
Kingsman – Il Cerchio d’Oro: la recensione del film con Colin Firth
Titolo: Kingsman – Il Cerchio d’Oro (Kingsman – The Golden Circle)
Genere: Azione, commedia
Anno: 2017
Durata: 141 min
Regia: Matthew Vaughn
Sceneggiatura: Jane Goldman, Matthew Vaughn
Cast principale: Taron Egerton, Colin Firth, Mark Strong, Channing Tatum, Julianne Moore, Pedro Pascal, Halle Berry
I modi definiscono l’uomo un pò come il regista definisce il proprio film. C’erano davvero tantissime aspettative per il sequel di Kingsman di Matthew Vaughn, che aveva stregato il pubblico qualche anno fa con un mix di buone maniere inglesi, allenamento alla Quantico tipicamente inglese, nonché agenti e agenzia segreta, inglesi anche loro. Il risultato era stata una pellicola molto più che godibilissima, alquanto brillante in realtà, che coniugava alla perfezione sequenze d’azione, una trama per niente scontata con tematiche attuali e un cast di cui Colin Firth e Taron Egerton erano capofila.
Kingsman – Il Cerchio d’Oro aveva un compito non facile. Doveva intrattenere proprio come aveva fatto il primo film, evitare il sempre più frequente copia-e-incolla dei sequel e farlo senza perdere né la dinamicità delle scene né la scorrevolezza della trama, che avevano reso – tra le altre cose – il primo Kingsman praticamente irresistibile. Il responso? Proprio perché svantaggiato in quanto sequel, Il Cerchio d’oro aveva tutto da perdere e tutto da dimostrare e ci è riuscito alla grande! Potrà non aver sempre avuto l’originalità dalla sua parte in alcune scene d’azione ma la consapevolezza di dover offrire al pubblico qualche novità ne ha fatto ancora una volta una visione piacevole, emozionante, adrenalinica e, perché no, davvero molto british in alcuni momenti.
Kingsman e quando salvare il mondo è un’abitudine
All’inizio del film troviamo Eggsy (Taron Egerton) che, dopo aver completato il proprio allenamento, vive la sua favola personale: è fidanzato con una principessa danese, a sere alterne salva il mondo ed è un agente di una società segreta britannica. Insomma, cosa può andare storto? Se lo domanda anche lui poco prima che qualcuno bombardi tutte le basi segrete della Kingsman, costringendo lui e Merlino (Mark Strong), unico sopravvissuto dell’intera agenzia, a chiedere aiuto ai loro “cugini” americani: gli Statesmen.
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Il variegato quadro degli agenti della Statesmen – che hanno la propria base in una distilleria di Whiskey nel Kentucky – comprende un capo soprannominato Champ (nome in codice Champagne), una controparte di Merlino in versione femminile (nome in codice Ginger Ale, interpretata da Halle Berry), nonché i due agenti Tequila (Channing Tatum) e Whiskey (Pedro Pascal). Ossessione con gli alcolici a parte, la parentesi negli States è meno peggiore di quanto mi aspettassi. Piuttosto che concentrarsi sulle differenze tra il modo di vivere un’agenzia segreta in Inghilterra e in America (era evidente senza bisogno di sottolinearlo ulteriormente) il film si è piuttosto focalizzato sull’amalgamare quelle differenze per creare momenti sempre più interessanti ed indimenticabili.
Cugini americani, Whiskey e qualche frustata
I nuovi arrivati che meglio sono riusciti a incanalare lo spirito del franchise sono stati senz’altro proprio Channing Tatum e Pedro Pascal. Il primo, benchè assente per buona parte del film, è comunque riuscito a risultare unico, iconico ed incredibilmente divertente. Un cowboy fatto e finito. Pedro Pascal, invece, ha sfoggiato le sue doti di maneggiatore di frusta (ci sarà sicuramente un termine più adatto, ma ci accontenteremo di questo) e le sue scene di lotta sono state di certo tra le migliori del film.
