
La Porta Rossa 2: recensione della serie TV con Lino Guanciale e Gabriella Pession
Anche La Porta Rossa 2 si è chiusa lasciando aperto più di uno spiraglio per la terza.
La Porta Rossa 2: chi è Jonas?
Eravamo rimasti in sospeso per quasi due anni con una fondamentale domanda: chi è Jonas? Il fantasma che si palesa a Cagliostro, come una sorta di Virgilio, durante la sua discesa dantesca nell’animo umano. Le condizioni di entità sovrannaturale di Jonas (Andrea Bosca) a metà fra il regno dei vivi e quello dei morti, si risolve all’inizio della seconda serie. Il suo risveglio da un lunghissimo coma è durato 30 anni. Ridestatosi, rimane ancora per diverse puntate un personaggio enigmatico, forse un po’ troppo silenzioso, e le sue passate apparizioni a fianco dell’ispettore fantasma non sono che uno sbiadito ricordo.
Per il bene di una figlia
Le cose si fanno interessanti a partire dalla terza puntata (nella seconda serata, per intendersi, in quanto i 12 episodi vengono programmati due alla volta). E’ più o meno da qui che si comincia a intravvedere il complesso puzzle che è stato sapientemente scomposto dagli autori. Si inizia a capire che non c’è personaggio all’interno della vicenda che non sia connesso in qualche modo con il destino di Cagliostro e famiglia. Il commissario fantasma, interpretato sempre in maniera più che credibile da Lino Guanciale, stavolta è tornato per salvare la figlia da un imponderabile pericolo. La bambina è appena nata, si chiama Vanessa, come l’amica medium con cui riesce a interagire, e a quanto pare non rappresenta quella consolazione per la madre che ci si aspetterebbe.
Anna (Gabriella Pession) è un personaggio più complesso rispetto alla stagione precedente, esternando una sorta di depressione post-partum, le sue azioni-reazioni non saranno propriamente nell’ordine del politically correct.
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Cagliostro, una saga familiare
La cosa forse più interessante della Porta Rossa 2 è porre i rapporti familiari sotto un’angolazione spiazzante, affatto consolatoria e quasi in controtendenza rispetto alle tradizionali saghe familiari. Di saga Cagliosto infatti potremmo parlare, poiché con il procedere delle puntate si capisce quale castello di stretti rapporti ruotino attorno al commissario ucciso. Come ogni buona serie che si rispetti sono le agnizioni di tipo parentale a suscitare le maggiori reazioni, anche perché in questa stagione c’è uno intimo rapporto fra di esse e la risoluzione dell’intrigo poliziesco. Quando si riesce a far quadrare il cerchio, e come in questo caso, a far combaciare verosimilmente la parte sentimentale con quella criminale, credo si possa dire di aver fatto un buon lavoro. Non c’è puntata, dalla terza in poi, che non riservi qualche sorpresa e momenti di concreta suspense.
Uno dei protagonisti viene improvvisamente ammazzato creando anche a livello dei social un circuito di vero sbigottimento. Non si son voluti rispettare i canoni di un’opera compiacente, al contrario, stringendo un patto bilaterale con gli spettatori (e i fan) della prima stagione, gli autori hanno voluto giocare pesante. Passa la convinzione che il pubblico della tv di prima serata non sia un pubblico da ingraziarsi per forza attraverso degli stereotipi. L’impressione che ho avuto è che si sia pretesa un’attenzione maggiore allo spettatore. E’ complicato evitare gli spoiler in una recensione come questa. Per cui, siete avvertiti, da ora in poi cercherò di essere un po’ più esplicito riguardo le svolte narrative, gli argomenti affrontati, i personaggi più interessanti.
La Fenice, una trama sorprendente
La Fenice. La vera rivelazione, il nodo decisivo della nuova stagione. Non è un consesso di criminali come può esserlo una cosca mafiosa, ricorda più quello che ci si potrebbe aspettare da una loggia massonica. I suoi componenti sono personaggi ricchi e potenti, e sono uniti da un segreto inconfessabile. Tutto sta rinchiuso in un libro: “I misteri del conte di Cagliostro”, che il nostro omonimo fantasma vede nelle allucinazioni legate al destino di sua figlia. Sarà molto più di una visione ad effetto quello che il libro riuscirà a rivelare. La rete della Fenice si intreccia e si dipana via via che la narrazione procede e non solo svela una parte sostanziale della dinamica poliziesca, ma da corpo a una certa borghesia dipingendo magistralmente l’affresco decadente e corrotto di parte della nostra società. Già dalla fine della prima serie il personaggio di Patrizia Durante (Pia Lanciotti) sollevava qualche sospetto sui coinvolgimenti della buona società nelle dinamiche legate all’omicidio di Cagliostro. Qui gli spunti vengono sfruttati in maniera molto intelligente e si fa agire la borghesia con ruolo da protagonista nella piega sinistra che prendono gli eventi. Bisogna dire che non tutti i dubbi vengono dipanati con l’arresto dei complici, cosicché rimangono in sospeso elementi utili al prossimo capitolo.
