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Justice League: la recensione del film della DC con Ben Affleck, Gal Gadot e Henry Cavill

Titolo: Justice League

Genere: cinecomic

Anno: 2017

Durata: 2h 01m

Regia: Zack Snyder

Sceneggiatura: Chris Terrio, Joss Whedon

Cast principale: Ben Affleck, Gal Gadot, Jason Momoa, Ezra Miller, Ray Fisher, Henry Cavill, Ciaran Hinds

Anche chi non è genitore di due pargoli ancora infanti sarà a conoscenza di una verità banale: se fai un regalo ad uno, l’altro lo vorrà immediatamente anche lui. Marvel e DC Comics non sono bambini ed hanno alle spalle una tanto lunga quanto gloriosa storia che li qualifica come tutt’altro che infanti. Eppure, il milionario successo del Marvel Cinematic Universe ha ingolosito così tanto la seconda che l’intramontabile fame di denaro e l’atavica invidia inconfessata hanno quasi costretto la casa di Superman e Batman a creare la propria versione fatta in casa. Una versione dove non può mancare neanche il minimo orpello che fa bella mostra nella bacheca altrui. E, quindi, se la Marvel ha gli Avengers, la DC avrà la loro controparte. Cioè la Justice League, appunto.

Justice LeagueLa fretta cattiva consigliera

Ad essere onesti, l’idea di mettere insieme più supereroi in un unico team è un parto originale della DC che creò la serie a fumetti della Justice League (con una formazione leggermente diversa da quella del film) nel 1960 per essere poi imitata dalla Marvel con i suoi Avengers nel 1963. Aver dimostrato che una simile idea aveva un potenziale illimitato al cinema spetta, però, alla Casa delle Idee che ha costretto così la DC ad uno sfiancante inseguimento. Recuperare il tempo perduto non è sempre possibile ed affannarsi in una ricorsa a chi è già troppo avanti rischia di far perdere lucidità e dover lasciare per strada pezzi importanti.

Problemi che non casualmente sono scritti nella genesi di questo film che si trova ad essere un crossover di personaggi che non hanno però avuto il tempo di essere tutti presentati in maniera autonoma in pellicole precedenti. Se, infatti, Batman e Wonder Woman hanno avuto film autonomi che hanno reso gli spettatori familiari con le loro personalità, sono debuttanti allo sbaraglio le tre new entry, Aquaman, Cyborg e Flash. Personaggi sicuramente noti agli appassionati di fumetti, ma non tanto universalmente conosciuti da rendere superflua una qualche nota sul loro background che aiuti a caratterizzarli aldilà dei superpoteri mostrati sullo schermo.

Inevitabilmente il film risente di questa cattiva consigliera che è la fretta lasciando che siano le capacità degli interpreti e le scene di azione a descrivere il carattere dei tre ultimi arrivati. La difficile sfida è decisamente vinta nel caso del Flash di un entusiasta Ezra Miller a cui viene assegnato il ruolo di comic relief che stempera la tensione con battute sbagliate dette nel momento sbagliato diventando di fatto la versione DC dello Spiderman di casa Marvel. Meno bene, ma ancora sufficiente l’esito con Acquaman che si avvale della fisicità imponente e del look selvaggio (e, perché no, anche del ricordo dell’iconico khal Drogo) di Jason Momoa per restituire la burbera misantropia e la strafottente ironia di un supereroe a cui non interessa salvare il mondo, ma solo starsene tranquillo tra i ghiacci e il mare. Fallisce, invece, del tutto la caratterizzazione di Cyborg (un legnoso Ray Fisher) che, pur svolgendo un ruolo primario nella trama, è troppo impegnato ad essere macchina per avere il tempo di mostrare la sua umanità dolente.

