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Layla M.: la recensione del film in anteprima ad Alice nella Città

Titolo: Layla M.

Genere: Drammatico

Anno: 2016

Sceneggiatura: Jan Eilander, Mijke de Jong

Regia: Mijke de Jong

Cast: Ilias Addab, Nora El Koussour

Le polemiche scoppiate in Francia, a séguito del divieto da parte di alcuni comuni francesi della Costa Azzurra di indossare in spiaggia il burqini, hanno dominato le prime pagine dei giornali mondiali per gran parte dell’estate aperta trascorsa. Le cittadini interessate asserivano infatti che il costume da bagno usato dalle musulmani osservanti rischiava di creare disturbo all’ordine pubblico, ostentando l’appartenza religiosa. Il caso è arrivato fino al Consiglio di Stato francese e all’Onu, che hanno considerato questo provvedimento solo un modo per aumentare l’intolleranza verso le comunità musulmane presenti nel territorio.

Layla M., il nuovo film di Mijke de Jong presentato ad Alice nella Città, arriva quando ancora le ceneri di quel fuoco sono ancora abbastanza calde. La pellicola racconta la storia di Layla, una 18enne nata e cresciuta ad Amsterdam da genitori marocchini. Una giovane di seconda generazione, quindi, che sin dalla sua nascita si trova al centro di due culture quasi antitetiche. Sin dal primo momento in cui la si incontra si capisce subito quanto sia determinata ed indipendente.

Al contrario della famiglia, Layla è una praticante osservante, indossa il hijab, frequenta la Moschea e le lezioni sul Corano. Questa sua fede trova una spinta ancora più forte quando vede crescere intorno a sé i pregiudizi verso la comunità a cui appartiene, soprattutto verso le ragazze che indossano il velo. Decide quindi di impegnarsi ed unirsi ad un gruppo di Musulmani radicali, partecipa a manifestazioni e proteste, si fa immortalare con il niqab, posta in rete dei video che mostrano gli orrori della guerra in Siria. Più si sente minacciata più la sua radicalizzazione  aumenta. Nel gruppo Layla incontra Abdel, un giovane radicalizzato, e tra loro nasce subito un’intesa.

Questo suo modo estremo di vivere la fede non trova ovviamente il consenso dei genitori, che ostacolano fortemente questo suo atteggiamento, tanto che la figlia decide che è arrivato il momento di andare via di casa.  Decide di sposarsi con Abdel e di provare a vivere con lui una vita secondo i dettami dell’Islam, prima in Belgio e poi ad Amman. La ragazza realizzerà però ben presto che la vita in Giordania non è proprio come l’avevamo immaginata lei.layla m

Il primo grande ostacolo che Layla M. pone allo spettatore è la diffidenza. Togliendoci definitivamente di dosso la maschera dei buonisti, ci ritroviamo di fronte ad un personaggio che ancora non conosciamo ma che in qualche modo abbiamo già giudicato negativamente, come simbolo di quell’umanità che è ora il nemico numero 1 della nostra umanità. Facciamo fatica ad empatizzare con Layla, forse non proviamo neanche a capire perché abbia deciso di intraprendere quel determinato percorso. Come se l’appartenenza ad una determinata religione non possa che esplicarsi in quel modo che conosciamo e niente più.
In qualche modo siamo noi i primi antagonisti della protagonista, simili se non uguali a coloro i quali la giudicano quando indossa il hijab ad una partita di calcio.

Ma Mijke de Jong (che firma anche la sceneggiatura insieme a Jan Eilander) riesce a far cadere questo velo e la distanza tra noi e Layla in qualche modo si accorcia, grazie ad una regia ed una fotografia semplice e realistica. Ad aiutarla arriva anche la credibilissima performance di Nora El Koussour, al suo debutto sul grande schermo.

La distanza diminuisce e comprendiamo quanta umanità ci sia in questa ragazza: forza e debolezza, sicurezza e fragilità. Non si arriva mai a giustificare Layla, ma proviamo comunque a capire quanto grande sia il suo desiderio di cercare un posto in cui poter essere se stessa, vivere la vita che vuole. Una vita a metà tra l’Oriente e l’Occidente.

Valentina Marino

Scrivo da quando ne ho memoria. Nel mio mondo sono appena tornata dall’Isola, lavoro come copy alla Sterling Cooper Draper Price e stasera ceno a casa dei White. Ho una sorellastra che si chiama Diane Evans.

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