
Mars: immaginare il domani per salvare l’oggi – la recensione della seconda stagione
“È possibile fare di una serie tv un documentario accurato? E poi di un documentario una serie tv appassionante? E fare le due cose contemporaneamente?”
La risposta finale era un più che convinto si dettato anche dall’unicità atipica della serie tv, prodotta da National Geographic Channel. Al tempo stesso, però, questo porta all’inevitabile domanda successiva: “Si poteva replicare la stessa ricetta anche in una seconda stagione?”. Sarà ancora affermativa la risposta?

Cercare una nuova maturità
Per il lettore meno paziente conviene dirimere subito il dubbio: si. Perché la seconda stagione di Mars, come apparirà evidente da questa recensione, conferma quanto di buono la prima aveva proposto. Anche se per raggiungere l’obiettivo deve rinunciare in parte alla sua peculiarità. Lo fa crescendo, alla ricerca del modo migliore di diventare adulta. Soprattutto la serie tv deve decidere quale aspetto della sua duplice natura privilegiare: la parte di finzione o quella documentaristica. E saggiamente sceglie di non scegliere.
Ciò che aveva fatto di Mars un ammirevole unicum era la capacità di portare avanti due discorsi in parallelo alternando e fondendo una storia fantascientifica ambientata su Marte in un futuro non remoto con gli sforzi che qui e ora si stanno compiendo per togliere il suffisso fanta all’aggettivo usato qui sopra. Stabilitisi ormai sul pianeta rosso, questo gioco di specchi non poteva essere portato avanti allo stesso modo. Infatti, il lavoro primario degli scienziati odierni è teso a realizzare il primo passo, mentre cosa fare dopo è un tema ancora poco approfondito. Entrando quindi nel regno nebuloso di futurologi più o meno credibili (ma quelli scelti dalla serie sono ovviamente i più quotati e più scientificamente affidabili).
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Per questo motivo, intelligentemente il parallelo diventa un altro. Non più cosa fare oggi per rendere possibile il domani. Ma piuttosto immaginare un domani dove sia possibile correggere gli sbagli prima che sia troppo tardi. Per fare poi di questa speranza un monito per un oggi dove gli errori potrebbero essere ormai irreparabili.
Mars diventa allora un messaggio da un futuro di fantasia per un presente reale.


Seconda stagione di Mars: sempre più serie tv
Poteva far storcere il naso nella prima stagione di Mars l’assenza di una storia forte dal momento che il tema dello sbarco su Marte e della sua colonizzazione era dopotutto stato esplorato a lungo in prodotti precedenti. Non del tutto immotivate (ma comunque fuori centro) erano, quindi, le critiche pedanti di chi lamentava una certa insufficienza dell’aspetto più fiction della serie.
Consapevoli di questa (più o meno perdonabile) pecca, gli autori decidono di ovviare scrivendo una sceneggiatura che non rinuncia alla sua missione educativa, ma al tempo stesso è capace di reggersi in maniera autonoma. Merito di una attenzione approfondita allo sviluppo dei personaggi che devono affrontare non più il pericolo dell’ignoto, ma le difficoltà di un presente ben diverso dall’idillio del successo iniziale.
Così Hana non può più essere il capitano che ha compiuto l’impresa, ma deve trovare il modo di conciliare il proprio difficile ruolo con l’essere una donna che ha sacrificato anche la possibilità di amare (vietandosi la storia con Robert) e di soffrire (per la morte di Joon). Javier e Amelie devono imparare ad andare oltre i propri contrasti per affrontare uniti la sfida di una gravidanza resa unica dal luogo in cui sono.
Soprattutto è Marta il personaggio che più diventa il centro dell’azione. Perché l’arrivo dei nuovi coloni finanziati dalla corporation privata Lukrum la pone di fronte alla realtà di non essere più lei il centro della missione. Non più solo la ricerca della vita per il bene della scienza, ma piuttosto una più prosaica ricerca di risorse minerarie per fini commerciali.
Mars, quindi, si arricchisce di personaggi con caratteri, ideali, motivazioni differenti. Proprio questa diversità dona alla serie nuove dinamiche che rendono ancora più interessante e autonoma la componente più prettamente seriale.


Sempre più National Geographic
Mars è prodotta da National Geographic Channel. E di questa genitorialità la serie va fiera non rinunciando mai alla qualità eccelsa della sua parte documentaristica. Lo splendore per gli occhi che le immagini rappresentano e la vividezza appassionata delle interviste non devono tuttavia far tacere che il gioco di alternanza tra qui e ora e lì e domani è meno armonioso della prima stagione.
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Il motivo è però strettamente legato allo scopo nobile che gli autori decidono di assegnare alla parte realistica della serie. Che non è più illustrare le ricerche in corso per rendere possibile un sogno di Marte, ma piuttosto gli sforzi titanici che pochi fanno per preservare il domani della Terra. I contrasti tra la IMSF e la Lukrum riecheggiano nella quotidianità della cronaca che vede continui attentati all’ambiente in nome del profitto. Le voci preoccupate dei ricercatori che si battono per proteggere chi vive troppo vicino a trivellazioni spericolate.
Le parole degli attivisti di Greenpeace che provano a salvare i mari Artici dalle piattaforme invasive. Le imprese dei glaciologi che sfidano gli inverni solitari per testimoniare al mondo l’erosione ferale dei ghiacciai antartici. Momenti che parlano di una umanità che prova a ribellarsi all’idea che siano “le sofferenze dei molti a pagare per il lusso dei pochi” (usando le parole della quindicenne Greta Thunberg in un video divenuto giustamente virale).
Con la sua seconda stagione, Mars intende innanzitutto ricordare che l’umanità un domani potrà anche creare mondi nuovi, ma prima di tutto deve salvarne oggi uno: la nostra Terra.