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Chernobyl, Good Omens, Unbelievable: le miniserie tv sono la nuova passione del 2019

Non sono state certo inventate adesso, ma è innegabile che il 2019 sia stato l’anno delle miniserie tv. Non tanto perché la lista dei titoli iscritti in questa particolare categoria sia particolarmente lunga (ed anzi i numeri sono stabili lungo tutto gli anni 10 del nuovo millennio). Quanto piuttosto perché la qualità è stata talmente alta che sono proprio questi particolari prodotti televisivi a prendersi i primi posti nelle top del 2019. Oltre ad una serie di nomination e premi agli Emmy e ai Golden Globe.

Va anche detto in tutta onestà che non è banale tracciare un confine netto tra serie tv e miniserie. Cosa fa di una serie tv una miniserie? Il numero limitato di episodi? Se si, dove porre il confine? Oppure il raccontare una storia conclusiva che non avrà un seguito? E se poi, invece, il successo convince i produttori a inventarsi una seconda stagione? Data la difficoltà di trovare risposte univoche, imparzialmente faremo la cosa più scontata: affidarsi a Wikipedia. E scegliere quelle che consideriamo le più importanti di questo 2019 tra quelle elencate nella pagina corrispondente.

Minsierie tv 2019: Chernobyl
Minsierie tv 2019: Chernobyl – Credits: HBO

Chernobyl

Si fa davvero fatica a non essere precipitoso e rispondere di getto Chernobyl alla domanda su quale sia la migliore serie del 2019. Pensandoci con calma, comunque, non è che diminuisca la probabilità che la risposta resti invariata e sia ancora Chernobyl. Scritta meravigliosamente da Craig Mazin per HBO e Sky e interpretata magistralmente da Jared Harris, Stellan Skarsgard ed Emily Watson, Chernobyl racconta in cinque puntate la purtroppo famosa tragedia dell’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare sita a Prypiat nel 1986. Ma la serie non è solo un accurato lavoro di documentazione e ricostruzione attento ai minimi dettagli. Soprattutto è la storia di chi quella tragedia ha vissuto in prima persona senza sapere neanche a cosa stava andando incontro.

La storia dei pompieri che furono mandati a spegnere quello che gli era stato detto fosse un banale incendio quando invece quel fumo era la morte che viaggiava libera nell’aria. Degli abitanti di una piccola cittadina anonima che restarono a guardare quelle fiamme lontane perché nessuno ebbe il coraggio di avvertirli che stavano respirando la loro fine. Dei soldati mandati a morire senza protezioni né mezzi adeguati perché la grande Unione Sovietica non poteva abbassarsi a chiedere aiuto. Delle verità che furono taciute perché la ragion di stato era più importante della vita stessa.

Chernobyl è anche un memento mori diretto a chi oggi si permette di dubitare della scienza e di non ascoltarne i moniti derubricandoli a bugie manipolate da chissà quali lobby oscure. Una serie che mostra la catastrofe a cui porta non saper riconoscere gli errori e volerli nascondere invece che correggerli. La serie migliore del 2019? Forse, ma certamente quella col messaggio più importante.

Miniserie tv 2019: When They See Us
Miniserie tv 2019: When They See Us – Credits: Netflix

When They See Us

Fa riferimento ad un fatto realmente accaduto anche When They See Us, miniserie in quattro puntate prodotta da Netflix e diretta da Ava Duvernay. Il caso degli Harlem Five (Anton McCray, Kevin Richardson, Yusef Salaam, Raymond Santana Jr, Korey Wise) ingiustamente condannati per lo stupro e il tentato omicidio della ventottenne Trisha Meilli avvenuto a Central Park il 19 Aprile 1986. La fretta di chiudere il caso spinse la polizia a costringere i cinque ragazzi appena quattordicenni (tranne Korey Wise che ne aveva sedici) a firmare confessioni false estorte con la forza e l’inganno. Innocenti accusati per il solo fatto di essere neri in una America che ancora faceva i conti con i pregiudizi razzisti delle forze dell’ordine americane. E che ancora oggi fa i conti con lo stesso problema mai risolto.

When They See Us è una serie il cui titolo spiega icasticamente i motivi che portarono a quello che fin dall’inizio apparve come una ingiustizia. Perché fu subito chiaro quello che la comunità afroamericana già sapeva allora come sa ancora oggi. Che per la polizia la verità perde ogni importanza quando vedono dei ragazzi di colore. Quanto è accaduto nel 1986 è allora solo un esempio famoso di quello che avviene ogni giorno. E i cinque possono paradossalmente dirsi fortunati perché hanno infine avuto quella giustizia che è negata alle vittime di quel pregiudizio duro a morire.

