
Heroes Reborn: Recensione dell’ episodio 1.05 – The lion’s den
La rapidità con cui la televisione fa nascere fragorosamente e morire silenziosamente nuovi fenomeni di culto, che durano l’equivalente espanso dei quindici minuti di wharoliana memoria, è talmente vorticosa che spesso un pur effimero successo è indissolubilmente legato ad una singola nota. Ne sanno qualcosa i comici del piccolo schermo che riescono ad emergere se trovano il giusto tormentone, ossia una frase fatta che acquista popolarità grazie alla sua costante ripetizione (e che per questo stesso motivo finisce poi per decretare la fine del comico che rimane legato a quel personaggio per poi sparire quando diventa stancante). Lo sanno ancora meglio i pubblicitari che chiamano tagline quella frase ad effetto da associare ad un marchio che riesce a diventare un’icona anche grazie a questo trucco (il “Just do it” della Nike o l’ “Impossible is nothing” della Adidas). Ne fanno altrettanto buon uso i wrestler che caratterizzano spesso la loro gimnick con una catchphrase di sicuro impatto (“You will rest in peace” di Undertaker o “I am the best there is, the best there was, the best there ever will be” di Bret Hart). E non si sottraggono a questo trucco neanche le serie tv che restano impresse nella affollata memoria degli insaziabili appassionati anche grazie alla capacità di diventare successo mediatico di poche veloci parole che condensino una storia anche ben più lunga.
Non è un caso, quindi, che la attesa ricca di curiosità e pathos che ha accompagnato Heroes Reborn abbia fatto mormorare a molti appassionati quel “Save the cheerleader, save the world” che era stata la onnipresente tagline di Heroes. E al tempo stesso aveva aperto una simpatica caccia all’erede di quel marchio di fabbrica. Come sottolineato da Edoardo nella sua recensione dello scorso episodio, sembrava che la preda fosse stata catturata nelle ultime parole di una Molly Walker suicida. “Forget the past, save the future” è infatti ottima come tagline, coincisa e aderente alla trama orizzontale. Peccato che gli episodi che continuano ad accumularsi con poco entusiasmo facciano pensare più ad un’altra frase comparsa di sfuggita in un murales visto nel primo episodio. “Where are the heroes?” Si, perché a condurre i giochi non sono gli evo come sarebbe stato lecito attendersi, ma quel Noah Bennet promosso a protagonista principale, perché fin qui unico attore del cast della prima serie ad essersi prestato a questo tanto atteso seguito. Cambiare la Primatech con la Renautas e assegnare al leader di questa compagnia il ruolo di villain; aggiungere una spalla goffa e con improbabili atteggiamenti vendicativi e la figlia tradita e pentita del cattivo; condire il tutto con una caccia alla memoria cancellata ad arte giusto per rendere più complicato il disvelamento del mistero. Questo sembra essere lo schema semplicistico con cui Tim Kring ha sperato di resuscitare i fasti lontani della sua primogenita, sbagliando però nel valutare l’impatto di una storyline che si frammenta in torrenti troppo esili che ci mettono troppo ad unirsi in un unico fiume. Né Noah né Erica hanno il physique du role per caricarsi sulle spalle il pur leggero peso di vestire gli scomodi panni di protagonista e antagonista essendo troppo monocorde lui e troppo algida lei per gestire una simile situazione. Come altrettanto inadatti appaiono Quentin (più una caricatura di un nerd incollerito che un valido aiutante) e Taylor (vittima del cliché della figlia fedele tradita dalla madre perfida per passare in un amen dalla parte dei buoni) da un lato e Harris (i cui cloni condividono soprattutto una totale mancanza di espressività) dall’altro.
“The lion’s den” ha almeno il pregio di rendere finalmente chiaro perché dovrebbero interessarci le avventure sparpagliate qua e là in questi episodi. Quindi, il mondo è davvero da salvare perché una immane eruzione solare sta per colpire la Terra lasciata indifesa dall’assenza di un campo protettivo in seguito all’inversione dei poli magnetici. Tralasciando la somma di violazioni delle leggi della fisica che rendono improbabile (per essere generosi) questa idea, va ancora peggio con tutto quel che ne consegue. Erica sta quindi catturando evos in giro per il mondo con lo scopo di sfruttare i loro poteri per ricostruire la terra dopo la catastrofe prossima ventura. Questo progetto giustificherebbe l’ossessiva ricerca di Molly (perché facilita il ritrovamento degli evo ovunque essi siano) e soprattutto di Malina, chiarendo anche la centralità del suo ruolo (perché la bionda ragazzina, erede ideale della cheerleader, ha il potere di far ricrescere piante e rianimare animali) e l’addestramento ricevuto da parte di Farah che per lei si sacrifica (senza grossi rimpianti da parte nostra). Ma perché cercare Tommy visto che ci ha pensato già Richard a inventarsi il teletrasporto rendendo quindi superfluo il potere del Peter Pan di Once upon a time? Perché recuperare a tutti i costi la spada della Katana Girl per impedirle di trovare il padre creatore di videogiochi (a meno che Erica non voglia evitare che nel mondo di domani un gamer possa diventare il nuovo Favij)? Soprattutto, perché mai Noah si sarebbe fatto cancellare la memoria pur di ostacolare quello che sembrerebbe una missione dopotutto positiva? Forse perché la Renataus avrebbe intenzione di farsi pagare per ricostruire il mondo? Si, ma pagare da chi visto che tutti sarebbero morti? Lo avremmo forse saputo se Noah avesse interrogato Erica che si lascia catturare con una incredibile facilità. Peccato che Noah la interrompa proprio mentre sta per dirle chi Noah avesse intenzione di proteggere!
Tra una CGI troppo low cost (dobbiamo parlare di come è reso il combattimento di Malina?) e momenti nonsense, Heroes Reborn suggerisce che la frase di Molly fosse piuttosto un invito agli spettatori a dimenticare la prima serie per salvare questo deludente sequel da una condanna che i rating sempre più bassi stanno scrivendo. Ma, se i futuri episodi saranno come quelli andati finora in onda, è sempre più concreto il rischio che la tagline di questa stagione sia un inesorabile “Forget the future, save the past”.
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