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Orgoglio e Pregiudizio e Zombie: Recensione film con Lily James

Titolo originale: Pride and Prejudice and Zombies

Anno: 2016 

Durata: 108′

Regia: Burr Steers

Cast: Lily James, Sam Riley, Bella Heathcote, Jack Huston, Matt Smith

Si va a vedere certi film senza aspettarsi niente, e se ne esce pieni di meraviglia: possibile che il peggio superi comunque sempre l’immaginazione? Io personalmente sono molto appassionato sia di Pride and Prejudice che di zombie, e pensavo che avrei visto, se non un capolavoro di arguzia dissacrante, almeno una simpatica parodia. Mi sono invece trovato di fronte una compagine sgangherata, di cui non sono riuscito a capire né lo spirito né la tendenza, nonostante i miei sforzi: perché (per chi) si fanno film del genere? Gli zombie, come si sa, sono ormai una specie di allegoria passepartout, e con gli zombie si può condire qualsiasi pietanza. Soprattutto se la pietanza è un classico dei classici come il capolavoro di Jane Austen, che ogni occidentale scolarizzato conosce o di prima mano o per averlo visto almeno una volta trasposto sullo schermo. Ma la riscrittura della storia in chiave zombie, con le sorelle Bennet trasformate in guerriere shaolin e gli spazi della gentry rurale in un territorio assediato dai non-morti, non ha né un filo logico, né un nucleo fantastico unitario: si tratta di una serie di abbassamenti farseschi dell’ipotesto che non si sintetizzano in un progetto, e vivono dell’ilarità suscitata da singole situazioni più o meno paradossali.

Anche gli spunti originali potenzialmente più produttivi vengono appena accennati, e non riescono a farsi nucleo portante dell’insieme. Un esempio: gli zombie sono, almeno da Dawn of the Dead (G. Romero, 1978), figura antonomastica del proletariato, alienato dallo sfruttamento capitalistico e dal consumismo compulsivo. L’incombere degli zombie su un mondo di ville e palazzi come Rosings o Pemberley potrebbe dunque alludere all’assedio stretto dai diseredati, che si accalcano sempre più numerosi sul pianeta, intorno a élite sempre più deboli e sparute. Il film suggerisce in effetti, con l’innovazione centrale della trama, proprio una lettura del genere: il cattivo tenente Wickham (che simpatizza per gli zombie e che alla fine si rivela uno di loro) cerca invano di intavolare trattative per far cessare il conflitto tra vivi e morti. I vivi aristocratici rifiutano con sprezzo la proposta di accordi, e nel doppio matrimonio Darcy e Bingley la vicenda sembra avviarsi verso il topico “e vissero felici e contenti”. Tranne che proprio a questo punto, a titoli di coda già avviati, l’orda dei non morti si presenta in massa, lasciando presagire un esito apocalittico e definitivo. Peccato che questa idea, che avrebbe potuto dare un senso alla parodia, sia enunciata frettolosamente verso la fine, e senza alcuno sviluppo.

Per tutto il resto del film, la logica della vicenda è sempre e solo quella delle trovate ad effetto che rovesciano, ridicolizzandolo, il modello romanzesco. Ripeto: ben venga la parodia, purché sottile e ben fatta. Qui però sembra che gli standard siano dettati dai peggiori film per adolescenti, sorretti dalla sola aggressività iconoclastica per tutto ciò che è classico, obbligatorio o rispettabile. Verrebbe da dire che la zombificazione di Pride and Prejudice rispecchi un bisogno cruciale per chi cresce oggi: fare sberleffi alla tradizione alta in quanto tale, per le grandi aspettative che i suoi sistemi di valori hanno sempre avallato e per i miseri (miserabili) risultati cui quelle pretese hanno condotto. Ma forse lo sberleffo è uno sberleffo autoironico, rivolto alla nostra stessa imbarazzante passione per il mondo di Pride and Prejudice (cioè per il mondo di Downton Abbey…), un mondo elitario e sussiegoso che ci dà gusto imbrattare dalla nostra posizione irrimediabilmente confitta nella melma.

Tuttavia il film non è interamente da buttare; oltre agli attori (splendidi e tragicamente overqualified) alcuni momenti isolati meritano almeno una menzione: la vestizione delle sorelle Bennet per la festa, ad esempio, con asce e pugnali assicurati in mezzo a trine e giarrettiere; o la dichiarazione di Darcy a Elisabeth, trasformata in un ironico, aggressivo, erotico corpo a corpo.

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