
Mustang – la recensione, Roma FF10
Voliamo in un paesino della Turchia con Mustang di Deniz Gamze Ergüven, un’attrice e regista franco-turca che si presenta in concorso nella sezione “Alice nella Città”. Siamo lontani dalla multietnica e caotica metropoli di Istanbul, in un villaggio di poche case. Più tranquillo l’ambiente circostante, ma lo stesso non si può dire di ciò che accade in una di quelle dimore, abitata da una famiglia composta da nonna, zio e cinque sorelle rimaste orfane da tempo, ragazze tutte carine con i capelli lunghi, la cui vita cambierà radicalmente all’indomani di un innocuo episodio.
Fine della scuola, inizia l’estate, fa caldo e il sole splende nel cielo della Turchia. Ragazze e ragazzi appena usciti dalle aule vogliono rinfrescarsi in riva al mare, tuffandosi pudicamente in acqua tutti rigorosamente vestiti. Si divertono con giochi da spiaggia, tuffi, schizzi e lotte a buttarsi in acqua, li uni sulle spalle degli altri. E perché non rubare qualche mela dal vicino per una fugace merenda? Anche se il vecchio fa d’improvviso capolino brandendo un fucile e minacciando i presenti c’è aria di spensieratezza e gioia, la consueta calma prima della tempesta. Le ragazze tornano a casa in preda a rumorose risate, quand’ecco che in cima alla scala compare la nonna, silenziosa, temibile. E’ l’inizio della tempesta. E se la vecchia è severa, lo zio è ancora peggio, aggressivo, potenzialmente violento, ossessionato dalla fissazione che le ragazze devono essere tenute in casa, che devono essere obbedienti e consenzienti in ogni aspetto della vita, pur se si tratta di segregazione in casa.
Per fortuna quel gruppetto di piccole donne che ricordano tanto da vicino le protagoniste de Il giardino delle vergini suicide della Coppola, hanno il loro microcosmo privato in cui poter farsi forza e riuscire a divertirsi con nulla, se non con la fantasia. Nonostante siano di età diverse tutte sono accomunate da un generale spirito di libertà, non di ribellione vera e propria, ma di semplice desiderio di poter godere delle gioie che l’infanzia e l’adolescenza offrono. Sono unite, complici nelle loro piccole fughe domestiche, scoperte e denunciate alle vigile nonna da quelle cornacchie di donne che si aggirano con il capo coperto attorno a casa, sbucando dal nulla manco fossero funghi. Ben presto però la punizione e la segregazione si trasforma a tutti gli effetti in una prigionia, dalle quali le ragazze hanno modo di uscire solo attraverso il matrimonio combinato. A chi ha conosciuto qualcuno di interessante attraverso incontri trasgressivi va bene, ad altre no. E le cose non danno alcun segno di miglioramento.
Il racconto in voce over viene concesso dal punto di vista della più piccola della banda, Lale, che fin da subito cerca una via di fuga, un modo per andare lontano, per andare via di lì. Dove? “Ad Istanbul!” risponde sempre lei, ingenua, noncurante del fatto che la città si trova a giorni di distanza a piedi! Per fortuna, a dar loro una mano c’è un ragazzo sconosciuto, guidatore di un camioncino, che senza pretese verrà loro incontro, anch’egli inconsapevole del dramma familiare che si sta consumando.
Si tratta di un film su una violenza familiare, oppressiva e bigotta, misogina e medievale che tanto contrasta con la delicata spensieratezza delle ragazzine, che nulla chiedono se non quello di vivere. Come logicamente accade, in questo folle e maniacale intento protettivo viene causato l’esatto contrario, tanto che le loro esistenze rimarranno segnate, danneggiate per sempre. E’ interessante e triste pensare che possono succedere cose del genere in un paese che spinge per entrare in Europa, che si trova poco lontano da noi, e ancor più terribile è pensare che possa esistere una mentalità del genere. Per carità, Sophia Coppola e prima di lei Jeffrey Eugenides ci spiegano che episodi simili possono verificarsi anche nel “mondo occidentale”, ma questo non giustifica o solleva alcun animo. La storia è abbastanza coinvolgente e le riprese ben pensate, ad eccezione del finale in cui sembrano perdersi un po’. Sicuramente è un film vedibile, godibile, apprezzabile, non di spicco, ma che sicuramente ha la sua profondità e drammaticità.
Visitor Rating: 2 Stars
Visitor Rating: 4 Stars
Visitor Rating: 5 Stars