La vera sorpresa tuttavia è stato Colin Firth e la sua amnesia, che ha portato Eggsy a confrontarsi con un mentore che non ricordava più neppure il suo nome. Potremmo ribadirlo altre volte – anche se sembra sempre più scontato – ma Colin Firth potrebbe fare la sua magnifica figura anche con un sacco della spazzatura. In questo caso è un fissato studioso di farfalle in pigiama e con l’espressione smarrita di una scolaretta delle elementari. Perfetto come sempre, scontato di certo mai.
I personaggi sono stati tuttavia solo una fetta della torta e probabilmente nemmeno la più gustosa. La parte iniziale del film ha buon ritmo, scorre veloce e non annoia. Lo stesso si può dire della parte finale, davvero adrenalinica ed entusiasmante. Pecca maggiore del film è forse proprio la parte centrale un po’ troppo diluita, allungata più del necessario che sacrifica per scenari mozzafiato e scene che hanno il marchio di fabbrica di Matthew Vaughn un po’ della scorrevolezza che ci si aspetta da Kingsman, purtroppo.
Villain d’eccezione, guest star e magnifiche scene d’azione
Nulla da rimproverare invece alla villain d’eccezione, la meravigliosa Julianne Moore. Proprio come accaduto nel primo capitolo con Samuel L. Jackson, anche stavolta si fa uso di un elemento intrinseco nella società moderna, ovvero l’uso di droghe, e se ne fa un’arma in grado di uccidere milioni di persone.
Si tratta di un’espediente evidentemente caro al regista, che già aveva sfruttato la mania di massa verso un oggetto (internet gratuito) per descrivere il proprio villain nel primo Kingsman. Julianne Moore è una pazza dalla calma fredda, che fa passare per ordinaria amministrazione il suo folle piano di distruggere metà della popolazione mondiale. Si considera una business-woman quando in realtà è solo una signora della droga, vive in una cittadina anni ’50 immersa nelle rovine colombiane e non perde la sua calma nemmeno sotto fortissimo stress. E’ quasi un robot, senz’altro proiezione delle macchine di cui ama circondarsi, ritenendo gli umani inaffidabili.
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Ultime ma non meno importanti vanno citate di certo scene che ricordano, in maniera diretta o indiretta, i grandi film di James Bond, da cui il regista non ha mai fatto mistero di trarre molta della sua ispirazione. Abbiamo un’auto che si trasforma in sottomarino, abbiamo la tipica ambientazione innevata (anche se senza sci), con tanto di Monte Bianco e laboratorio segreto. Una valigetta che si trasforma in arma, un po’ come quella di Dalla Russia con Amore e naturalmente una star d’eccezione nei panni di un povero cantante rapito.
Elton John è stato forse un terzo di questo film. La sua partecipazione, molto meno commercializzata di quella di Colin Firth, è stata forse proprio per questo incredibilmente riuscita. Tra occhiali luccicosi, outfit dalle piume sgargianti e persino qualche scena di lotta con il Mr. Darcy ormai italiano, Elton ha davvero dato molti più a Kingsman con la sua partecipazione.
Promosso (quasi) a pieni voti. A quando il prossimo?
Kingsman – Il Cerchio d’Oro è un film le cui aspettative erano davvero alte e, per buona parte, sono state ricompensate. Come già detto, il film purtroppo cala nella sua parte centrale ma l’inizio e la sequenza finale (parliamo proprio di quella scena di lotta, esatto) meritano davvero la visione del film. La colonna sonora è straordinaria e molto “states”, la sceneggiatura si sforza con successo di non lasciarsi alle spalle la caratteristica del primo Kingsman ma di innovarsi, al contempo, con interessanti dialoghi e imprevisti. Non mancano le scene di lotta – e che scene, signore e signori! – inclusa quella in cui Eggsy e Harry combattono all’unisono con tanto di valigette e di ombrelli. Il Cerchio d’Oro riesce dove altri sequel avevano fallito: si rinnova, senza dimenticare il passato, ma aggiunge anche novità memorabili.
L’unica domanda che resta è (spoiler): sono la sola a pensare che Roxy sia ancora viva e che sarà la sorpresa dell’eventuale terzo capitolo? Spero di no!