I personaggi, il motore della storia
- Rambelli, il colpevole. L’uomo assume un’aria quasi diabolica, ha in mano le chiavi per aprire cassetti segreti, seppure rinchiuso dietro le sbarre si percepisce che è lui a manovrare il destino dei protagonisti. Fino alla fine non ci si capacita del suo percorso criminale, conoscendo attraverso dei flashback anche il suo passato più remoto. Notevole la continuità narrativa e psicologica che è stata costruita sul personaggio fra la prima e la seconda serie. Faccia da schiaffi e voce roca i tratti inconfondibili di Antonio Gherardi.
- Paoletto e Mariani sono la coppia di poliziotti, scoppiata nelle prime puntate e che man mano si riavvicina. L’alchimia che si percepisce fra gli attori rende la loro recitazione molto naturale e coinvolgente, è come se a una impostazione un po’ meccanica – così com’era costruita la prima stagione -, si fosse scivolati in maniera fluida in un mood confortevole. In un mondo conosciuto e stimolante. Gaetano Bruno, in particolare, da prova di essere un attore dalle diverse sfumature, capace di attrarre la complicità dello spettatore.
- Non spendo parole per Lino Guanciale. E’ lui il motore, l’anima, l’icona della storia. Può apparire più o meno di frequente durante la puntata, è una presenza interrogativa sugli eventi quasi fosse una trasposizione dello spettatore, ma è l’ombra persistente che si allunga sulla città, come un Batman qualsiasi.
Le donne della serie, la vera rivelazione della seconda stagione
La vera sorpresa per me è stato invece il personaggio di Vanessa. Protagonista sin dalla prima serie, in questa Valentina Romani ha trovato le giuste corde per disegnare una Vanessa meno spigolosa e per quanto possibile meno nevrotica. Una recitazione più naturale, un feeling evidente con Lino Guanciale, un percorso narrativo molto credibile e avvincente ne hanno fatto la beniamina del pubblico. Sarà probabilmente l’eroina principale della prossima serie, visto come l’abbiamo lasciata alla fine di questa…
Anche Gabriella Pession si è distinta per un’interpretazione tutt’altro che banale, come già dicevo, disegnando dapprima una madre distaccata e quasi infastidita dalla nascita di una bambina orfana di padre, e poi una tenace fuggitiva accerchiata da sordi poteri avversi. Momenti di disperate e malinconiche emozioni per Anna, nel season final.
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Una Gotham per Cagliostro
Trieste. Spesso buia e piovosa, ha luci colorate nella notte e cieli azzurri di giorno. Non molto dissimile da come è in realtà. E’ la mia città, quindi sono di parte. Senza questa location non credo che il visual, quasi da grafic novel di genere noir, avrebbe ottenuto lo stesso impatto. Molti elementi del cast ne riconoscono un ruolo da protagonista. Il regista Carmine Elia lo ha dichiarato in diverse occasioni. Credo che l’atmosfera straniante della città si addica perfettamente a storie dal tratto metafisico. Non sono in grado di riassumere qui in poche righe ciò che rappresenta per me, anche come spettatore, la città di Trieste. So solo che è stata e continua ad essere un luogo d’elezione per grandi romanzi. Evito di elencare i soliti. Dicono che una serie tv sia oggi ciò che erano i romanzi una volta. Non avrà sufficiente dignità letteraria, ma quando come in questo caso è capace ad affrescare un’intera società, ne diventa in qualche modo testimone per le generazioni future.
La città ha salutato la punta finale de La Porta Rossa 2 con un grande evento nel teatro Politeama Rossetti, alla presenza di regista, produttori e interpreti principali. E’ stata l’occasione per ringraziarsi a vicenda e per darsi appuntamento al prossimo anno, con la già confermata terza (e forse ultima) stagione.
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