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La Torre Nera e il difficile matrimonio tra King e il cinema: la recensione del film

Titolo: La Torre Nera (titolo originale: The Dark Tower)

Genere: fantasy, azione

Anno: 2017

Durata: 95 min

Regia: Nikolaj Arcel

Sceneggiatura: Nikolaj Arcel, Anders Tomas Jensen, Akiva Goldsman, Jeff Pinkner

Cast principale: Idris Elba, Matthew McCoughaney, Tom Taylor, Katheryn Winnick

Una fortuna che diventa sfortuna: questo sembra essere il rapporto contrastato tra le opere di Stephen King (autore della saga de La Torre Nera)  e il cinema. La fervida penna dello scrittore del Maine ha l’indubbia fortuna di produrre una notevole mole di storie, il cui successo presso il pubblico invoglia l’ingorda Hollywood a cibarsi dei suoi lavori per farne adattamenti per il grande schermo. Ma, pur concedendo motivatissime attenuanti generiche dovute alle difficoltà innate nel raccontare la stessa storia su due medium nettamente differenti, il risultato finale è spesso altamente insoddisfacente (e spesso questo è solo un gentile eufemismo per non dire di peggio). A meno che non si sia geni assoluti come Stanley Kubrick (che può anche permettersi di migliorare il finale di Shining) o si affidi il ruolo di protagonista ad una attrice come Kathy Bates (e allora hai i personaggi indimenticabili di Doleres Claiborne in L’Ultima eclissi e Annie Wilkes in Misery non deve morire).

La Torre Nera

Un figlio di troppi padri

Purtroppo Nikolaj Arcel non è neanche lontanamente Kubrick e i pur bravi Idris Elba e Matthew McCoughaney non hanno la stessa intensa adesione al personaggio che aveva la Bates. E, d’altra parte, anche il come si è arrivati a questo film testimonia un travaglio produttivo che parla di una crescente sfiducia nel progetto. Giova ricordare infatti che il tutto nasce dall’interesse iniziale di J.J. Abrams e Damon Lindelof rapidamente sparito, passa per l’intenzione di realizzare una trilogia e una serie tv con Ron Howard e Brian Grazer al timone, arriva al film attuale come probabile capitolo unico senza controparte televisiva.

A credere, infine, che la monumentale saga in otto libri di Stephen King potesse davvero condensarsi in un’unica pellicola è stato solo il suo creatore che ha partecipato alla revisione della sceneggiatura scritta inizialmente da Akiva Goldsman e Jeff Pinkner e poi riadattata dal regista e da Anders Tomas Jensen. Troppe mani al lavoro rischiano di generare una storia pasticciata che cerca di tenere insieme idee diverse finendo per non svilupparne davvero nessuna. Anche credere che bastasse far rileggere il tutto a King non era dopotutto una buona idea, dal momento che un ottimo romanziere non è detto che riesca ad essere almeno un abile mestierante quando si cimenta in un lavoro non suo (e il fatto che lo scrittore abbia sempre ritenuto Shining di Kubrick un cattivo adattamento e abbia persino lodato quel trash inguardabile che era la serie tv Under the Dome la dice lunga sulle sue discutibili capacità di giudizio).

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La Torre Nera diventa, quindi, una sorta di contraddizione in termini: un film che è figlio orfano di troppi padri e che perciò non riesce ad ereditare niente da nessuno, cercando una propria identità autonoma senza trovarla. Consapevoli che lo sconfinato universo dei romanzi era troppo vasto per essere compresso in un unico film (e in effetti una serie tv sarebbe stata più adatta), gli autori decidono di passare direttamente oltre, cancellando tutto il background dei libri e scrivendo quello che dovrebbe essere un possibile sequel. Una storia che prende alcuni dei protagonisti dei romanzi e li presenta al pubblico in media res assumendo implicitamente che siano figure già note.

Solo che, per quanto famosa possa essere la saga su carta, non è obbligatorio che ogni spettatore la conosca dal momento che il film non intende certo rivolgersi solo ai fan di King. Anche perché, se questo fosse il suo scopo, la freccia mal diretta sarebbe caduta ben lontano dal centro del bersaglio. La Torre Nera, infatti, non riesce a restituire nulla del significato metatestuale del racconto kinghiano cancellando la mitologia della saga e banalizzando i rapporti tra i personaggi e le motivazioni dei protagonisti. Un adattamento, quindi, che sarebbe meglio definire un liberamente ispirato a dove però l’avverbio liberamente è a sua volta un diminutivo rispetto a quanto poco il film catturi lo spirito dei romanzi.

