Legion e il ritorno di una splendida follia – Recensione dell’episodio 2.01
Winny Enodrac5 Aprile 2018Ultimo aggiornamento: 5 Aprile 2018
Quanto è bello alle volte avere torto! Nella recensione del season finale della prima stagione di Legion l’umile recensore aveva scritto “difficile immaginare una seconda stagione che sappia offrire più spunti di questo meraviglioso esordio” mosso dal timore che, come troppo spesso accade, un ritorno tanto atteso si riveli infine deludente. E invece. Invece lodi, lodi e ancora lodi a Noah Hawley e a tutto il cast di questa serie per aver smentito ogni infondato timore.
Dove eravamo rimasti e dove vogliamo andare
Legion riprende con un balzo temporale che riconsegna David ai suoi amici senza spiegare come e quando sia uscito da quella sfera che lo aveva rapito nella scena post – credits della prima stagione. Perché David asserisce di non ricordare assolutamente nulla di quei 362 giorni di assenza (cifra scelta non a caso essendo non altro che la distanza temporale tra il season finale della prima e la premiere della seconda stagione). A parte flash improvvisi e incoerenti il cui significato non è del tutto chiaro. Sono ricordi che riaffiorano in maniera imprevedibile? Sono indizi che David sta mentendo per obbedire alla Syd del futuro che ha incontrato nella sfera? Sono false memorie instillate ad arte da uno Shadow King che non ha ancora del tutto abbandonato il controllo della sua mente? Domande che, in perfetto stile Legion, precipitano fin da questo primo episodio lo spettatore ammirato in quel labirinto di tesi e antitesi in cui è sempre meraviglioso lasciarsi abbandonare. Non a caso è proprio l’immagine del labirinto che Oliver richiama nel suo primo serafico discorso accompagnando immagini che si susseguono come scatole cinesi che coinvolgono eroi e villain accomunandoli in una identica condizione di smarrimento.
E felicemente smarriti sono gli stessi spettatori a cui risulta difficile anche solo capire dove eravamo rimasti. Perché le fazioni opposte di un anno fa sono ora saldamente alleate con Cary a dirigere il settore ricerca della Divisione 3, Kerry a guidare le truppe armate, Syd e Melanie allo stesso tavolo con gli strateghi della direzione, Ptonomy a far coppia con l’agente Clark. Avversari uniti dalla proverbiale considerazione che il nemico del mio nemico è mio amico. E quindi se per entrambi il nemico è lo Shadow King non è, infine, sorprendente che la scelta tatticamente migliore sia quella di allearsi in nome della causa comune.
Sempre che questa alleanza resista alla depressione di Melanie, alla sfiducia di Clark che non crede alla completa sincerità di David, ai dubbi di Ptonomy su chi sia quello che è tornato indietro dopo un anno, all’impossibilità per Cary di scoprire indizi nella mente ingolfata di misteri del chissà quanto affidabile eroe.
E sempre che la ricerca incessante del corpo perduto di Ahmal Farouk che darebbe allo Shadow King il massimo dei poteri non venga ostacolata in modo fatale dal demone della follia che striscia fino al letto di David. D’altra parte, Legion ha sempre guardato con una particolare attenzione al tema della follia facendo dell’indagine accurata di una mente potenzialmente malata uno dei punti di forza più innovativi. Ma, se nella prima stagione, lo scopo era dimostrare come la schizofrenia di David fosse solo un segno incompreso del suo immenso potere ammantando, quindi, questa condizione sfavorevole di una inusuale luce positiva, stavolta il percorso prospettato sembra essere esattamente il contrario.
Perché, come insegna in maniera magistrale Oliver, le idee sono tutte uguali e sono all’inizio come uova perfette che solo quando si aprono mostrano il loro contenuto diseguale. Esaltata da una fotografia chiara e dall’espressività ammiccante di una Aubrey Plaza sempre in gran spolvero, la lezione tenuta dall’ultima vittima dello Shadow King ha la chiarezza didattica e la precisione puntuale di una eccellente lezione universitaria che si avvale di esempi concreti tanto fantasiosi quanto perfetti nello svolgere il proprio compito esplicativo. L’uomo che si convince che la sua gamba non è sua fino a tagliarla potrebbe essere lo stesso David ossessionato da una missione affidatagli dalla Syd del futuro fino a non fidarsi più della Syd del presente? Che sia la mente del nostro telepate il prossimo pasto che Lenny servirà al piccolo demone nero dopo l’innocente pulcino schiacciato con un malizioso sorriso?
Possibile che sia così, ma al tempo stesso questa scelta rischierebbe di riproporre in altra forma la lotta di David con l’altro da sé nascosto dentro sé stesso che già è stata affrontata nella prima stagione. Ma è anche vero che la creatività di Noah Hawley sarebbe capace di raccontare la stessa storia in modi tanto diversi da farla sembrare ogni volta completamente nuova.
Anche perché Legion non è solo una storia intrigante con personaggi unici, ma un inimmaginabile tesoro per gli occhi. Se qualcuno dovesse chiedere di scegliere un solo aggettivo per descrivere la serie, è probabile che l’istogramma delle risposte avrebbe un picco su visionario. Come altrimenti definire, infatti, il calembour di trovate sceniche che gli autori mettono in mostra in ogni episodio? Fedele a questo desiderio di stupire, la premiere della seconda stagione è un continuo susseguirsi di trovate originali che non risparmiano neanche gli ambienti che dovrebbero essere più burocraticamente ortodossi.
Così la sede della austera Divisione 3 non è un anonimo palazzone grigio, ma ricorda un alveare operoso ad indicare il lavoro frenetico che in esso si svolge. Gli arredi multiformi creano stanze tutte diverse che spaziano dal vasto laboratorio di Cary memore degli spazi aperti degli hangar segreti di tanti film sci – fi degli anni Cinquanta, alla ricchezza orientaleggiante della camera di Melanie, dalla sala pranzo che fonde il tapis roulant di un ristorante giapponese con la serialità delle mense aziendali, all’eleganza onirica del piano astrale dove David e Syd possono toccarsi. Fotografia e regia si adattano alle scene mostrando una maestria nell’esaltare le differenti scenografie e immergendo i protagonisti in quadri viventi che ammaliano per la loro perfezione estetica.
Ma è nella creazione dei nuovi personaggi che la visionarietà di Hawley si esalta arricchendo il già ricco parterre della serie delle figure deliziosamente assurde dell’Ammiraglio Fukuyama con il suo vestito da monaco giapponese e il cesto di vimini a coprire il volto e le sue ancelle col corpo perfetto di modelle anni Settanta ma con i baffi e la voce in falsetto artefatta da strane lenti di ingrandimento. Scene che riescono a restare al primo posto tra le trovate di questa premiere nonostante il loro primato sia fortemente insidiato dalla sfida di ballo nel dance club che coinvolge non solo David e Lenny, ma anche Oliver per poi tracimare fuori fino al compassato Cary. E complimenti a tutti gli attori per le doti da ballerini hip hop.
Legion ritorna con una premiere che lascia più domande che suggerimenti e che, come è nello stile della serie, costringe lo spettatore a chiedersi cosa ha visto. E a restare immobili a battere i denti ossessivamente (come gli infetti dal morbo diffuso dallo Shadow King) nell’attesa spasmodica del prossimo episodio.
In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco
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