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Little Evil e un Anticristo tanto carino. La recensione del film di Netflix

Titolo: Little Evil

Genere: comedy, horror

Anno: 2017

Durata: 95min

Regia: Eli Craig

Sceneggiatura: Eli Craig

Cast principale: Adam Scott, Evangeline Lilly, Owen Atlas, Bridget Everett

Il catalogo Netflix è tanto vasto da coltivare, in maniera neanche tanto velata, la tacita ambizione di soddisfare anche i desideri più marginali del suo vasto pubblico. Avvicinarsi a questo inarrivabile traguardo costringe la rete via streaming a non tralasciare nessun genere, lanciandosi in produzioni che esplorino ogni possibile filone narrativo. Deve essere stato questo il comprensibile motivo che ha portato a produrre Little Evil con Adam Scott e Evangeline Lilly. Contenti loro.

Little Evil

Quando l’Anticristo è il figlio della tua compagna

Scritto e diretto da Eli Craig, il film è concepito per occupare una casella ancora vuota nello scacchiere delle produzioni Netflix volendo essere una classica black comedy, dove una situazione tipicamente dark (nello specifico horror) viene declinata in situazioni comiche. Gary (Adam Scott) è appena convolato a nozze con Samantha (Evangeline Lilly) ed è animato dalle migliori intenzioni di far funzionare tutto con lei. Corollario indispensabile è diventare un ottimo padre per Lucas (il giovanissimo Owen Atlas), il sinistramente silenzioso figlio seienne della sua nuova moglie. Compito di per sé già tutt’altro che semplice, ma reso ancora più complicato da una peculiarità alquanto unica del ragazzino: Lucas è l’Anticristo.

Come era facile immaginare, l’unicità di questa situazione offrirà il facile spunto per una serie di sketch abbastanza prevedibili, giocati sul contrasto tra l’apparente innocenza del bambino e la sua istintiva cattiveria che, ovviamente, verrà notata solo da Gary, mentre Samantha continuerà a giudicare solo scherzi pesanti quelli del suo amato figlioletto. Un canovaccio non innovativo che potrebbe dopotutto funzionare, dato che non si richiede ad un film di questo genere di deviare molto dalle regole canoniche del genere. Tuttavia, la sceneggiatura è troppo titubante, fermandosi sempre troppo prima di arrivare a innescare il contrasto cui si accennava sopra.

Lucas non fa mai veramente paura e, a parte lo sguardo perennemente imbronciato e il mutismo ostinato, non lo vediamo compiere azioni gratuitamente malvage. Non che si pretenda, ovviamente, che il bambino si abbandoni a squartamenti o altri topos classici del genere horror. Affinché il contralto comico si realizzi, sarebbe comunque necessario rendere credibile l’idea che Lucas sia l’Anticristo e non accontentarsi di affermarlo e basta. Mancando questa prima parte del sillogismo, il resto diventa giocoforza superfluo impedendo che la magia del ridere si compia.

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Little Evil

Una black comedy poco black e poco comedy

Dei due vocaboli che compongono black comedy, Little Evil è molto carente del primo termine, ma neanche riesce a compensare aumentando efficacemente il secondo ingrediente. Il film avrebbe, infatti, potuto essere letto come una semplice commedia con un vago spunto horror se fosse stato capace di fare ciò che una commedia deve fare: far ridere. Non che manchino momenti ilari giocati spesso sulla parodia del genere horror, ma sono disseminati in maniera troppo disorganica e in quantità piuttosto esigua per spostare il film nella categoria del puro intrattenimento comico.

Che questo tentativo sia stato fatto è testimoniato dalla presenza del gruppo di uomini (e una donna) sposati con compagne che hanno figli da una precedente relazione. Tematica che, specie in una società come quella americana dove divorziare e risposarsi è quasi comune come prendere la metro, potrebbe offrire lo spunto per qualche riflessione più seriosa che viene invece accuratamente evitata. Al contrario, il complesso rapporto con i figli adottivi diventa occasione per una serie di battute quasi infantili che dipingono i padri come degli immaturi incapaci di comprendere i sentimenti di bambini descritti come immotivatamente pestiferi.

Si ridesse, almeno. Invece, l’umorismo sotteso a queste situazioni è o troppo pecoreccio o troppo esile riuscendo alla fine a strappare al più qualche sorriso, ma mancando il bersaglio grosso del divertimento assicurato. Se ad una black comedy hai già tolto la componente black e non hai fornito abbastanza comedy, cosa resta?

Little Evil

Un tentativo mal riuscito

Poco o niente, è la inevitabile risposta. Quel poco è la spontanea simpatia di un Adam Scott che si cala con convinzione in un personaggio appena sbozzato. L’acerba naturalezza con cui il piccolo Owen Lucas interpreta il problematico Lucas. La sboccata irruenza dell’Al di Bridget Everett. L’improbabile gruppo di padri che è capace di regalare commenti tanto paradossali quanto ridicoli. Il resto è una trama ridotta all’osso che scorre via rapida fino allo scontato happy ending ottenuto con fin troppa facilità e nessuna originalità.

Little Evil ha comunque un innegabile pregio: dura poco. Novantacinque minuti che scorrono via con un buon ritmo evitando tempi morti e riducendo al minimo sindacale gli immancabili buonismi. Ma lasciando anche la convinzione che Netflix debba ancora cercare se vuole riempire degnamente la casella black comedy.

Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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