La Torre Nera

Una storia che sa di anni novanta

Essere liberamente ispirato a è un peccato magari anche grave per i fan dello scrittore del Maine, ma che La Torre Nera potrebbe espiare se come penitenza regalasse al pubblico una storia comunque affascinante e ben raccontata. Sfortunatamente anche questo obiettivo è centrato solo in parte, perché lo script finale ha il gusto datato di una pietanza piacevole ma che da tempo è stata cancellata persino dai menù turistici a basso prezzo delle trattorie con poche pretese.

La storia dell’adolescente incompreso con grandi poteri, alla ricerca della figura paterna perduta e in rotta di collisione con una madre che lo ama senza riuscire a capirlo, attraversa uno dei magnificenti portali del cinema per precipitare dagli anni Novanta in un’epoca in cui anche la magia e i superpoteri sono gestiti in modi diversi. Diventa, quindi, fin troppo prevedibile il rapporto che si instaura tra Jake e il pistolero Roland con il primo che cerca la figura paterna e il secondo che trova nell’altro l’orgoglio perduto e l’impeto per riprendere la sua fiacca battaglia.

Sebbene voluta (e lo stesso King non ha mai nascosto il suo debito verso i pistoleri di Sergio Leone come ispirazione per la loro controparte ne La Torre Nera), anche la somiglianza di Roland con gli eroi del western dell’epoca d’oro di questo genere finisce per essere eccessiva, dal momento che il film cancella tutti gli altri lati caratteriali del personaggio, riducendolo ad una macchina perfetta che uccide disegnando traiettorie inimmaginabili. Anche il villain Walter risulta troppo monodimensionale, lasciando ai cappotti neri, all’aria pallida e alla spaventata devozione dei suoi seguaci il compito di esaltarne la potenza letale. Trama e protagonisti, quindi, che più che essere tratti dai romanzi sembrano essere presi dal cinema per ragazzi di venti anni fa.

La Torre Nera

Un cast che non ci crede

A differenziare un film da un libro contribuiscono tantissime cose, ma è chiaro che buona parte del successo di un adattamento al cinema è rappresentata dalla capacità di chi interpreta i personaggi del romanzo di dare corpo e anima ad eroi di carta. Il casting diventa, quindi, importante così come fondamentale è che gli attori scelti credano nel progetto in cui sono coinvolti. Non sembra essere così in questo caso, purtroppo.

Se il giovane Tom Taylor si impegna quanto basta per restituire la testarda volontà di essere creduto e la caparbia fiducia in sé stesso e nel suo eroe di Jake, non altrettanto può dirsi per coloro che dovrebbero reggere il peso del film. L’interpretazione di Idris Elba veste la palandrana di Roland e ne impugna con abilità le pistole ferali, ma non va oltre questa roboante superficie. Decisamente peggio, invece, Matthew McCoughaney che dona al suo Walter una espressività monocorde che, sebbene coerente con un personaggio che si ritiene troppo superiore e letale per preoccuparsi di incutere paura sicuro di suscitarla a prescindere, sconfina spesso nell’annoiato come se l’attore fosse stato quasi costretto a interpretare un ruolo indesiderato. Sprecata, invece, Katheryn Winnick che lascia sul set di Vikings non solo la fierezza di Lagertha, ma anche la capacità di variare registro finendo per mantenere lo stesso atteggiamento stereotipato di madre preoccupata per tutto il tempo che è in scena.

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La Torre Nera ha debuttato nelle sale il 10 Agosto in un periodo talmente estivo che ad un film si chiede dopotutto di intrattenere, tenendo al minimo lo sforzo dello spettatore nel seguire quel che accade sullo schermo. Da questo punto di vista l’obiettivo è raggiunto con facilità, ma una saga tanto ricca e così a lungo attesa avrebbe meritato molto di più. Niente da fare. Non resta che aspettare il remake di It per sapere se King e il cinema riusciranno di nuovo a sposarsi bene.

Winny Enodrac

Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !

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