
Narcos: la vera storia di Jorge Salcedo
Uno dei personaggi più intriganti della terza stagione di Narcos è stato sicuramente Jorge Salcedo. Un uomo sempre un passo avanti agli altri e pronto a fare qualsiasi cosa per il suo bene e quello della sua famiglia. Ma quanto della sua storia raccontata nella serie corrisponde alla realtà?
Il vero Jorge Salcedo, l’uomo che realmente era a capo della sicurezza del cartello di Cali e che fu essenziale poi nell’abbattere quello stesso cartello, oggi vive negli Stati Uniti inserito nel programma protezione testimoni. Ha collaborato con Eric Newman, showrunner della serie, nelle vesti di consulente. Entertainment Weekly lo ha intervistato (grazie alla collaborazione di Netflix) per chiedergli un commento su quanto la sua storia fosse stata romanzata:
‘Nelle linee generali la storia è la stessa. Però, hanno presentato alcune cose come se le avessi fatte io, quando in realtà o ne ero a conoscenza ma non ne ero l’esecutore materiale oppure ero nei paraggi mentre succedevano. Ma capisco che certe cose in televisione vanno fatte in un certo modo.’ ha spiegato Jorge Salcedo.
Invece altre cose sono andate proprio come descritto in Narcos. La scena terribile nel primo episodio dove Pacho uccide Salazar letteralmente strappandogli il corpo con le motociclette non è lontana dalla realtà: ‘Non ero lì quando è successo, ma conosco persone che c’erano e che mi hanno raccontato che è andata più o meno così. Non erano delle motociclette Harley, ma delle Land Cruisers’.
Ad un certo punto, Jorge Salcedo viene invitato in un ranch per un incontro con Miguel. Invece, ad aspettarlo ci sono delle esecuzioni. Anche questo si avvicina alla realtà: ‘Ero andato lì perché dovevo incontrare Miguel. Mi avevano detto di arrivare per primo per controllare che la strada restasse libera, e così ho fatto. Subito sono arrivate macchine che portavano persone contro la loro volontà. Una volta dentro ho sentito delle grida, dei colpi. Non mi sono mosso da lì, il mio lavoro era quello di controllare l’esterno. Ma mi sono sempre chiesto perché mi avessero chiesto di essere lì in quel momento. Forse era un test’.
E quando Miguel stava per ucciderlo con un sacchetto di plastica perché iniziava a sospettare di lui? In quel caso, Salcedo racconta che: ‘Stava per succedere una cosa del genere. Iniziarono a escludermi da alcuni meeting e così capii che non si fidavano di me. Quando provarono ad arrestare Miguel per la prima volta, fui io a trovare un modo per farlo scappare, ma chiamò solo in un secondo momento, quando la polizia aveva già circondato l’edificio. Grazie a questa cosa, mi salvai’.
‘E non ho mai ucciso Navegante. Non so chi l’abbia fatto, forse la DEA, ma in quei giorni io ero nascosto in un bunker con i miei familiari. Avevo un intero arsenale di armi e granate per difendermi da sgradite sorprese e non mi sarei mai fatto trovare in una strada come quella.’
‘Anche la mia relazione con il figlio di Miguel non è stata semplice. Lo incontravo spesso ai meeting e alcune volte si lamentava con me del fatto che il padre lo caricasse di troppo lavoro. Gli suggerii di lasciar stare quella vita. Quando poi Miguel disse che lui sarebbe stato il suo successore e si sarebbe occupato di tutto, divenne un nemico per me. Era imprevedibile, perché doveva dimostrare a tutti, me compreso, di poter occupare quel trono’.
Salcedo ha raccontato anche di non aver mai avuto l’opportunità di uscire dal cartello. Neanche di non volerci entrare, se per questo. La scena nel primo episodio dove Miguel, in uno stanzino, invita Jorge a restare come capo della sicurezza è identica alla volta -reale- in cui Jorge entrò ufficialmente nel cartello. Si ritrovò in una stanza con i capi, e gli dissero di fare un certo lavoro: ammazzare Pablo Escobar. ‘Non mi chiesero se mi andava, se mi piacesse il piano o cose del genere. Solo: questo è il piano, non hai opzioni. E a quel tempo Escobar era un demone. Quello che ha fatto rende l’Isis un branco di boy scout. Dopo la sua morte, neppure mi lasciarono andare. Mi misero a capo della sicurezza: dovevo prevenire ogni attentato alla vita dei fratelli Rodriguez. Non volevano proprio capire che dovevano solo tirarsi fuori da quella storia’.
E oggi chi è Jorge Salcedo? ‘Ho più di sessant’anni e sono nel programma protezione testimoni da 22 anni. Ho lasciato indietro il mio vecchio nome, e col nuovo lavoro come ingegnere ma non è stato per niente semplice ricominciare. Non sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma sono orgoglioso di aver aiutato nella cattura di Miguel e nell’aver abbattuto il cartello. E con lui, l’intero sistema governativo. La cosa bella del lavorare nell’intelligence è questa: quando fai delle cose così grandiose, non puoi dirlo a nessuno’.