismi passati vorrebbero essere iniezioni di fiducia che rafforzino la sua forsennata speranza che non tutto sia stato inutile, che è ancora lui e non Kyle ad avere il potere di scacciare il male, che la missione esclusiva a cui ha sacrificato tutto non sia stata una inutile perdita di tempo. Certezze su cui aveva fondato la sua quotidianità, ma che crollano inesorabili di fronte ai casi di Mildred e Stacy. È per questo che lo schivo reverendo decide infine di aprirsi con una supplice Patricia (la cui relazione a dir poco problematica col figlio lascia immaginare un passato di relazioni sbagliate) accettando di coinvolgerla nel suo disperato tentativo. Troppo solo è rimasto il reverendo per rischiare ancora che l’illusione del successo gli faccia rinunciare a una delle poche opportunità che potrebbero restargli. Sarà, però, proprio Patricia a chiamare Kyle costringendo il reverendo a riconoscere l’indiscutibile superiorità del reietto e ad accettare il ruolo subalterno di chi può ancora essere in prima linea a combattere il male ma limitandosi ad obbedire invece che comandare.
Domande che mantengono alto l’interesse, ma che annegano nella monotonia di una stasi ripetitiva e nella ricomparsa di trame secondarie (il redivivo stupratore di Megan e l’indagine della polizia sul camper bruciato nei boschi) che non riescono ad appassionare per lo scarso minutaggio. Difetti presenti fin dai primi episodi, ma che stavolta prendono il netto sopravvento sulle note positive portando il bilancio finale verso un innegabile rosso. Non ci resta che sperare che gli autori si decidano a rendere più semplice il lavoro agli avvocati difensori di Outcast.
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Visitor Rating: 2 Stars
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Mi spiace non poterti dare ragione questa volta, Winny. 😛 Io l’ho trovato un altro solido episodio. E’ vero che come dici forse sarebbe arrivato il momento di gettare un grosso indizio per chiarire un poco la situazione… ma i personaggi mi piacciono molto e così le loro storie e come si stanno sviluppando. Immagino che dal prossimo episodio Kyle e il reverendo si metteranno seriamente all’opera. Staremo a vedere.
questa puntata mi ha portato ad altre domande,quindi mantiene vivo l’interesse,come dici tu winny,e non è questo che conta? è inutile girarci intorno,quello che disturba sempre è la lentezza,e io consiglio di non cominciarle proprio certe serie improntate sulla”lentezza”. hannibal docet.
su the walking dead ci possono stare le critiche(a volte),ma qui è tutto diverso e i paragoni non sussistono….off topic certo la critica”non succede un ca…” da un prodotto come twd è fine a se stessa,la trama è quella dalla prima stagione,e ste critiche sterili lo hanno rotto,il caz..o. sorry winny non ce l’ho con te 😉 le tue recensioni sono sempre impeccabili.
veramente anche in hannibal certe svolte procedevano e si protraevano per diversi episodi,per questo l’ho citato…. per scoprire il dottore ci hanno messo due stagioni,per dire. forse era un arricchimento i casi di ogni puntata che ti distraevano abbastanza….o l’icona hannibal lecter di per sè. in ogni caso,per me,stanno svolgendo tutto come dev’essere,già che mi portano a fare altre domande non è cosi’ statico come sembra(il simbolo sarà davvero demoniaco?o saranno una specie di alieni?la questione camper non è secondaria,sarà un rito come una rottura di un sigillo?domande non da poco) forse,al momento,lo scopo primario è sta fusione,e quindi devono arrivarci piano….ps:potevi citare qualcun altro xD kisssss