La serie racconta molto bene questa verità, ma fa anche di più. Mostra non solo quanto è successo, ma anche come le famiglie possano essere distrutte da quella ingiustizia. Le vite spezzate di chi sta pagando da innocente. I tentativi difficili di ricominciare dopo essere stati marchiati ingiustamente di infamia. La riabilitazione che infine premia chi ha saputo resistere. Una serie diretta in maniera impeccabile ed interpretata fantasticamente da un cast dove eccelle Jharrel Jerome, vincitore dell’Emmy come migliore attore.

Miniserie tv 2019: Unbelievable
Miniserie tv 2019: Unbelievable – Credits: Netflix

Unbelievable

Spesso ciò che fa di una serie tv qualcosa più di un modo divertente di passare il tempo è il significato immanente della storia più che il suo svolgersi apparente. Accade questo per Unbelievable che riesce a comunicare i diversi modi in cui il dolore cambia la vita di una vittima di stupro. Ispirata a fatti realmente accaduti, la serie distribuita da Netflix racconta la storia di Marie, un’adolescente accusata di mentire sulla violenza sessuale subita e convinta a confessare di essersi inventata tutto. Saranno poi due investigatrici che lavorano su casi diversi a scoprire ed arrestare uno stupratore seriale responsabile anche della violenza su Marie.

Creata, sceneggiata e diretta da Susannah Grant, Unbelievable è una serie al femminile capace di creare ritratti di donne differenti accomunate dall’aver vissuto la stessa tragedia. Su tutte a colpire è proprio Marie a cui tocca la prova più difficile. Considerata non attendibile per il suo burrascoso passato fatto di famiglie affidatarie e casa famiglia, la ragazza pagherà le conseguenze dell’essere stata lasciata sola di fronte ad un dramma che avrebbe richiesto prima di tutto una mano tesa. Invece, quelle mani Marie le vede allontanarsi sempre più. Lentamente ma inesorabilmente, è condannata ad un isolamento feroce che diventa un inferno ulteriore in cui patire pene immeritate. L’espressività magnetica di Kaitlyn Dever cattura lo spettatore trascinandolo a fondo nella palude della tristezza in cui Marie affonda incolpevole con una muta rassegnazione che maschera una sofferenza indicibile.

Unbelievable è anche tutte le altre donne che reagiscono in modo diverso alla violenza subita disegnando un atlante del dolore che ha tante sfumature differenti per raccontare le conseguenze dello stesso dramma. Le lacrime trattenute dietro i sorrisi falsamente rassicuranti di Amber che provano quasi a chiedere scusa del bisogno di aiuto. La rassegnata accettazione dell’impossibile che si impone l’anziana signora circondata dall’affetto di tanti. La rabbia violenta di Lily che è riuscita a sfuggire alla violenza ma ne porta comunque i segni indelebili. E poi la calma tenacia della detective Karen Duvall (intepretata da Merrit Weaver) e la scostante forza della collega Grace Rasmusen (Toni Colette) che non si arrendono finché non consegnano alla giustizia il colpevole. Sapendo comunque che punire il reo sarà solo un balsamo lenitivo per ferite che non si possono rimarginare.

Good Omens
Miniserie tv 2019: Good Omens – Credits: Amazon Prime Video

Good Omens

Ciò che rende interessante il prodotto miniserie per autori e produttori è spesso la possibilità di raccontare in maniera conclusiva una storia che non ha un seguito non richiedendo perciò un impegno che duri anche per stagioni successive. Il formato ideale per adattare racconti brevi come è appunto il caso di Good Omens, creata dallo stesso Neil Gaiman autore del romanzo omonimo. Disponibile su Amazon Prime Video, la serie è un concentrato in sei puntate di ironia e comicità, cattiveria e furbizia, retto da un cast stellare guidato da David Tennant e Michael Sheen con Jon Hamm, Michael McKean, Miranda Richardson, Adria Arjona, Anna Maxwell Martin.

