
Lo chiamavano Jeeg Robot – la recensione, RomaFF10
La periferia romana si anima con i superpoteri di Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), che nel film di Gabriele Mainetti è il neo-supereroe risorto dalle ceneri del degrado della grande capitale. Se Sorrentino (ospite della mostra nei prossimi giorni) ci ha condotto nel degrado dell’alta società (e chissà se non sia in grado di farlo anche in ambienti religiosi…!), qui il quartiere protagonista è Tor Bella Monaca con i suoi imponenti palazzoni, tanto squallidi quanto (a detta di Mainetti) “cinematografici”. In questi luoghi poco raccomandabili girano individui loschi, minacciosi, delinquenti e violenti, ma si nascondono anche dei cuori buoni sotto corazze da burberi insensibili…
La trama di fondo è quella tipica da film “supereroistico”: un uomo piuttosto normale, con i suoi problemi e incombenze, che abita in un appartamento un po’ (tanto) scadente come tanti altri, in un momento di difficoltà subisce un incidente che si rivelerà inaspettatamente una benedizione o un fatale segno del destino, come la si vuole vedere. Entrato a contatto con una sostanza tossica, sviluppa in modo del tutto inaspettato una forza fuori dal comune, della quale non si accorge subito, ma che tornerà lui utile per dare una svolta alla sua squallida vita. In tutta questa sconvolgente serie di eventi conosce la figlia del suo vicino di casa (Ilenia Pastorelli), con cui presto si troverà a dover stabilire un legame sempre più protettivo e intimo.
Nulla di originale in superficie, ma risulta essere un film più reale, più romano di quanto la trama lasci intendere. Perfettamente calati nella realtà della periferia romana, nell’accento e nel sudiciume di certi quartieri e spiriti, i personaggi di Lo chiamavano Jeeg Robot sono presentati sotto luci diverse, tanto da non risultare monolitici e granitici, ma nemmeno banali come può succedere in film di questo genere. Mainetti inserisce infatti aspetti molteplici, le debolezze, le fissazioni, gli estri più o meno simpatici di ciascuno di loro, incastrando al contempo riferimenti a problematiche contemporanee, malavita, criminalità, violenza. Certo, di fondo c’è sempre e comunque la morale un po’ ottimistica per cui dentro ognuno di noi potrebbe nascondersi un supereroe, basta farlo emergere o trovare persone/occasioni giuste per farlo, ma alcune trovate fanno sorridere o anche inorridire inaspettatamente.
Ma questo titolo? E’ il curioso personaggio di Alessia a soprannominare Enzo “Hiroshi Shiba” alias Jeeg Robot. Più precisamente lei non lo vede diversamente, lo chiama così e basta, nella sua follia influenzata dall’attaccamento maniacale al cartone giapponese omonimo. Bambina nella mente ma non nell’aspetto, Alessia non parla d’altro, non vede altro nel mondo che non sia trasformabile nel suo cartone preferito, che ha cominciato a prendere il posto della realtà. Tanto matta quanto indifesa, la giovane ragazza fa breccia nel cuore del gigante buono, che in stile Léon romano salva la ragazza dalle grinfie di infimi individui come lo Zingaro (Luca Marinelli), il delinquente “datore di lavoro” di suo padre, amico di Enzo ucciso malauguratamente durante uno dei suoi “lavori”. La forza sovraumana del neo-Jeeg è, come prevedibile, direttamente proporzionale al carattere scontroso del protagonista, che è reticente nell’accogliere la “bella” nel suo antro da “bestia”.
A parte questi riferimenti che minano l’originalità del lavoro, si sente comunque l’intento di cercare di fare qualcosa di diverso, riadattando in tutto e per tutto la situazione topica all’ambientazione del tutto romanesca, con tutti i problemi e le contingenze del caso. Attentati, problemi di malavita, mania dei social e dei video, brama di successo ed autorità… tutto condensato in una pellicola che, per quanto acclamata, non spicca come vorrebbe, ma che lascia comunque il segno, grazie al grande impegno che si può avvertire dietro la cinepresa, che guida tra risate, piccole riflessioni e un po’ di “ultraviolenza”, che ci sta.
Visitor Rating: 5 Stars
Visitor Rating: 4 Stars
Visitor Rating: 3 Stars
Visitor Rating: 5 Stars
Visitor Rating: 5 Stars
Visitor Rating: 5 Stars
Questo film a mio parere va visto avendo presente due riferimenti: i cinecomics contemporanei e il cinema italiano di stampo realista e volto alla denuncia sociale (Pasolini o De Sica). Partendo da questi poli temporalmente e artisticamente opposti si può ragionare di quello che il regista ha voluto fare: italianizzare il concetto di supereroe.
La Grande Bellezza è fuffa, è fittizia in ogni inquadratura, Roma è tanto bella quanto falsa nel film di Sorrentino e tutto ciò volutamente. Mainetti parte dal basso, dalle periferie molto cinematografiche, e racconta la Roma che c’è, che vive oggi e che fa da sfondo alla storia di un supereroe eccessivo come i protagonisti Marvel ma che si scosta da essi per il suo non essere scontato.
La fotografia con colori che ricordano gli anime giapponesi e il forte elemento del sesso che si lega ancora di più a questo modo nipponico si scontrano con i combattimenti e le violenze in puro stile americano…tutto questo mentre l’Italia viene affrescata magnificamente sullo sfondo.
Jeeg Robot fa centro secondo me, ha tanto da dire e molte chiavi di lettura e non risulta affatto scontato, semplicistico o sottotono.
Questo film mi è piaciuto tantissimo.Oltre ad essere veramente molto curato dal punto di vista tecnico (sceneggiatori, regia, fotografia) e recitativo (Luca Marinelli è una forza della natura!) Mi ha colpito perché rappresenta una vera boccata d’aria fresca, qualcosa d’innovativo per il cinema italiano.
Come dice Caterina prima di me, l’idea del regista di italianizzare il concetto di supereroe è perfettamente riuscita e non era un’impresa facile, considerando che non fa parte della nostra cultura cinematografica.
Visitor Rating: 5 Stars