L’essere umano è meraviglioso. Capace di gesti d’amore profondi e di barbare cattiverie, è l’unico animale in grado di estinguersi per propria mano ma anche quello con il più forte senso di autoconservazione.
Ma sopra ogni altra cosa, l’uomo è un essere senziente cioè capace di percepire sentimenti che stanno oltre il mero aspetto materiale delle cose. Purtroppo o fortunatamente non ogni essere umano senziente è anche sensibile, ed è qui che nasce il poeta e con esso la poesia.
Ungaretti definisce il “fare poesia” come una perenne ricerca di un antico “porto sepolto” sotto le profondità del mare. Il poeta è colui che si immerge e trattiene il fiato strenuamente per poter anche solo vedere per un attimo ciò che resta di un faro o di un attracco, per poi riemergere con un “nulla di inesauribile segreto” ossia la parola. Chi riesce davvero nell’ardua impresa ungarettiana donerà al mondo e ai suoi simili un prodotto raro, inestimabile e soprattutto immortale. La poesia quindi ha la capacità di non essere ricoperta dalla polvere degli anni che fuggono, rimanendo attuale e sempre viva.
“Il giovane favoloso” non è dunque un film biografico, non sceglie la modalità “fiction Rai” per raccontare la storia del più grande poeta italiano, ad essa preferisce la strada della narrazione intelligente e acuta che rispecchia il pensiero del suo protagonista. Martone, che aveva già lavorato con il materiale del poeta di Recanati per un adattamento teatrale delle “Operette Morali”, è un regista attento che non solo ha studiato ma ha anche compreso profondamente il senso del pensiero leopardiano e la sua disarmante modernità. È questo binomio tra antico e moderno che guida tutto il film e che permette ad un pubblico di qualsiasi età di rimanerne colpito. La regia infatti si divide tra la minuziosa ricerca del dettaglio nei costumi o nelle ambientazioni e scene oniriche e surreali come quelle di Silvia che sbatte le palpebre nella bara, o la rappresentazione del “Dialogo tra la natura e l’Islandese”, oppure la citazione al “Dialogo tra la moda e la morte”quando Giacomo sogna la padrona di casa. La colonna sonora risente anch’essa della dicotomia tra passato e presente, alternando pezzi classici ad temi bassi e vibrati già usati anche nello spettacolo delle “Operette morali” e che ricordano molto la colonna sonora di “Bright Star”. La fotografia infine mischia scene girate senza luce artificiale, dove le silhouette scure dei personaggi dialogano illuminati dalla luce di una candela, a luminosissimi esterni in mezzo alla natura.
La vita di Giacomo Leopardi e il suo pensiero vengono appiattiti dall’insegnamento scolastico ad una serie di aneddoti di facile memorizzazione per lo studente che però riducono la sua poetica solo al concetto di “pessimismo”. Martone spazza via il semplicismo e dimostra quanto ci sia di più nel pensiero leopardiano, quanto questo piccolo uomo sia vicino al sentire di molti ragazzi di oggi. Leopardi amava isolarsi, come dice nel film, aveva una voglia di sapere e conoscere sterminata, si stupiva per piccole cose come una mosca che vola sul naso o un fiore di ginestra, amava i dolci ed era goloso, voleva bene a suo padre ma fremeva dalla voglia di uscire dal suo controllo. Se fosse nostro contemporaneo qualcuno avrebbe potuto assimilarlo agli “sdraiati” e alla generazione che non cerca più il contatto umano. E invece è cresciuto nella prima metà dell’ottocento in mezzo ai primi fermenti per l’unità italiana, in cui la letteratura era il tramite principale per far sentire la propria voce, e le riviste letterarie il twitter dell’epoca (volendo semplificare). Il suo voler scrivere solo quello che sentiva e che percepiva senza immischiarsi in faccende politiche, è stato il fattore che ha portato alla scarsa comprensione delle sue opere allora e anche adesso.
Mario Martone descrive con una impeccabile sensibilità l’anima di Leopardi, poco importa la sua altezza, il suo rapporto con Ranieri o la donzelletta di Recanati. Quello che “il giovane favoloso” fa è ritrarre dolcemente un uomo nato “postumo” la cui capacità di comprendere il mondo oltre “la siepe” è sempre attuale. Un uomo che non era pessimista, ma capace di sarcasmo, di ironia sottile e di provare amore profondo e una comprensione reale della natura umana.
Rileggete alcune delle “Operette Morali” come il “Dialogo tra Tristano e un amico” o quello sopracitato dell’Islandese e scoprirete un poeta totalmente diverso da quello che avete studiato sui banchi di scuola.
Il cinema di Martone si riconferma capace di leggere il presente raccontando il passato, usando invenzioni narrative della cinematografia moderna pur raccontando fatti realmente accaduti ed è per questo che si merita l’aggettivo di capolavoro.
Studentessa universitaria, persa nella sua Firenze,sfoga lo stress da esame nello streaming selvaggio, adora le serie crime e fantasy lasciandosi trasportare a tratti dai teen drama. Cerca ancora di capire perchè le piace la pioggia incessante
É facile perdersi nelle banalità quando hai a che fare con un personaggio di cui tutti, almeno una volta, abbiamo immaginato le fattezze. Il primo punto a favore di questo film, come tu giustamente scrivi, é la capacità di Martone di raccontare un Leopardi che non esce dai libri di scuola, ma che al contrario trasuda verità e soprattutto modernità. Il secondo é Elio Germano. Perfetto. Nessuno avrebbe potuto fare di meglio.
Si vale hai colto pienamente il senso, su Germano non ho scritto niente perchè credo che sia la regia e soprattutto la sceneggiatura del film a renderlo così potente, intendiamoci Germano si conferma il mostro di bravura di sempre ma credo che passi in secondo piano rispetto alla struttura del film!
Vero, Cate. E la bravura di Martone è stata anche quella di scegliere proprio lui. 🙂
É facile perdersi nelle banalità quando hai a che fare con un personaggio di cui tutti, almeno una volta, abbiamo immaginato le fattezze. Il primo punto a favore di questo film, come tu giustamente scrivi, é la capacità di Martone di raccontare un Leopardi che non esce dai libri di scuola, ma che al contrario trasuda verità e soprattutto modernità. Il secondo é Elio Germano. Perfetto. Nessuno avrebbe potuto fare di meglio.
Si vale hai colto pienamente il senso, su Germano non ho scritto niente perchè credo che sia la regia e soprattutto la sceneggiatura del film a renderlo così potente, intendiamoci Germano si conferma il mostro di bravura di sempre ma credo che passi in secondo piano rispetto alla struttura del film!
Vero, Cate. E la bravura di Martone è stata anche quella di scegliere proprio lui. 🙂