
Mr. Robot: Recensione dell’episodio 2.08 – eps2.6_succ3ss0r.p12
Questa settimana Mr. Robot presenta un episodio molto più standard dei due precedenti, con una narrazione che scorre agevole per un’oretta senza turbare la mente dello spettatore tra distorsione della realtà o sotterfugi psicologici vari. La stretta di mano tra Elliot e Mr. Robot e tra Elliot e lo spettatore può aspettare: tutto è messo in pausa per dare spazio alle tre figure femminili della serie e ad alcuni comprimari la cui conoscenza non è stata sgradevole da approfondire.
Il titolo dell’episodio potrebbe riferirsi a Darlene come ideale successore di Elliot a capo della rivoluzione. Ora che le carte sono state abbassate sulla tavola, abbiamo visto (dopo averlo capito) che il personaggio di Rami Malek, assente eccellente questa settimana, si trova proprio in prigione. Questa è la versione happy. Perché se vogliamo leggere “success or” invece che “successor“, allora ci ritroveremo con uno spazio vuoto da compilare con un qualcosa di simile a “fallimento” oppure “morte”, che è un po’ il clima generale che aleggia nel Team Rivoluzione all’indomani della scoperta che l’FBI (e mica solo loro) è già sulle tracce di ognuno di loro.
Darlene probabilmente in un solo episodio “cresce” maggiormente che negli ultimi otto. La sua storia è una storia di vendetta e di rivalsa contro una società che le ha avvelenato una parte della sua vita. La sua dimenticanza riguardo le email che informavano tutti che l’avvocatessa Madame Executioner aveva un peacemaker, ricorda molto un lapsus freudiano o più semplicemente una bugia. È palese che sia disposta a tutto pur di vincere la sua guerra, anche ad uccidere. Perciò non bisogna scandalizzarsi più di tanto se di fronte al pericolo imminente capisca che c’è bisogno di eliminare il “nemico” ammazzandolo, proprio come se si stessero cancellando dei file da un computer. Certo, la vediamo anche cedere per quello che ha fatto, per un attimo concedendosi il lusso di un abbraccio con una persona che, subito dopo, diventa il traditore della situazione. Per la seconda volta in una trentina di minuti, Darlene deve prendere una decisione che comporta nuovamente la discesa in una parte della propria anima che finora non era mai emersa. Non si è certo trasformata in una Susan/Madame Executioner, ma di certo le si è avvicinata. Pragmatica e inesorabile: così si rivela Darlene messa alle corde. E così ce la aspettavamo, ora che il pericolo intorno a lei e al suo team è sempre più vicino.
Dall’altra parte, Angela è invece ad un punto di rottura: per un attimo, nel bar, ho temuto che possa davvero ad un certo punto passare dalla parte dei cattivi. Sembrava quasi orgogliosa di potersi innalzare dalla massa: è diventata una collaboratrice importante di Elliot e Darlene, eppure quei corsi di autostima potrebbero portarla ad una arroganza fatale. A differenza dei fratelli, Angela non ci ha ancora convinto della sua totale fedeltà alla causa rivoluzionaria. Mobley, per dirne una, non ha fatto altro che essere paranoico e pessimista riguardo alle possibilità di essere scoperti/uscirne vivi: eppure di fronte a una Dom DiPierro che finora non ha sbagliato una congettura non vacilla più e, da freddo genio della tastiera, conquista il massimo risultato possibile nella sua situazione. Non ce lo saremmo aspettati, proprio come non ci aspetteremmo vedere una Angela “traditrice”.
Insieme a Mobley viene dato più spazio anche a Trenton, due personaggi che nel complesso ci piacerebbe rivedere ed approfondire. C’è da considerare che per dare minutaggio a loro vorrebbe dire anche equilibrare il tempo tra puntate introspettive e quelle più narrative, come quest’ultima, ma ciò comporterebbe la snaturazione della serie, che invece funziona a meraviglia così com’è. E dunque gustiamoci la narrazione che Mr. Robot di volta in volta ci offre, piuttosto che innervosirsi perchè Rami Malek e il suo Elliot non sono apparsi.
Un appunto finale sulle scene-karaoke: funzionano a meraviglia. Dopo Max Riemelt in Sense8 e Justin Theroux in Leftovers, anche Portia Doubleday ci regala una scena che nel suo piccolo è un gioiellino.
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