
La Casa di Carta: Il ritorno della resistenza. Recensione episodi 3×01 e 3×02
C’è energia nell’aria, una brezza di elettricità che attraversa la Piazza d’Affari nella cornice di Milano. Svetta sullo spiazzo l’imponente gigantografia di un membro della banda del Professore, tuta rossa fino al busto e maschera di Dalì, con l’iconica statua del dito medio incorporata. Un saluto evocativo, un simbolo della resistenza. Ma soprattutto l’inequivocabile segnale che la terza stagione della Casa di Carta è finalmente qui.
LEGGI ANCHE: La casa di Carta 3 – Tutto quello che sappiamo sulla terza stagione della serie tv Netflix
È con un urlo di gioia che viene accolta la N rossa di Netflix, seguita dalle scene introduttive del primo dei due episodi condivisi in anteprima proprio qui, a Milano. Con una folla di persone – chi comodamente seduto su cuscini distribuiti dalla stessa organizzazione, chi sul pavimento di pietra, incurante della scomoda posizione – impaziente di rivedere il Professore, Tokyo e tutti gli altri in azione.
Il paradiso troppo bello per essere vero


A due anni di distanza dal colpo che non solo li ha resi degli eroi spagnoli, simboli della lotta contro la repressione dello stato ma anche (e soprattutto) molto ricchi, Tokyo (Úrsula Corberó) e Rio (Miguel Herrán) abitano su un’isola dei Caraibi, lontani dal mondo e dai problemi ad esso legati. Quando tuttavia Tokyo decide che tutta quella pace non fa per lei e sceglie di lasciare Rio per tornare sulla terra ferma, una chiamata tra i due è quella che mette in moto la loro rovinosa caduta. Mentre Rio viene accerchiato e arrestato, Tokyo si rivolge all’unico che sa poterla aiutare: il Professore (Álvaro Morte).
LEGGI ANCHE: Alba Flores – 10 cose che non sai sull’attrice che interpreta Nairobi
Sebbene il pretesto dell’incarceramento e conseguente tortura di Rio sembri banale come scusa per rimettere in piedi la banda e un nuovo colpo, siamo assuefatti dall’attesa e dal desiderio di rivederli in azione a tal punto da non porci troppe domande circa il come o il perché. Rivedere il sorriso spensierato di Denver (Jaime Lorente), la forza di Nairobi (Alba Flores) e la gioia di Helsinki (Darko Peric) bastano a farci dimenticare ogni altra cosa.
Nuovo piano, nuovi membri della banda


Il nuovo piano – che, per adesso, è stato tuttavia mostrato solo a grandi linee – prevede una nuova rapina. Stavolta non si tratta della Zecca bensì della Banca Nazionale di Spagna. Un piano che, scopriamo, Berlino aveva ideato con il suo amico Palermo (Rodrigo de la Serna), molti anni prima di quello dello stesso Professore.
Rivedere Berlino (Pedro Alonso), nella cornice magica di Firenze, spensierato ed eclettico come solo lui sapeva essere, è un colpo al cuore. Ma è anche un pretesto interessante per introdurre nella storia un personaggio ormai morto. Risulta evidente infatti come la storia si muova in parallelo: da un lato il piano per liberare Rio, nel presente, dall’altro quello ideato da Berlino, nel passato remoto pre-Zecca di Stato.
Ad unirsi alla banda non sono tuttavia soltanto Palermo e Raquel (Itziar Ituño), ora Lisbona, per la gioia violenta di Tokyo, ma anche Monica (Esther Acebo) e il piccolo Cincinnati – che speriamo resti soltanto una mascotte. Monica, conquistando fin da subito la simpatia di Nairobi, mette in chiaro di non essere una segretaria e di avere diritto di far parte della squadra, nonché le capacità e la volontà di non restare in disparte. Chiaro è come questo nuovo ruolo di Monica costituirà elemento di discordia tra lei e Denver. Non è altrettanto chiaro fino a che punto questo comprometterà la loro relazione.
L’azione che stavamo aspettando


Il primo episodio della terza stagione della Casa di Carta è un episodio divertente, ma a tratti malinconico. Oltre a rivedere Berlino e un Arturito perfettamente calato nella sua parte di predicatore-alle-masse, scopriamo come la banda si è separata dopo il colpo e cosa ha fatto nei due anni di separazione. Vediamo la vita spensierata di Monica e Denver, Tokyo e Rio, Nairobi e Helsinski, ma anche la pace raggiunta da Raquel e dal Professore.
Tutta questa malinconia e assestamento viene messo da parte nell’episodio numero due, in cui ritroviamo i ritmi tipici della Casa di Carta, quelli a cui siamo abituati e di cui si eravamo lasciati stregare nella prima stagione. Rivediamo la banda sui banchi di scuola, pronta a imparare un nuovo piano, stavolta non più per denaro ma per liberare “uno dei loro”. Si tratta di famiglia, non è più una questione meramente economica, e anche le regole sono diverse.
Il Professore, che pensava di ricominciare con il discorso del “niente relazioni”, riceve un’occhiata incredula da Raquel, come per ricordargli che il primo peccatore è proprio lui. Senza considerare che nemmeno Tokyo o Denver fanno ormai testo.
LEGGI ANCHE: Pedro Alonso – 10 cose che (forse) non sai sull’attore che interpreta Berlino
Nel giro di poco più di 40 minuti il team entra nel pieno dell’azione. La sola scena in cui applicano gli adesivi all’auto è di una rapidità e una prontezza impressionanti. Di lì le mosse per arrivare alla Banca sono tutte un programma che si svolge in rapida successione, fino a portarli esattamente dove desideravano essere.
La prigionia di Rio ed il suo carceriere


Poco o niente riusciamo a scoprire del povero Rio, che ha peccato unicamente di eccessivo amore verso Tokyo. Onestamente, per quando possa essere bella, certo che è colpa sua! Fosse rimasta su un’isola deserta a dondolarsi su un’amaca e a bere cocktail dalle noci di cocco, non sarebbe successo nulla di tutto questo!
Intravediamo brevemente il suo carceriere – una donna di una certa età, molto rossa e molto incinta, poco prima che lo costringa ad indossare una maschera che, probabilmente, contiene un gas con effetti “veritieri” sui suoi interrogatori. Non è chiaro per ora come la prigionia di Rio possa influire sul piano della banda. Sicuramente il Professore (da quanto ne sappiamo) non ha condiviso con lui dettagli circa il nuovo colpo e, oltre alle caratteristiche dei suoi compagni, non dovrebbe sapere nulla che possa mettere il pericolo il piano.
Ma sappiamo tutti che qualcosa andrà storto. Per forza.
Una stagione che promette non bene ma benissimo


Con solo due episodi, questa terza stagione della Casa di Carta si riconferma un prodotto eccellente. Dinamico, interessante, con un ritmo perfino più serrato di quello già proposto dalle due stagioni precedenti. È come la serie tv di Netflix avesse imparato dai propri errori, trasportando in questa terza fase soltanto le qualità positive delle due stagioni precedenti, proponendo in contemporanea novità da cui cerca ancora di imparare e trarre qualcosa.
Il cast è in splendida forma e sembra che anche le new entry (alzi la mano chi pensa che ci fosse del tenero tra Palermo e Berlino e che stia per partire una ship-che-non-potrà-mai-essere) non se la cavino affatto male. Non resta che bingewatcharla tutta per scoprire come andrà a finire. Tanto la stagione quattro è già in cantiere, non c’è da preoccuparsi!