Lo si è ripetuto così tante volte su queste pagine che scriverlo ancora è quasi un peccato di sciatteria. Eppure, come non ripetere che la seconda stagione di una serie TV che ha avuto un inatteso successo di critica è sempre la più difficile da scrivere? E come non dirlo di nuovo per Mr Mercedesche di questa situazione è un caso da manuale? E quindi lo diremo ancora facendo finta di non averlo detto perché tale premessa è indispensabile per concludere che, seppure con qualche difficoltà facilmente pronosticabile, gli autori ce l’hanno fatta ancora. Perché la seconda stagione di Mr Mercedes guadagna una promozione pienamente meritata anche se con voti più bassi.
Non poter fare a meno di Brady
La prima stagione di Mr Mercedes è vissuta della sfida tra Bill e Brady traendo forza dall’atipico rapporto tra due avversari che hanno bisogno entrambi del proprio nemico per sentirsi vivi e non lasciarsi sprofondare in abissi di diversa depressione. Ma i colpi inferti da Holly nel season finale di un anno fa avevano mandato lo spietato killer in coma costringendo, quindi, la seconda stagione ad affrontare il fatale problema di come continuare senza uno dei due protagonisti. Fortuna ha voluto che sia lo stesso Stephen King (autore della trilogia di omonima) a dare la risposta introducendo nel racconto un elemento sovrannaturale che viene mascherato con una motivazione para – scientifica che vuole indorare una pillola che si sa già quanto sia amara.
E si tratta di una pillola bella grossa, perché vedere Brady controllare le menti deboli di chi gli sta troppo accanto andandosene così a spasso per continuare i suoi macabri giochi nonostante sia immobilizzato nel letto potrebbe quasi essere un salto dello squalo per una serie che aveva puntato tutto sul realismo della sfida tra un detective e un killer. Eppure, questa decisione era dopotutto inevitabile poiché offre agli autori l’appiglio per non far apparire i sospetti di Bill i deliri folli di chi soffre di stress post traumatico senza volerlo ammettere.
Mr Mercedes deve, quindi, introdurre un corpo estraneo alla serie cercando di amalgamarlo con lo stile immutato di una narrazione che continua a voler parlare più dei suoi personaggi che di una caccia all’uomo appassionante ma dopotutto poco originale. Se una tanto difficile operazione riesce tanto bene che lentamente si finisce quasi per dimenticare il grosso debito pagato alla sospensione della credulità, è tuttavia altrettanto vero che la moneta necessaria è l’introduzione di una storyline parallela (con il dottor Babineau e la moglie) che finisce nel nulla di fatto mostrandosi infine per quello che era ossia solo un deus ex machina per non fare a meno di Brady.
Perché alla fine Mr Mercedes era e non può non essere Bill e Brady.
Il limbo in cui Brady si trova riflette fisicamente l’analoga situazione in cui si vengono a trovare gli altri protagonisti di Mr Mercedes. Perché è questo di cui parla, in realtà, questa seconda stagione: la difficoltà del dopo. Può bastare uno stato di coma profondo durato quasi un anno a dire che è finita? Che il caso è chiuso e si può passare ad altro? O tutto il resto che è avvenuto da quel momento è stato solo un modo di passare il tempo nell’attesa che tutto ricominci di nuovo? Che Brady ricompaia (in qualche forma) e ci sia bisogno ancora di Bill per fermarlo? E di Holly e Jerome per essere complici del bene?
Perché la verità che solo con estrema difficoltà Bill accetterà infine di riconoscere è che il tempo è passato e tante cose sono cambiate all’esterno, ma di passi avanti dentro di sé non è davvero riuscito a farne molti. La sua ossessione apparente per Brady, il suo restargli accanto quando entrambi sono ricoverati quasi come se fosse un amico fidato, il suo tornare ripetutamente a trovarlo sfidando divieti e proteste, la sua immediata accettazione di ciò che sembrava impossibile sono tutti segnali evidenti di quanto il detective ripresosi dall’apatia e dalla depressione in cui versava prima del guanto di sfida di Mr Mercedes abbia paura. Di ritornare quel che era stato. Perdere quel ruolo quasi paterno che ha acquisito nei confronti di una Holly maturata e di un Jerome in difficoltà. Di rinunciare al rapporto giocoso e inimitabile con Ida. Di non poter provare a recuperare la storia con la ex moglie Donna forse introdotta troppo ex abrupto.
Mr Mercedes diventa allora non più la storia di una sfida presente, ma il ritratto dell’impossibilità di andare avanti. Una serie che conferma il suo essere un crime atipico perché continua a battere su tasti che non sono quelli abusati da prodotti di questo genere. Una melodia che parla di chi ha guardato nell’abisso, è riuscito a non caderci, a divincolarsi da chi voleva trascinarlo nel profondo, ma è rimasto ancora là a guardare la botola chiusa del pozzo pensando che si sarebbe riaperta e che da lì non poteva andar via finché non fosse certo di averla sigillata per sempre. Che sia Bill e il suo bisogno di Brady o Lou e il suo terrore di essere ancora viva senza la certezza di averlo meritato.
Evolvere il tema della serie per poter dare nuova vita alla seconda stagione è l’arma vincente con cui gli autori guadagnano una nuova promozione.
Dare a Cesare quel che è di Cesare significa essere onesti e non tralasciare nulla. E quindi consegnare a Mr Mercedes un attestato di promozione richiede però anche di non tacere dei difetti che inaspettatamente si sono palesati in questa seconda stagione. Accettata, infatti, come una ineluttabile necessità l’elemento soprannaturale dei poteri psichici di Brady, restano comunque delle pecche legate alla difficoltà palesate nel gestire vecchi e nuovi personaggi.
Se la maturazione di Holly è tratteggiata in maniera delicata mostrandone al tempo stesso le fragilità irrisolte, non altrettanto bene è affrontata l’evoluzione di Jerome le cui difficoltà ad Harvard vengono presentate ma mai discusse. Il discorso sul suo contrastato rapporto tra i desiderata di un padre orgoglioso e le insicurezze di chi si scopre non ancora pronto viene abbozzato, ma lasciato poi in sospeso per essere infine dimenticato del tutto. Simile problema si riscontra anche con Lou a cui poteva essere dedicata una maggiore attenzione, mentre le sue apparizioni sembrano quasi vignette messe lì per ricordare che c’è ancora e prepararla al ruolo fondamentale che avrà nel finale. Troppo poco spazio dato a quella corte dei miracoli che aveva fatto di Mr Mercedes una serie che sapeva essere felicemente corale pur concentrandosi su un duello a due.
Difetti che costringono ad abbassare il voto globale senza inficiare un giudizio che resta comunque complessivamente positivo. Sperando che l’intelligenza degli autori sia tale da far loro capire che una terza stagione sarebbe non un premio, ma una punizione perché il viaggio di Mr Mercedes è ormai finito. Ed è stato un bel viaggio da ricordare a lungo mentre si va avanti.
Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !