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La stranezza: il teatro di chi lo ama – Recensione del film con Toni Servillo e Ficarra e Picone

Titolo: La stranezza
Genere: commedia
Anno: 2022
Durata: 1h 43m
Regia: Roberto Andò
Sceneggiatura: Roberto Andò, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso
Cast principale: Toni Servillo, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Giulia Andò, Rosario Lisma, Renato Carpentieri, Luigi Lo Cascio

Sembra domandarsi, Roberto Andò, con il suo film La stranezza, di chi sia il teatro. A chi appartiene l’arte del teatro? All’autore che scrive il testo e crea la storia? Al regista che la mette in scena? Agli attori che danno corpo e vita alle pagine mute? Agli spettatori che si ergono a giudici unici di chi è sul palco o dietro le quinte? O persino ai personaggi partoriti dalla fantasia dell’autore, ma unici a poter vivere in eterno finché ci sarà qualcuno disposto a ricordare il loro dramma o la loro farsa? O, forse, appartiene a tutti e a nessuno perché la vera arte è universale e libera? Ma, soprattutto, conta davvero dare una risposta o la grandezza del teatro è proprio che ognuno può scegliere a modo suo ed avere ugualmente ragione?

La stranezza: recensione
La stranezza: recensione – Credits: Medusa Film

Un matrimonio imprevisto ma felicissimo

Sicilia, 1920. Luigi Pirandello (Toni Servillo) torna da Roma per incontrare Giovanni Verga (Renato Carpentieri) e organizzare il funerale della sua balia Maria Stella. A provvedere al servizio funebre sono i due impresari delle pompe funebri Onofrio Principato (Valentino Picone) e Sebastiano Vella (Salvo Ficarra) che aiuteranno il maestro a districarsi tra le prepotenze del direttore dei servizi cimiteriali a cui serve una bustarella per fare il proprio lavoro quando non è impegnato con l’amante. Nessuno dei tre sa ancora che questo insolito trio è unito dalla stessa passione: il teatro.

Pirandello per ovvie ragioni, i due amici perché direttori e attori di una scalcinata compagnia amatoriale che sta per mettere in scena un tentativo di mischiare farsa e tragedia. Due dilettanti allo sbaraglio che sanno cosa vorrebbero, ma devono arrangiarsi con quello che hanno. Un professionista di fama internazionale momentaneamente in crisi per la folla di idee che lo ossessionano senza riuscire a trovare forma e ordine in un testo che lo soddisfi. È questo insolito trio a comporre la linea narrativa su cui si regge la partitura di La stranezza.

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I tormenti creativi di uno scrittore che cerca nuove forme per dare requie alla ridda di idee che gli impedisce persino il sonno trovano un balsamo lenitivo nella gioia quasi fanciullesca con cui i due amatori si immergono nella loro improbabile impresa. In La stranezza, alta cultura intellettuale e bassa farsa popolare si sposano felicemente. Un matrimonio dove entrambi gli sposi finiranno per trovare ciò che quasi non sapevano di poter chiedere. Onofrio e Sebastiano avranno quella legittimazione convinta che non cambierà il loro modo di rapportarsi al teatro, ma che nondimeno darà forza ulteriore alla loro passione. Pirandello scoprirà l’importanza del rapportarsi direttamente al pubblico rompendo la separazione netta tra chi è in platea e chi sul palco. Un diverso modo di portare la realtà nella finzione e farne storia da raccontare a chi l’ha vissuta e ama vederla in scena quando il sipario si apre.

Sei personaggi in cerca di autore sarà il parto di questo matrimonio imprevedibile che forse non ha mai associato a quello di Pirandello i volti di Onofrio e Sebastiano, ma che sicuramente ha cambiato, infine, la storia della letteratura italiana e non solo.