Good Omens è, di base, la storia di una lunghissima amicizia che inizia all’alba dei tempi, nel giardino dell’Eden, tra l’angelo Aziraphale ed il demone Crawley. Esiliati sulla Terra per controllare l’evolversi del genere umano, i due finiranno per diventare insoliti amici. Soprattutto, si abitueranno così tanto a vivere tra gli uomini da fare di tutto per scongiurare l’inizio dell’Apocalisse tanto ardentemente attesa dai loro colleghi angeli e demoni. Proprio questo scontro è dipinto in maniera intelligentemente ironica attraverso le figure caricaturali di Gabriel (Jon Hamm) per il Paradiso e Belzebù (Anna Maxwell Martin) per l’Inferno. Due comandanti che continuamente ribadiscono l’importanza di vincere una guerra le cui ragioni non solo ignorano, ma neanche ritengono importanti. Riferimento sicuramente voluto ad una società moderna che ama dividersi in fazioni senza interrogarsi sul perché di un qualsivoglia conflitto sociale, politico, economico.

La natura scanzonata della serie impedisce volutamente di raccontare una lotta tra il bene e il male e la tiene anche lontana da una riflessione seriosa su vizi e virtù del genere umano. Al contrario, Good Omens sceglie di raccontare di come ci siano cose spesso più importanti di ciò che divide. Elementi come fiducia, altruismo, lealtà, amicizia. Tutti valori che sarebbe difficile associare ad una Babilonia moderna ma che, nonostante tutto, trovano il modo di emergere.

Una storia corale che, tuttavia, farebbe fatica a reggersi se non si fondasse sul duo Tennant – Sheen. La chimica tra i due attori porta lo spettatore ad amare il duo più nella sua interezza che nella separazione delle singole caratteristiche dei due. Sebbene sia più facile parteggiare per la risoluta dissolutezza di Crowley, indispensabile è la bontà di Aziraphele per bilanciarne l’oscurità e convincere lo spettatore ad investire tutta la sua attenzione nel racconto. Facendo, infine, di Good Omens il migliore adattamento di un romanzo visto in questo 2019.

Miniserie tv 2019: Il Nome della Rosa
Miniserie tv 2019: Il nome della rosa – Credits: Rai TV

Il nome della rosa

In una annata tanto ricca di miniserie diventa difficile scegliere un limitato numero di esempi in una lista che annovera molti titoli degni di menzione. Impossibile non citare, ad esempio, Fosse/Verdon sul sodalizio artistico e sentimentale tra il coreografo Bob Fosse (Sam Rockwell) e la ballerina Gwen Verdon (Michelle Williams). Plurinominata ai Golden Globes e agli Emmy, la serie ha fruttato anche il premio come migliore attrice protagonista in una miniserie a Michelle Williams. Conferma ulteriore della qualità di una serie che porta in primo piano ciò che normalmente resta dietro le quinte.

Da ricordare anche The Loudest Voice sulla carriera di Roger Ailes che ha trasformato Fox News in una delle più influenti reti all news e nel megafono della destra repubblicana. Serie che vede l’esordio nel mondo seriale di Russell Crowe a conferma della tendenza recente di fare il percorso inverso dal cinema alla tv. Passo compiuto anche da Renée Zellweger con What/If che è, invece, uno dei titoli da dimenticare quanto prima. Interessanti anche le incursioni nella fantascienza con The War of the Worlds, che ambienta il romanzo di Wells sull’invasione aliena nell’Inghilterra edoardiana, e nel medical drama con The Hot Zone, che si affida a Juliana Margulies per indagare sulle origini dell’epidemia di virus Ebola.

Tra tutta questa abbondanza preferiamo non scegliere, ma chiudere con un titolo italiano che dimostra quanto anche la televisione nostrana inizi a credere nelle miniserie. Lo fa investendo in una produzione ad alto budget che riesce ad invadere il difficile mercato americano che finora si era piegato solo a Gomorra. Merito indiretto del compianto Umberto Eco autore del romanzo da cui è tratta la miniserie Il nome della rosa.

E della Rai che crede talmente nel progetto da mandare in prima serata le otto puntate che possono vantare un cast che unisce stelle della tv e del cinema come John Turturro, Rupert Everett e Michael Emerson a nomi nostrani come Fabrizio Bentivoglio, Stefano Fresi, Alesio Boni e Roberto Herlitzka. Ne risulta un prodotto non perfetto che si prende a tratti qualche libertà di troppo pur cercando di restare sostanzialmente fedele al testo originale. Ma resta comunque un notevole passo avanti per la tv di casa nostra.

E voi? Avete altre miniserie TV del 2019 da suggerirci?

Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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