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Homeland: recensione dell’episodio 5.01 – Separation Anxiety

Alzi la mano chi al termine della terza stagione, con la morte per impiccagione del coprotagonista Nicholas Brody, pensava che Homeland avesse definitivamente concluso il suo arco narrativo e non avesse più nulla di nuovo da raccontare. Credo lo abbia fatto la maggior parte dei fan della serie, me compreso. pulled-back-homeland

Con l’inizio della quarta e il suo naturale svolgimento, ci siamo accorti di aver preso un abbaglio tremendo. In pochi si aspettavano che l’asticella venisse alzata in quel modo dopo quell’evento traumatico a fine terza stagione. Invece ci siamo trovati di fronte ad una stagione densa di accadimenti, di evoluzioni costanti dei personaggi, colpi di scena e una gestione di ogni trama che rasentava la perfezione di scrittura.

Era logico, così, attendere la quinta stagione con un misto di ansia e preoccupazione. Un’attesa completamente ripagata, perché è ormai chiaro che gli autori di Homeland hanno deciso (aggiungerei a ragione) di riprendere le basi delle passati stagioni per costruirci sopra un arco narrativo completamente nuovo e di stretta attualità geopolitica, l’ideale per una serie che si muove, fin dall’inizio, sugli scenari della politica internazionale americana.

Carrie ha abbandonato il lavoro alla CIA e si è trasferita con la figlia Frennie in Germania. Qui conduce una vita apparentemente tranquilla: porta la bimba a scuola, va a messa, ha una nuova relazione, è più tranquilla e serena e lavora come responsabile della sicurezza per la During Foundation, guidata dal filantropo Otto During.

Ma i problemi per Carrie sono di nuovo dietro l’angolo. Otto During le chiede di entrare in contatto e trattare con un esponente di Hezbollah per portare generi di prima necessità ad un campo profughi di siriani al confine con il Libano. Senza la protezione di Hezbollah, sarebbe estremamente pericoloso arrivare integri al campo. Carrie viene messa così di nuovo al centro dell’azione. Si tratta di un ritorno alle “vecchie abitudini” che sperava (?) di aver messo definitivamente da parte per costruirsi una nuova vita lontano dai soliti problemi. Una vita che viene nuovamente sconvolta quando la trattativa tra le parti avviene tramite il suo rapimento da parte dell’esponente di Hezbollah in Germania.

La CIA è stata e continuerà ad essere il centro nevralgico della serie. Saul, rimasto scottato per la mancata rielezione a capo dell’Agenzia, si occupa adesso dei rapporti con l’Europa. Un hackeraggio di file top secret della CIA (altro stretto riferimento all’attualità) porta a galla un accordo tra gli Stati Uniti e la Germania su una violazione della privacy dei cittadini tedeschi con lo scopo di individuare i terroristi dell’ISIS presenti sul suolo tedesco.

Questo problema porta Saul a prendere il primo volo per Berlino e una concatenazione di eventi fa sì che si incontri casualmente (?) con Carrie nella base operativa della CIA in Germania. Il loro incontro è sicuramente una delle scene più intense dell’episodio. Quasi doloroso e disturbante quanto il loro rapporto, una delle cose migliori trattate dalla serie fin dal suo esordio. I rancori che Saul nutre per Carrie sono difficili da superare. Le rinfaccia ancora il suo allontanamento dalla CIA che lo ha visto sconfitto all’elezione a capo dell’Agenzia.

Homeland-Episode-5-01-Separation-Anxiety-Promotional-Photos-homeland-38825034-595-446Quel che è chiaro ormai da cinque anni a questa parte è che in Homeland nulla è lasciato al caso. Tutte le azioni compiute dai personaggi nella loro professione sono frutto di un percorso ben preciso e preparato a priori, per questo fa molto strano vedere (sebbene ci viene mostrato come i rapporti tra lei e la CIA siano cessati del tutto) Carrie trattare con quelli che gli Stati Uniti considerano dei terroristi. Il dubbio che Carrie abbia troncato ogni rapporto con Langley viene alla mente e non sarebbe certo la prima volta che le cose si rivelano essere diverse da quello che vediamo.

Il personaggio che continuerà a regalarci momenti di esaltazione sarà senza dubbio Peter Quinn, scottato dopo i due anni passati in Medio Oriente. La sua relazione davanti ai membri dell’amministrazione americana e della CIA sullo stato dei fatti in quella zona tormentata da conflitti armati tra le diverse fazioni non convince l’Agenzia a prendere i provvedimenti che Quinn auspicava per combattere il nemico e si ritrova così, con l’intercessione di Saul, ad agire da battitore libero e ad uccidere i terroristi con le sue stesse mani.

Le premesse per una quinta stagione al livello della precedente, se non addirittura migliore, ci sono eccome. Il miglior pregio di Homeland è quello di costruire nuovi archi narrativi di stretta attualità (conflitto siriano, lotta all’ISIS, fughe di notizie top secret) sui cardini sul quale la serie è stata costruita, non scalfendo né la sua mission né tantomeno i personaggi, facendola diventare un qualcosa di semi-antologico.

Daniele Marseglia

Il cinema e le serie tv occupano gran parte della mia giornata. Nel tempo libero, vivo.

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