La stranezza: recensione
La stranezza: recensione – Credits: Medusa Film

Un insolito trio che funziona alla perfezione

Impossibile fingere che uno dei motivi di interesse de La stranezza è la presenza dell’insolito trio rappresentato da Toni Servillo e la coppia Ficarra e Picone. Il primo è sicuramente uno dei migliori attori italiani, mentre il duo siciliano deve alla televisione commerciale la propria notorietà. Soprattutto, l’attore napoletano è quasi sempre stato protagonista di film dal forte valore artistico con registi come Martone, Sorrentino, Bellocchio. Autori che non hanno certo mai puntato al successo commerciale. L’opposto di Ficarra e Picone che, invece, al cinema si sono dedicati solo in quelle commedie facili che, pur non scadendo nel volgare pecoreccio dei cinepanettoni, mirano a restare quanto più a lungo possibile nella classifica degli incassi settimanali piuttosto che nel ricordo degli amanti della settima arte.

Roberto Andò decide di sfidare l’innegabile pregiudizio nei confronti del duo siculo affidando loro il ruolo di demiurghi di Pirandello. La stranezza diventa, quindi, l’occasione giusta per i due comici per dimostrare di essere capaci di aggiungere un contenuto duraturo ai loro usuali lazzi frivoli. Non snaturano il loro modo di recitare, ma lo sfrondano di quegli eccessi macchiettistici che sarebbero stati fuori luogo in questo film. Come già si era intuito in Incastrati, la serie realizzata per Netflix, la loro comicità sa andare oltre il facile tormentone e la ripetizione dei personaggi che li hanno resi famosi. Al contrario, in La stranezza, mettono al servizio della storia quello che sanno fare meglio. Che non è far ridere, ma piuttosto dare spontaneità e freschezza a due personaggi che amano quel che fanno.

È questa naturalezza a permettere il mirabile amalgama con la recitazione composta di Toni Servillo. Le sue rinomate doti di mimetismo e la preparazione teatrale ne fanno l’interprete ideale di un Luigi Pirandello che non si arrocca nella torre d’avorio della sua fama e del riconoscimento letterario. Piuttosto La stranezza mostra un autore disposto a cercare nuove lezioni da apprendere. E non importa che sono gli stessi improvvisati docenti a non rendersi conto di avere qualcosa da insegnare. Lo straniamento iniziale che potrebbe dare il poster del film con un Toni Servillo fiancheggiato da Ficarra e Picone si scioglie immediato ogni volta che i tre condividono lo schermo in quel dialogo tra mondi diversi che scoprono di avere la stessa passione.

La stranezza è, quindi, una sfida vinta da un Roberto Andò che non si è lasciato fermare da alcun pregiudizio nel realizzare un film che funziona anche per la scelta del cast.

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La stranezza: recensione – Credits: Medusa Film

L’amore per il teatro

Grazie a questo insolito trio, La stranezza finisce per dare la sua personale risposta a quella sequela di domande che ha aperto questa recensione. Il film di Roberto Andò è, infatti, anche un interrogarsi su di chi sia al servizio l’arte del teatro. È un fornire argomenti a favore o contro ognuna delle tesi che sopra si sono elencate. Lo è la maieutica sofferta di Pirandello che ogni sera combatte con i suoi personaggi per imporre il dominio dell’autore. Ma lo sono anche i personaggi stessi che tenacemente ritornano a reclamare la propria esistenza che sembrerebbe quasi prescindere dallo scrittore. Come se fossero abitanti di un iperuranio platoniano dove vivono finché non c’è qualcuno a portarli in scena.

Un passaggio dal mondo delle idee a quello dei fatti che non sarebbe possibile se con ci fossero gli attori guidati con mano ferma da un capocomico che può essere il timido Onofrio o il superbo direttore della compagnia immaginata da Pirandello e qui interpretato da Luigi Lo Cascio in un corto circuito tra finzione e realtà. Ma La stranezza supporta anche le pretese del pubblico che non è solo giudice unico del successo o insuccesso di un’opera teatrale, ma anche mare in cui pescare volti e situazioni, storie minime e drammi massimi. E poco importa se sia composto da popolani rumorosi e vocianti o ricchi borghesi in abito da sera con velleità da critici letterari.

Perché, alla fine, La stranezza vuole ricordare la lezione di Pirandello: il teatro è di chi lo ama. Che valga anche per il cinema?

La stranezza: la recensione

Regia e fotografia
Sceneggiatura
Recitazione
Coinvolgimento emotivo

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Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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