
Non uccidere è troppo internazionale per il pubblico italiano? Recensione seconda stagione
La serie crime di Rai Fiction Non Uccidere è volta al termine e dovremo aspettare l’autunno per conoscere il destino di Valeria Ferro. La seconda stagione della serie di Corbucci, trapiantata prima su Rai Play e poi su Rai 2 ha dovuto affrontare delle sfide complesse in termini di cast, a causa dell’abbandono di Monica Guerritore e in ambito di durata degli episodi ridotta a 50 minuti. Nonostante questo il risultato finale non cambia, anzi migliora e la serie si conferma ancora una volta come il prodotto televisivo più originale del panorama italiano.
UN RACCONTO CORALE DEL MALE
Sfidare lo spettatore medio italiano è quello che la tv pubblica dovrebbe imparare a fare più frequentemente e Non Uccidere ne è un esempio brillante. Numerose scelte di sceneggiatura rendono questa seconda stagione diversa, imprevedibile e originale e non lasciano spazio alla linearità a cui lo spettatore italiano è abituato. Cominciando dalla scelta di dedicare un intero episodio al passato di Valeria e alla vicende che hanno portato alla morte di suo “padre”, continuando con la dipendenza da antidepressivi che si risolve abbastanza velocemente invece di trascinarsi senza una meta, e finendo con il ridimensionamento del personaggio di Lombardi fin troppo presente nella stagione scorsa.
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La vera sfida al telespettatore risiede però nelle storie dei singoli episodi che, seppur risentendo della breve durata, risultano molto più cattive e dure della passata stagione. Riuscire a trattare temi come la pedofilia, la violenza sulle donne, la fede, le malattie incurabili dei bambini e la competizione malata, in modo originale e mai ovvio è complesso. Non Uccidere e i suoi sceneggiatori riescono a non far pendere mai la trama dalla parte dei buoni, ma lasciando sempre il tempo ai colpevoli di spiegare se stessi, di essere compresi. A questo si aggiunge che ogni personaggio dei casi di episodio è sempre in qualche modo responsabile e colpevole di una parte della vicenda e l’omicidio non è mai colpa di un singolo ma un atto corale. Non Uccidere sceglie trame complesse, con protagonisti che si sovrappongono, rischiando di ubriacare a volte lo spettatore tra i troppi volti da ricordare e la ricerca del colpevole, ma la sua forza risiede in questo, nel dare una sensazione finale di colpevolezza diffusa.
SIAMO DAVVERO PRONTI A NON UCCIDERE?
Probabilmente alcuni episodi sono riusciti meglio di altri, ad esempio quello del bambino trovato morto nella risaia ghiacciata e quello ambientato nel monastero; inoltre, tutto sembra far pensare che dietro la morte dei genitori di Valeria ci sia la mano di un’associazione mafiosa e questo non si pone a favore dell’originalità della serie; infine il personaggio della neo ritrovata sorella non convince e sembra una presenza fin troppo forzata. Il caso con cui si conclude l’episodio finale, sebbene voglia riprendere il tema del palcoscenico e del sipario che sta per calare, non riesce a coinvolgere emotivamente quanto il finale della scorsa stagione. Ma nonostante questi difetti Non Uccidere con questa seconda stagione continua a crescere, a creare storie sempre più internazionali, lasciando da parte il sentimentalismo facile, l’happy ending, il buonismo, le carinerie tipiche della serialità italiana e colpendo invece forte allo stomaco di chi guarda. Lo spettatore italiano è pronto a raccogliere una sfida simile? Oppure necessita ancora della televisione come rifugio sicuro in cui nascondersi? Non Uccidere è forse troppo lontana da quello che il pubblico di una rete generalista vuole vedere?
Indubbiamente, nonostante quest’anno la Rai abbia fatto enormi passi avanti nel settore seriale, l’aspetto “nostalgia” e la dicotomia bene-male permangono tra i temi principali delle storie raccontate. In questo panorama Non Uccidere brilla come una lucciola nelle notti di luglio che potete scegliere se rincorrere, lasciando che vi faccia perdere la strada, oppure potete agguantare e mettere sotto il bicchiere o infine potete non notare affatto. Sta a voi raccogliere la sfida lanciata da Corbucci e da Rai Fiction e provare a confrontarvi con una serie emozionante, intrigante, originale e cupa.
Good Luck!
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