
Limitless: recensione dell’episodio 1.03 – The Legend of Marcos Ramos
Ce l’hanno molti telefilm questo brutto vizio, quello di tenersi stretto il colpo di scena o l’elemento più interessante proprio fino agli ultimi minuti dell’episodio. Anche Limitless sembra voglia agganciarci all’amo a questo modo e per ora ci riesce abbastanza bene. Se però il riapparire dell’infermiera di Morra nella vita di Brian non ha causato un vero cambio di passo nella narrazione, voglio sperare che l’ingresso in scena di Mr Sands porti tutto quello scompiglio che sembra promettere.
Uno degli interrogativi legati fin dall’inizio a questo telefilm è quanta parte avrebbe avuto Bradley Cooper al suo interno. E’ quasi certo a questo punto che la presenza dell’attore sarà minima, ma l’ombra di Morra sembra farsi lo stesso molto ingombrante. Personaggio moralmente ambiguo già all’interno del film originale, sembra non promettere nulla di buono per il futuro di Brian. Forse il telefilm si divertirà a giocare proprio su questa ambiguità, ma da quanto intuito dalle parole di Mr Sands, i compiti che verranno affidati a Brian saranno tutt’altro che piacevoli. Le possibilità che si aprono sono moltissime ma è in effetti un po’ presto per lanciarci ad analizzarle con così pochi elementi in mano.
Sappiamo che, per proteggere suo padre, Brian dovrà mentire e dovrà farlo bene, ma che se i suoi “lavoretti” si riveleranno essere criminali, dovrà trovare il modo di portarli a termine cercando di salvare la propria anima. Subito mi salta in mente un parallelo con il ruolo doppiogiochista della protagonista della serie Alias. Corro troppo?
Anche per questa settimana bisogna ammettere che l’indagine del giorno non brilli per originalità: si procede a tentoni, ad intuizioni e sfolgoranti rivelazioni fino ad arrivare, senza troppi traumi, al colpevole. Alzi la mano chi, al comparire della squadra speciale dura e pura (o gonfi e cattivi), non ha per lo meno ipotizzato che i veri responsabili fossero proprio loro. Ormai le squadre speciali di un certo tipo vengono sempre e comunque caratterizzate in un certo modo ed è quasi automatico appiccicargli un’aura di malcelata loschezza. Non aiuta l’averli visti solo per un paio di minuti durante l’episodio così che, quando viene rivelata la loro effettiva doppiezza, non ce ne frega un fico secco. Così il caso sembra andare sgonfiandosi piano piano senza alcun botto finale, risultando molto più interessante nelle prime fasi.
Molto più promettente è invece il lato umoristico/scanzonato legato a Brian e al suo modo di ragionare. E’ evidente che gli sceneggiatori ci stiano ancora lavorando e che andrà rifinito un po’, ma proprio questo aspetto più divertente e sperimentale potrebbe diventarne il marchio di fabbrica del telefilm, ed essere quella caratteristica che lo distinguerà dalla massa dei procedurali là fuori. Mi è piaciuto moltissimo l’assemblaggio delle stelle filanti di documenti con un ottimo effetto scenico dato da tutte le striscioline di carta appese; forse un po’ forzata la rivisitazione in chiave comica dell’arresto del killer da parte di Rebecca o il documentario ironico sul trafficante Marcos, ma credo ci sia molto margine di miglioramento. E’ certo che questi siparietti aiutano davvero a rendere più scorrevoli i casi della settimana e sono capaci di strappare anche qualche risata.
Convince poco l’approfondimento psicologico di Brian con la parte riguardante Shauna, la ex ritrovata. Tutto un po’ di corsa con al centro
Insomma, il caso della settimana ancora una volta non brilla e viene salvato solo da qualche espediente creativo. Resta la speranza che l’arrivo di Mr Sand (un sempre piacevole Colin Salmon) riesca a mischiare le carte e a portare un po’ più di movimento nella narrazione.
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