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Justice LeagueCercare una terza via

Justice League è figlio di una domanda ancora senza risposta: quale deve essere il tono di un film di supereroi? Scanzonato e incline alla battuta facile con una abbondante farcitura di scene d’azione adrenaliniche. Oppure serioso e riflessivo con battaglie tendenti ad una memorabile epicità. Delle due la prima strada è stata imboccata con innegabile successo commerciale dalla Marvel a cui però vanno anche imputati eccessi che finiscono per alterare le caratteristiche tipiche dei personaggi (si veda l’ultimo Thor Ragnarok con Thor e Hulk allegri compagnoni). La seconda era stata, invece, scelta dalla DC quasi come una indispensabile opposizione alla sua rivale storica. Ma fare del dramma interiore dei supereroi il perno della narrazione funziona solo se la materia viene trattata in modo opportuno e non tutti sono capaci di produrre la trilogia di Batman diretta da Christopher Nolan.

A complicare ulteriormente la scelta è anche la storia produttiva di questo Justice League ideato e diretto da Zack Snyder che, per un grave lutto familiare, ha però dovuto lasciato la postproduzione a Joss Whedon (accreditato come sceneggiatore) con la conseguente riscrittura di alcune parti e l’aggiunta di altre scene. Peccato che Snyder e Whedon siano proprio i portabandiera delle due visioni opposte cui si accennava sopra. Senza dimenticare che del film è protagonista quella Diana Prince il cui film dedicato aveva sposato un’altra via ancora con colori più luminosi e spazi ariosi. Mischiare queste differenti filosofie era impresa sicuramente complessa con il rischio inevitabile che il prodotto finale fosse una melodia cacofonica piuttosto che un’armoniosa sinfonia.

È proprio questo che accade al film che sembra sempre in bilico tra le diverse possibilità cercando una via personale che resta purtroppo indefinita. Così gli scontri alternano l’epicità a la Snyder con la velocità a la Whedon, mentre la tensione creata ad arte viene improvvisamente spezzata da ilarità non sempre necessarie. Un ibrido che prova a essere innovativo, ma troppe poche volte ci riesce.

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Justice League

L’umanità dei non umani

Pur con le sue non ignorabili imperfezioni, Justice League si fa comunque apprezzare per il tentativo di non limitarsi allo scontato canovaccio di una trama lineare, ma poco originale. Anche il presunto colpo di scena della resurrezione di Superman può essere qui citato apertamente senza paura di spoileare alcunché dal momento che era ampiamente previsto già dal finale della pellicola precedente e diventa ancora più scontato dalle prime scene di questo Justice League. Complice anche un villain (l’insipido Steppenwolf di Ciaran Hinds) che non appare mai un serio pericolo per il gruppo di eroi, è più interessante seguire il percorso interiore dei cinque più uno protagonisti.

Se Acquaman, Cyborg e Flash non hanno modo di evolvere essendo stati appena introdotti, sono Batman e Wonder Woman a dover fronteggiare il contrasto irrisolto tra l’essere supereroi e l’essere umani. Bruce Wayne (un sempre più convincente Ben Affleck) è a suo agio dietro la salvifica maschera del pipistrello, ma da quella società che difende si è volontariamente escluso fino a doversi chiedere se proprio lui che tra i cinque è il solo a non avere poteri metaumani sia in realtà il meno umano. Per certi versi simile è anche il problema di Diana (interpretata da una Gal Gadot che si conferma volto ideale per l’amazzone) che professa una volontà ferrea di difendere il genere umano, ma quelle doti che potrebbero farne un esempio e una guida ha sempre preferito nasconderle dietro il ricordo di un amore finito quando era appena nato. Paradossalmente, quindi, il più umano dei supereroi è proprio l’unico alieno del gruppo. Superman è, infatti, prima di tutto Clarke Kent (un intenso Henry Cavill), il ragazzone buono che non sa stare lontano dalla sua Lois (Amy Adams) e che ancora si preoccupa per la madre (Diane Lane). Ed è per questo che il suo ritorno è indispensabile non solo per la forza fisica, ma soprattutto perché è il simbolo di una speranza del tutto umana.

Justice League poteva essere un punto di svolta nel cinema DC avendo la possibilità d introdurre nuovi personaggi e trovare finalmente il modo giusto di raccontare le loro storie. Rimane, purtroppo, a metà del guado lasciando che sia lo spettatore a decidere se lamentarsi per il passaggio incompleto o gioire per la direzione giusta verso cui si sta andando.

Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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