
Il drago invisibile: la recensione del film Disney
Titolo: Il Drago Invisibile (Pete’s Dragon)
Genere: fantasia
Anno: 2016
Durata: 102 minuti
Regia: David Lowery
Sceneggiatura: David Lowery, Tony Halbrooks,
Cast principale: Oakes Fegley, Robert Redford, Bryce Dallas Howard, Wes Bentley, Karl Urban
L’archivio titoli della Disney è sicuramente tanto vasto che, anche chiudendo gli occhi e pescando a caso in una immaginaria cesta, si tirerebbe fuori qualcosa che in un modo o nell’altro ha il suo interesse. Ad esempio, un film del 1977 con protagonisti un bambino e il suo … drago. Ma non un drago feroce come quelli a cui ci ha abituato la lunga frequentazione con il genere fantasy. Piuttosto uno scherzoso compagno di giochi dall’improbabile colore verde e dalla insolita capacità di rendersi invisibile per sfuggire alla necessità di combattere, soffiando dalle enormi fauci le immancabili fiamme. Elliot il nome di questa simpatica bestia e Elliot il drago invisibile il titolo del lungometraggio in tecnica mista (live action per i personaggi umani e animazione per il drago) diretto da Don Chaffey.
Forte di un catalogo tanto ricco di facili successi quanto di storie da raccontare, la Disney sembra essere vittima recentemente di una sorta di ossessione per i remake di cui questo Il drago invisibile è solo il più recente esempio. Dopo aver riadattato La bella addormentata nel bosco (1959) in Maleficent (2014), dato a Kenneth Branagh nel 2015 il compito di trasporre in carne e ossa la Cenerentola a cartoni del 1950, permesso a Jon Favreau di stupire con Il libro della giungla quest’anno donando nuova meraviglia al cartoon omonimo del 1967, la Casa del Topo ha deciso di affidarsi a David Lowery (regista proveniente dal circuito del cinema indipendente) per provare a ringiovanire un titolo quasi quarantenne. A supporto di quest’operazione nostalgia un cast di tutto rispetto, che vede nel veterano Robert Redford e nella sempre fascinosa Bryce Dallas Howard le stelle hollywoodiane che devono brillare per richiamare l’attenzione del marketing. Altro elemento ormai indispensabile è sicuramente la CGI, a cui va il compito fondamentale di rendere meravigliosamente incredibile il drago Elliot, ma il cui uso è sapientemente limitato allo stretto indispensabile preferendo privilegiare la natura vera con i suoi boschi lussureggianti alla loro riproduzione artificiale. Un tocco di realismo ormai quasi retrò che ben si sposa con il tono semplicistico di un film che, come da tradizione Disney, parla in modo lineare di sentimenti semplici e temi educativi comprensibili ai più piccoli e apprezzati dai loro genitori in sala già messi a proprio agio dal gradito ritorno di un compagno di giochi della loro infanzia passata.
Anche si nota l’assenza di un vero antagonista dal momento che nessuno si mostra davvero ostile nei confronti del drago, è proprio la fascinazione per una creatura fantastica ad essere la molla per il tentativo di monetizzare una irripetibile opportunità. Non è, quindi, il conflitto tra macchiettistici cattivi e irreprensibili buoni ad essere il centro della trama, quanto piuttosto il confronto tra due mondi che solo per semplicità ci piace definire inconciliabili, tra due differenti filosofie di intendere il rapporto con la natura, tra due modi diversi di approcciarsi all’incredibile. La stessa invisibilità del drago diventa, quindi, una sorta di metafora dell’incapacità di pensare fuori da schemi predefiniti, della rinuncia ad andare oltre una rigorosa logica che può magari garantire un sicuro successo ma ti rende cieco di fronte alla meraviglia dell’inatteso. Non è perciò un caso che i primi a vedere e credere in Elliot siano i due bambini e il vecchio intagliatore che racconta storie di draghi perché sono loro che, per opposti motivi, riescono a spingersi oltre il mero apparente per gustare il dolce sapere dell’impossibile. Impossibile come credere che un drago invisibile esista, che la natura incontaminata si possa coccolare e non solo vedere come riserva di legname da tagliare, che un gruppo di sconosciuti possa diventare la famiglia di cui una sorte indegna ti ha privato, che si possa crescere anche da soli dicendo addio ad un amico che ti sembrava indispensabile, che quel saluto definitivo si possa cancellare mutandolo in un più speranzoso arrivederci, che quella speranza remota possa diventare una realtà concreta da vivere tutti insieme.
Il drago invisibile finisce per raggiungere la sufficienza senza sforzo, ma neanche offre motivi per considerarlo poco più di un altro nome da scrivere nella lista dei remake targati Disney (e La Bella e la Bestia è in arrivo per allungare l’elenco). Ma dopotutto è quasi Ferragosto e va bene così.
Pete’s Dragon (2016) Full HD