
Orphan Black: Recensione dell’episodio 4.04 – From Instinct to Rational Control
Data le innumerevoli possibilità di scelta che il vasto panorama seriale televisivo offre oggi agli spettatori, è diventato molto facile – quasi un obbligo per chi è abituato a divorare ore e ore di visione per diletto o per lavoro – disinnamorarsi di una serie in un tempo relativamente più breve di quello impiegato a fare il contrario. I legami che inevitabilmente si creano tra chi guarda e chi agisce (l’attore, per intenderci) vanno mano a mano a diventare sempre più flebili e mancanti di senso. E così ci si ritrova più a continuare la visione di uno show per inerzia, e per quel pizzico di amor che è rimasto, che per vero interesse.
Orphan Black è una creatura a più teste, che vive ormai – e questo è il mio parere personale – solo sulle spalle di chi a quelle 22 teste ha dato volto e voce. Se fosse per il resto il sipario si sarebbe già chiuso da un bel po’.
Arrivata al quarto episodio di questa stagione, i cui sintomi di claudicanza erano già ben visibili dal primo episodio, la serie prova a dare un senso all’introduzione del nuovo clone, MK, mettendo un attimo da parte i flashback su Beth ma non la storyline che ha riportato in pista i Neoluzionisti.
Perché MK si nascondesse, quali fossero i suoi piani e soprattutto quale fosse il suo paese di origine ci viene mostrato in una repentinità a cui eravamo abituati nelle altre stagioni di Orphan Black ma che avevamo quasi dimenticato in questa, visto che in verità non molto è accaduto dal primo episodio. MK è effettivamente solo una scusa per raccontarci un po’ di più di Helsinki, l’“incidente” promosso dalla Dyad in cui persero la vita sei cloni. MK, all’anagrafe Veera Suominen, è l’unica sopravvissuta. Da quel momento ha cercato in tutti i modi di dare un volto al responsabile delle morte della sua migliore amica, Niki. Ferdinand Chevalier, figlio bastardo di un conte, ex militare, mercenario assetato di sangue e potere. Lo ha fatto utilizzando le sue capacità informatiche e manipolando le persone – e tra queste non possiamo che mettere anche Beth. Ma arrivare al suo scopo, ritrovarsi con Ferdinand seduto a quella sedia a cui ha legato una bomba e poi andar via senza vedere compiuto il suo piano di vendetta, io sinceramente non riesco a capirlo. Possiamo considerare la sua storyline conclusa?
Se rivedremo o meno MK non lo so e tantomeno mi interessa. Perché c’è così tanto da raccontare ancora in Orphan Black che la sua introduzione può essere stata sì interessante, ma ha in certo senso complicato ancora di più le cose. Il filo che ci conducesse ai Neoluzionisti lo avevamo già, si chiama Susan Duncan e per ora l’abbiamo vista muoversi solo tra le pareti del covo segreto in cui tiene nascoste sua figlia Rachel e Charlotte Bowles.
Il resto dell’episodio si muove tra le altre sorelle, ognuna con la propria storyline che sembra continuare a girare su un punto morto. Cosima continua ad indagare sullo strano verme che i Neoluzionisti impiantano nella guancia delle loro vittime e che anche il defunto Leekie aveva nella sua. Alison e il succube maritino iniziano ad indagare, con l’aiuto del fratello prodigo Felix, sulle attività sospette di una clinica di fertilità. Helena (quanto ci manca la vecchia Helena!) decide di lasciare il nido, non prima di seppellire i suoi embrioni gelosamente custoditi nella bombola dell’elio.
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