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Orecchie: La recensione del film di Alessandro Aronadio a Venezia 73

‘E’ morto il tuo amico Luigi. P.S. Mi sono presa la macchina’

Come reagireste al trovare sul frigo, appena svegli, un biglietto che recita questa frase? Sconforto, stupore, confusione? Come vi comportereste, poi, alla fatidica quanto singolare rivelazione per cui nessuno dei vostri amici si chiama, effettivamente, Luigi?

E’ questa la premessa e l’input della pellicola di Alessandro Aronadio, che porta sul grande schermo il film Orecchie grazie al supporto della Biennale College e alla fiducia della Mostra nella sua visione monocromatica del mondo.

Una passeggiata nella tranquilla follia di Roma

orecchieLa storia si snoda nella città di Roma, qui presentata senza la tipica policromia della sua quotidiana sfrontatezza, ma colorata di nero e bianco e grigio. E’ nelle sue vie che si avventura il protagonista, svegliato da un’insolita coppia di suore e poi portato a spasso dal caso, che lo catapulta ora al pronto soccorso, ora alla casa del suo vecchio professore dell’università.

Unico punto fisso del suo interminabile vagare è questo: un sordo fischio alle orecchie che proprio non vuole saperne di smettere.

Mentre il protagonista (Daniele Parisi, al suo esordio sul grande schermo) cerca di trovare un nesso, logico o semplicemente evidente, tra le diverse disavventure che condizionano la sua giornata, la consapevolezza che in realtà il suo vagare abbia una meta comincia man mano a farsi largo dentro di lui.

Non è forse vero che tutto ha uno scopo? Non è forse vero che in tutto c’è una morale?

Un’inquadratura insolita per un gruppo eterogeneo di ‘insoliti’ ignoti

orecchieA guidare il suo percorso di coscienza, nonché la lunga passeggiata che lo porta a scoprire angoli remoti di Roma, sono: due dottori al quanto bizzarri e anticonvenzionali, una fidanzata sicura delle sue insicurezze, un amico dalla dubbia morale, una madre che non vede l’ora di rivendicare la propria gioventù, un professore venduto alla droga dei videogiochi, un prete schietto e una direttrice di giornale asservita alle mode della contemporaneità.

Un gruppo simpatico, bizzarro, divertente in modo quasi macabro quello che accompagna il personaggio di Parisi nel suo viaggio, un flusso di coscienza per le strade di Roma Un eterogeneo gruppo di ‘insoliti’ ignoti, tutti perfetti ma tutti imperfetti e, come tali, indimenticabili.

La tragicità comica non è frutto di situazioni ma maggiormente di dialoghi e di silenzi. Si cerca di toccare con leggerezza temi infinitamente grandi, come lo stesso Aronadio non manca di sottolineare.

Una (non) morale soddisfacente

orecchieNel viaggiare insieme alla coscienza del protagonista non si può fare a meno di calarsi, almeno un pochino, nei suoi panni e con lui scoprire, minuto dopo minuto, la stranezza e la peculiarità di un grand tour cittadino tutt’altro che richiesto.

Orecchie segue una di quelle giornate che ti cambiano la vita, anche se non te ne rendi conto se non al termine del viaggio. Si parla di tematiche e sistemi differenti ma senza perdere nemmeno per un’istante di vista la finalità, il termine ultimo. Qual è, domanderete voi? La consapevolezza.

Il protagonista, proprio come i personaggi che ha il coraggio (e un po’ di disavventura) di toccare durante il proprio cammino, prende coscienza della serie di sfortunati eventi che gli sono capitati e ne ricava un utile per se e per il proprio benestare. Anche se può risultare stupido o incomprensibile all’esterno, lui sceglie di gridare a gran voce di avere un pensiero e recitare quale esso sia.

Un film alquanto peculiare e di certo indimenticabile che a Venezia ha il suo trampolino da lancio ma di cui torneremo di certo a parlare in futuro.

Katia Kutsenko

Cavaliere della Corte di Netflix e Disney+, campionessa di binge-watching da weekend, è la Paladina di Telefilm Central, protettrice di Period Drama e Fantasy. Forgiata dal fuoco della MCU, sogna ancora un remake come si deve di Relic Hunter.

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