
Moonlight: recensione del film di Barry Jenkins, RomaFF11
Titolo: Moonlight
Genere: Drammatico
Anno: 2016
Sceneggiatura: Barry Jenkis (basata sull’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney)
Regia: Barry Jenkis
Cast: Trevante Rhodes, André Holland, Janelle Monáe, Naomie Harris, Mahershala Ali Ashton Sanders, Jharrel Jerome
Moonlight di Barry Jenkins è la pellicola che ha aperto ufficialmente l’undicesima edizione della Festa del cinema di Roma, un film di cui il direttore artistico Antonio Monda aveva parlato in modo molto accorato e entusiasta, durante la conferenza di presentazione della festa. Dopo averlo visto ho capito perché è l’asso del festival.
Moonlight narra la storia Chiron nel corso di due decadi. Una vita difficile, condizionata fortemente dall’ambiente svantaggiato, un ghetto di Miami, in cui la droga e lo spaccio sembra siano le due risposte ai problemi esistenziali ed economici. La narrazione è suddivisa in tre capitoli: infanzia, giovinezza, età adulta, ricalcando le suddivisioni dei romanzi di formazione, questa segmentazione però è resa fortemente fluida e seducente dalla scrittura dei personaggi. Dialoghi ridotti all’osso, tutto viene comunicato dalla fotografia e dalla forte espressività degli attori coinvolti. Riprese lunghe e fisse, comunicano intimamente allo spettatore le sensazioni, anche sfumate, dei protagonisti.
Chiron lotta per trovare un posto nel mondo e mentre attraversa un’adolescenza -già per definizione dura – travagliata a causa del bullismo cui è soggetto, scopre l’amore; con estrema delicatezza e poesia, vediamo come Chiron s’innamora inconsapevolmente di Kevin. L’amico che quando era Little – piccolo e diverso- lo proteggeva spingendolo a reagire alle angherie che gli veniva riservate.
Sarà Black, soprannome del quale si è appropriato per definirsi nell’età adulta, a trovare il suo posto nel mondo.
L’esperienza del riformatorio, trasforma Chiron in un uomo ancora più silenzioso, fisicamente forte fuori, ma ancora molto debole dentro, sarà la telefonata di Kevin, dopo dieci anni di silenzio, a riportare a galla dei nodi non risolti di Chiron.
Definire Moonlight un film coming of age, sarebbe riduttivo e ingiusto, perchè se è vero che questo è il cammino di un uomo nell’accettazione della propria omosessualità, inizialmente sconosciuta, poi rifiutata, celata e infine vissuta, non è solo questo. Moonlight è un mosaico di personaggi vivi, intensi che colpiscono al cuore lo spettatore con poche battute.


Il primo capitolo si apre, infatti, con l’introduzione di Juan, uno dei personaggi più memorabili del film che segneranno profondamente la vita di Chiron e ne definiranno le tappe del lungo e doloroso cammino personale.
Moonlight è senza dubbio un film coraggioso che sono certa cambierà la vita di tante persone così come accadde con Brokeback Mountain; il paragone non è causale perché la cultura afro-americana, così come quella texana, è fortemente radicata nell’immagine dell’uomo rude, virile, fortemente maschile; essere afroamericani e gay è una sfida doppia. Così come lo era all’inizio del 2006 essere cowboy gay.
C’è però molto di più del coraggio, c’è l’originalità della sceneggiatura, della regia e della fotografia, così vivida e poco artificiosa, c’è una recitazione compassata ed emozionante; tutti e tre gli attori che interpretano Chiron nelle tre fasi della vita sono tutti allo stesso modo, eccezionali. Spicca, forse anche per la giovane età, Alex R. Hibbert. Le scene che lo riguardano, i suoi silenzi, la sua paura, quando chiede il significato di faggot a Juan, sono veramente struggenti ed emozionanti. La società, infatti, ha etichettato, in questo caso in modo dispregiativo, Chiron. Ha scelto prima di lui.
Barry Jenkins, al suo secondo lungometraggio, ci regala un film poetico e una lunga meditazione sull’identità, sull’amore e sulla famiglia; quella in cui nasciamo e quella che ci scegliamo. La violenza, che fa parte della vita, è ben dosata con l’amore. L’amore e la connessione che Chiron instaura con Juan, Teresa e Kevin, rappresentano la speranza e regalano allo spettatore una sensazione finale di sollievo.
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