
Non essere cattivo: la recensione del film postumo di Claudio Caligari
Pezzi di vita difficile. Stralci di uomini che cercano di adattarsi a un ambiente impervio e disagiato; è la fenomenologia del quartiere degradato e dei suoi abitanti il cuore di Non essere cattivo film di Claudio Caligari che rappresenterà il cinema italiano agli Oscar 2016.
Siamo a Ostia, metà anni 90, Cesare e Vittorio sono amici per la pelle, fratelli in tutto ma non di sangue, vivono di espedienti come i loro coetanei nella borgata di Ostia con alle spalle storie di vita difficile, senza un progetto per il futuro, anche la criminalità di cui si servono è fine a se stessa, utile solo ad avere il sostentamento giornaliero.
Caligari racconta una storia cruda e realistica servendosi di due attori eccellenti e talmente in parte da far perdere alla narrazione quella patina di fiction e trasformandolo quasi in un docufilm, brilla Luca Marinelli quasi irriconoscibile nel ruolo di Cesare, ragazzo con alle spalle una storia che l’ha segnato irrimediabilmente e che non gli permette di cambiare vita, cosa in cui invece riesce Vittorio.
Buona parte del film è dedicata all’uso smodato delle droghe nei quali i nostri protagonisti si perdono, per dimenticare le miserie della vita, non sono festini di coca di giovani rampanti ma l’oblio di disperati che non hanno speranza.
Quest’aspetto è ben sottolineato e Caligari insiste sul mostrare questa distruzione mentale e fisica di Cesare e Vittorio; sarà proprio in una di queste sere a base di acidi che Vittorio deciderà di voltare definitivamente pagina. Tutti gli sforzi per fare in modo che anche Cesare lo segua, però saranno vani.
Non uccidere è un film vero che non cerca mai di abbellire la realtà e che racconta senza patinature la vita dell’hinterland romano, con una regia ispirata che trasforma il film nel testamento professionale di Caligari; il regista, infatti, è venuto a mancare proprio prima che il film vedesse la luce.
Un racconto struggente e appassionato ambientato nella periferia di Roma ma che potrebbe benissimo essere raccontato in qualsiasi periferia di confine di qualsiasi regione italiana o Europea ed è uno, questo, il grande pregio del film.
Presentato fuori concorso alla 72°, mostra del cinema di Venezia rappresenterà negli Stati Uniti il cinema italiano e lo farà in modo eccellente, un altro pregio del film, nel caso in cui ne avessi elencati pochi, è di mostrare proprio come un racconto di uno spaccato di vita possa essere più forte di sceneggiature arzigogolate o al contrario troppo minimaliste. L’uso del dialetto romano condisce il tutto di verità, e questa sarebbe l’occasione per ricordare al cinema italiano più fricchettone che pretende di pulire le dizioni degli attori rendendoli asettici e a-regionali che quanto più la patina di finzione viene assottigliata tanto più il film può dirsi riuscito e Non Uccidere è sicuramente un film molto riuscito.
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